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 2025  agosto 20 Mercoledì calendario

L’Europa è ormai una mera espressione geografica

Siamo probabilmente di fronte all’ultima chiamata prima che un Metternich dichiari l’Europa una mera espressione geografica. Dopo i colloqui di Trump prima con Putin poi con Zelensky e i leader europei, di fronte al Vecchio Continente si è palesata una situazione nuova: è un’opportunità ma avvisa anche che in gioco è la sopravvivenza politica. I cinque europei hanno mosso un passo diplomatico intelligente, lunedì, presentandosi alla Casa Bianca consapevoli del momento cruciale.
Difficilmente, però, possono illudersi di avere portato il presidente americano sulle loro posizioni. L’obbligo immediato che si presenta ai loro governi è quello di dare garanzie concrete al futuro dell’Ucraina, preferibilmente con gli Stati Uniti ma a maggior ragione se Washington se ne asterrà.
Qui e ora: senza una griglia di misure concrete nelle settimane in cui si decide il destino di Kiev, Mosca avrà aperta la strada per accrescere, via via in misura incrementale, la propria influenza negli affari e nella vita degli europei; e una Ue non credibile finirà con l’essere ridimensionata in diplomazia come in economia dalla pressione non solo del Cremlino ma anche dei tanti lupi che popolano il mondo. Una Svizzera (meno ricca ma più vulnerabile) senza volerlo essere.
Evitare questo destino, richiede un salto di mentalità rispetto al formalismo e al legalismo che hanno dominato gli scorsi tre decenni. Per gli europei è arrivato il momento di tornare a fare politica, quella vera che non frequentano da tempo. Alcuni esempi riferiti all’Ucraina. I cosiddetti volonterosi – Londra, Parigi, Berlino e ora anche Roma, Helsinki e si spera Varsavia e altri – possono iniziare in fretta a organizzare, magari in Germania e Polonia, truppe da addestrare per essere poi impiegate in Ucraina una volta che i combattimenti saranno finiti. Un segnale forte al Cremlino: europei pronti a garantire la sovranità del Paese, seppur mutilato nel territorio. In parallelo, ogni governo potrebbe mettere nero su bianco ciò che l’Italia ha proposto e finora è solo stato dichiarato: l’impegno a intervenire a sostegno dell’Ucraina se questa fosse di nuovo aggredita da Mosca dopo un accordo di fine ostilità.
Altro esempio: è vero che ci sono discussioni legali sulla legittimità di utilizzare a favore di Kiev i circa 300 miliardi in dollari della Russia congelati dal 2022 in Europa. Ma numerosi esperti di diritto hanno sostenuto che il modo di utilizzarli esiste. Il problema è che finora, anche in questo caso, non si è fatta una scelta, o meglio i vincoli giuridici (superabili) sono stati ritenuti più importanti dell’impatto che avrebbe avuto la decisione politica di fare pagare subito a Mosca almeno parte dei disastri di cui è responsabile. Legalismo che mette la camicia di forza alle scelte.
Infine, l’ingresso dell’Ucraina nella Ue. È vero che Kiev non può accedere all’Unione immediatamente dopo la fine delle ostilità con la Russia: i Trattati europei stabiliscono che, prima, il Paese deve rispettare requisiti stringenti. Accelerare molto la procedura di adesione, però, avrebbe un forte impatto. Qualcosa si è fatto, parecchio altro si può fare. Il rischio di veto da parte dell’Ungheria di Orbán può essere limitato stabilendo che le proposte della Commissione siano accolte automaticamente dal Consiglio europeo a meno che contro questa procedura non vi sia un voto a maggioranza qualificata. La Cornice negoziale stabilita nel 2024 è complicata e semplificarla accelererebbe i tempi. Nei campi nei quali l’Ucraina ha già completato con successo la procedura di ammissione, un ministro ucraino dovrebbe potere partecipare da subito alle riunioni del suo Consiglio di riferimento (senza diritto di veto). Sarebbe importante aprire a Kiev le porte dei comitati politici e militari (ha certo qualcosa da insegnare, tra l’altro). Il testo del Trattato di adesione andrebbe scritto al più presto, già quest’anno, e sarebbe bene fosse valido per i confini dell’Ucraina al 1991, con la semplice sospensione per i territori che eventualmente Kiev non fosse in grado di controllare (per non dare validità formale all’occupazione russa). Scelte politiche, insomma.
Faranno qualcosa del genere gli europei? Dall’invasione del 24 febbraio 2022, la Commissione e i governi hanno fatto passi notevoli, che molti non si aspettavano, a difesa dell’Ucraina e per rafforzare la Difesa continentale. In un mondo tornato al confronto tra potenze e con la scena oggi occupata da Trump e Putin, serve però di più. Le norme intoccabili che la Ue si è imposta, il legalismo, il formalismo hanno creato una rigidità che impedisce di mettere al primo posto le scelte politiche. Le quali hanno bisogno di flessibilità come dell’aria. Solo esse, tra l’altro, possono convincere i cittadini della portata del momento.
Quando ci sarà una fine, vera o finta, del conflitto, Putin dichiarerà vittoria per avere sottratto pezzi di Ucraina agli ucraini. Una piccola consolazione rispetto ai suoi obiettivi iniziali ma comunque uno scempio delle norme internazionali sul cambiamento dei confini. È probabilmente inevitabile: la questione è aperta dal 2014, quando Mosca invase e poi annesse la Crimea. Gli europei, però, forse – ma davvero forse – possono ancora fare scelte coraggiose, creare le condizioni grazie alle quali quella che Putin considererà una vittoria sia dal giorno dopo la sua sconfitta. Giusto per smentire ancora i Metternich.