La Stampa, 19 agosto 2025
L’Alaska intensifica la Difesa
#Alaska2025 non è solo l’hashtag che ha dominato i social in occasione dello storico bilaterale tra Donald Trump e Vladimir Putin organizzato nella base militare di Elmendorf-Richardson, vicino Anchorage. È anche il simbolo della sfida geopolitica e militare tra i grandi del Pianeta impegnati nella nuova corsa all’oro, dove l’oro sta per Artico, di cui “l’ultima frontiera” – questo il soprannome del 49esimo Stato degli Usa – ne è il passaggio a Nord-Ovest. Lo scioglimento dei ghiacci consente di sfruttare nuovi punti di accesso al Polo, come lo Stretto di Bering, che si trova tra Alaska e Russia. Ciò significa la possibilità sfruttare nuove rotte commerciali e risorse energetiche, e maggiori opportunità militari tramite pattugliamenti navali e sottomarini. Questo ha spinto Stati Uniti, Russia e Cina a modulare politiche di penetrazione nella regione sempre più aggressive, dando vita a una vera a propria sfida multidimensionale. Col risultato che l’Alaska è progressivamente incalzata da prove muscolari di Mosca e Pechino.
«Ci sono ogni sorta di incursioni nelle nostre acque da parte di flotte pescherecce russe. Immagino che per i militari vedere arrivare qui Putin accolto con tutti quegli onori sia stato scioccante», spiega a La Stampa Don Rearden, sceneggiatore, romanziere e professore all’Università dell’Alaska ad Anchorage. Ha vissuto i giorni del summit di Ferragosto sentendo al centro la sua terra raccontata solitamente ai margini: «Quel che Trump e Putin dicevano sulla Groenlandia ritorna adesso per l’Alaska, come se entrambe fossero terre a disposizione delle superpotenze».
Funzionari statunitensi ammettono che c’è stato un aumento delle attività russe e cinesi, a volte congiunte, al largo delle coste dell’Alaska dal 2022. Secondo The Telegraph, alla fine del mese scorso, bombardieri Tu-95 e caccia Su-35 russi sono stati intercettati dall’aeronautica militare Usa mentre attraversavano la Zona di identificazione della difesa aerea dell’Alaska (Adiz), pur evitando lo spazio aereo statunitense. E questa è stata solo l’attività più recente. Negli ultimi due anni si sono verificati almeno nove incidenti simili, sia in aria che in mare, che hanno coinvolto Russia o Cina. In particolare, nel settembre 2024, un Tu-95 russo ha tagliato il muso di un F-16 americano con una manovra di “testata” che ha portato entrambi i piloti a un passo dal disastro. Il Pentagono sta valutando la possibilità di riaprire le sue basi militari della Guerra Fredda nello Stato, andando così a rafforzare in maniera massiccia la presenza nella regione e segnalando un’energica presa di posizione nella corsa all’eldorado artico. Corsa che ha visto i russi, proprio in occasione del vertice, ammiccare in maniera insistente al 49esimo Stato americano, un tempo possedimento degli zar.
«L’Alaska è uno Stato ricco di risorse ci sono i minerali duri, il petrolio e il gas naturale, ma poi c’è la pesca, i salmoni – racconta Rearden –. Pertanto, viene vista in questo modo predatorio, senza nessun rispetto o attenzione per la popolazione indigena. L’America ha per noi la fascinazione che si ha per una colonia. È stato davvero incredibile per molti di noi vedere all’improvviso parlare di un’apertura delle ricchezze minerarie dell’Alaska alla Russia».
Il 30 marzo 1867, Stati Washington e Mosca firmarono il Trattato in base al quale la Russia ha ceduto l’Alaska agli Stati Uniti per 7, 2 milioni di dollari dell’epoca, equivalenti a 162 milioni di dollari nel 2024, per sanare le casse dello zar depauperate (corsi e ricorsi) dalla guerra di Crimea del 1853-1856. L’allora presidente era Andrew Jackson, considerato il primo presidente populista della storia stelle e strisce, l’antesignano di Trump. L’Alaska è diventato la 49esima stella sulla bandiera Usa nel 1959, con la firma apposta dall’allora presidente Dwight D. Eisenhower apposta sull’Alaska Statehood Act. Durante la Guerra Fredda le sue basi militari consentivano agli Usa di avere un vantaggio competitivo su una zona di difficile accesso, oggi è invece diventato più agevole.
Ecco la necessità di riportale in vita. Una di queste è Adak, un’ex base aerea sita tra il Mare di Bering e l’Oceano Pacifico, utilizzata per la sorveglianza e la ricognizione sottomarina contro l’Unione Sovietica prima di essere dismessa negli anni’90. Ha tre moli, due piste di atterraggio di 2. 400 metri e uno dei più grandi depositi di carburante al mondo, ed è stata recentemente usata per esercitazioni militari nell’ambito dell’esercitazione Northern Edge dell’esercito.
Gli esperti ritengono che potrebbe essere convertita in una base operativa con relativa facilità. Sempre The Telegraph afferma che un’altra base in fase di valutazione sia quella aerea di Eareckson, che come Adak si trova sulla remota catena delle Isole Aleutine. Ciò garantirebbe a Washington – spiega il quotidiano britannico –, una copertura fino a dieci volte superiore a quella dei velivoli da ricognizione marittima di quello spazio chiave e sempre più conteso». E questo sarebbe un elemento di rassicurazione per i cittadini dell’ultima frontiera: la Russia che si fa sempre più sentire, interiorizza il conflitto.
«Tutti parlano di come la Russia possedesse l’Alaska, ignorando che quelle zone erano già abitate da indigeni, questa era la loro terra, le persone furono assassinate, ridotte in schiavitù, i villaggi furono distrutti – chiosa Rearden –. Il trauma intergenerazionale è stato enorme, ma in atto c’è una rinascita bella e potente: lo vedo riflesso nei giovani che sono nati qui, che stanno tornando a imparare la loro lingua e praticando attivamente la cultura», Una rinascita identitaria, patrimonio americano che occorre difendere. —