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 2025  agosto 20 Mercoledì calendario

Intervista a Cheffe Pavan

È importante usare i termini professionali al femminile, come sosteneva Michela Murgia, per riconoscere il ruolo delle donne nelle diverse professioni. E comunque non è una provocazione: è correttezza grammaticale». Chiara Pavan nel suo profilo Instagram si definisce “cheffe”, che in francese è il femminile appunto di chef. In italiano è un termine indeclinabile ma lei non ha dubbi: «Se la parola esiste, perché non usarla?». E cita una delle sue autrici preferite, la sociolinguista Vera Gheno «alcuni vocaboli – come sindaca, architetta o ingegnera – ci suonano strani solo perché non ci siamo abituati, mentre infermiera o maestra no, perché le donne hanno sempre fatto quei lavori. È giusto che la lingua segua la grammatica e l’evoluzione della società». Pavan guida insieme al socio e compagno Francesco Brutto il ristorante stellato (e insignito anche della stella verde per la sostenibilità)Venissa con l’adiacente Osteria sull’isola di Mazzorbo nella Laguna di Venezia. Ma la passione per la cucina non è arrivata da giovanissima. Prima c’è stata la laurea in Filosofia.
Come è passata dall’università ai fornelli?
«Ho studiato in particolare epistemologia e storia dei concetti scientifici all’università di Pisa. Nel frattempo, come accade a molti studenti per arrotondare, avevo cominciato a lavorare nella cucina del ristorante Alla Grotta. Mi piaceva, ma non lo consideravo un obiettivo. Dopo la laurea ho frequentato la scuola di Alma a Colorno, e da lì sono passata allo stage da Valeria Piccini al ristorante Da Caino in Maremma. È stata la mia prima esperienza in un ristorante gastronomico e mi ha cambiato la vita. Tutto mi sembrava meraviglioso: lo stile, i prodotti, l’organizzazione. Ho capito che volevo restare in quel mondo rigoroso».
A proposito di “cheffe”, Valeria Piccini non è l’unica donna nel suo percorso.
«Già nel locale a Pisa ai comandi c’era la Betta, e poi ho avuto la fortuna di lavorare anche con Anna Matscher in Alto Adige per due importanti anni. Sono donne che hanno segnato un’epoca e un modo di guidare la brigata in chiave matriarcale, perché hanno unito la famiglia con il ristorante, lavorando con il marito e i figli.
Oggi le dinamiche in cucina sifanno più fluide, più attente allo spazio personale. Ma le donne che hanno iniziato nella generazione precedente sono state apripista per le cuoche di oggi».
Cucina e donne: è ancora un mondo difficile?
«Lo è, ma non per la fatica di stare ai fornelli o per i ritmi stressanti, bensì perché è difficile cambiare ruolo fuori dalla cucina. O cambia la società, o continueremo a chiedere alle donne di sacrificare tutto il resto. La nostra è una professione totalizzante: si lavora a pranzo, a cena, si torna tardi. Ilproblema non è la cucina, ma tutto quello che ci si aspetta da noi al di fuori del lavoro. Non è un caso che il 90 per cento dei curriculum che riceviamo sono di uomini. Spesso le ragazze neanche ci provano.
Peccato, perché amo le brigate miste: creano equilibri diversi.
Cambia il linguaggio, cambia lo stile, cambia la creatività».
Creatività che è il perno del suo lavoro. Come definirebbe la sua cucina?
«Una cucina contemporanea, vegetale, di prodotto. Ma prima di tutto: gustosa. Amo usare l’espressione “cucina ambientale”, che ho coniato qui a Venissa.
Venezia è un contesto fragile e affascinante: studio la laguna anche dal punto di vista biologico.
Qui esistono ingredienti unici: le seppioline di barena, le moeche che ormai sono rarissime. Lavoro a stretto contatto con i pescatori e cerco di tradurre tutto questo in piatti che tengano conto dell’ambiente. I piatti devono riflettere ciò che ci circonda».
Da qui il suo interesse per le cosiddette specie aliene.
«Certo. Le accogliamo nella nostra dispensa. E non solo l’ormai famoso granchio blu, ma il pesce serra detto anche pesce limone, laScapharca inaequivalvis, detta scrigno di Venere, la rapana venosa, il persico trota… La mia cucina prende atto di questi cambiamenti, li osserva e li interpreta».
È stata giudice ospite a MasterChef. Com’è stata l’esperienza?
«Mi sono divertita moltissimo. È un ambiente amichevole e pieno di entusiasmo, dalla regia agli autori, fino agli chef. Ricordo il primo giorno: Barbieri, Cannavacciuolo, Locatelli scherzavano come bambini a ricreazione. Con Anna, la vincitrice dell’ultima edizione, siamo diventate amiche».
Ha mai pensato a un programma tutto suo?
«Non me l’hanno proposto, ma non mi dispiacerebbe. Sarebbe un programma di divulgazione».