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 2025  agosto 17 Domenica calendario

Hugo Pratt, l’uomo che era davvero Corto Maltese

A quattordici anni, Hugo Pratt – che quattro anni prima aveva lasciato Venezia per seguire il padre Rolando, ufficiale dell’esercito coloniale italiano in Abissinia – viveva già una vita segnata da guerra, fascismo, deserti, uniformi e prime passioni. Fu in quel contesto, in Africa Orientale, che si consumò uno degli episodi più drammatici e simbolici della sua adolescenza: l’arresto del padre da parte delle truppe inglesi, che lo condussero in un campo di prigionia. Prima di partire, Rolando lasciò al figlio una copia de L’isola del tesoro di RobertLouis Stevenson. «Vedrai che anche tu, un giorno, troverai la tua isola del tesoro», gli disse. Era il 1941. Da quel campo il padre non fece mai ritorno, e due anni dopo Hugo fu rimpatriato in Italia dalla Croce Rossa.
È già tutta lì, in quel gesto, la metafora della sua vita e della sua opera: un libro d’avventura come testamento, la spinta verso la ricerca di mondi lontani, di figure mitiche e di una propria rotta. Hugo Pratt trovò davvero, col tempo, la sua isola del tesoro: si chiamava Corto Maltese. Ma prima ancora trovò se stesso, tra le calli e le nebbie di Venezia, città-mondo che – anche se fu solo un punto intermittente nella sua esistenza errante – restò sempre la sua vera patria dell’anima.
Pratt, nato a Rimini come Ugo Eugenio Prat il 15 giugno 1927 da Evelina Genero – appassionata di tarocchi e figlia del poeta veneziano Eugenio Genero, di origini sefardite – aveva nel sangue il cosmopolitismo e la mescolanza culturale che avrebbero nutrito tutta la sua opera. Suo nonno paterno era per metà inglese e per metà francese, mentre la nonna materna proveniva dalla Turchia. Venezia, con la sua storia millenaria di incroci e commerci, di misteri esoterici e viaggi via mare, era già tutta in lui. E anche se, paradossalmente, ci visse relativamente poco, fu a Venezia che iniziò e finì tutto. Si trovava in Italia quando fu annunciato l’armistizio dell’8 settembre 1943. Scelse di aderire alla Repubblica sociale e militò per un periodo nella Decima Mas, finché sua nonna non lo costrinse a tornare a casa. Nel 1944 rischiò la fucilazione da parte delle SS, che lo scambiarono per una spia sudafricana. Scampato alla morte, si unì agli Alleati come interprete e, dopo la Liberazione, organizzò spettacoli teatrali per i soldati inglesi. Già fin qui è difficile discernere la verità dalla leggenda – ma in fondo non è forse così importante – in un personaggio che riscrive continuamente la sua biografia assieme a quella del suo doppio perfetto, Corto Maltese.
Nel dopoguerra iniziò la sua carriera artistica: Hugo Pratt, assieme agli amici Alberto Ongaro e Mauro Faustinelli – il cosiddetto “Gruppo di Venezia” – diede vita alla rivistaAlbo Uragano, che divenne poi Asso di Picche, dal nome del protagonista mascherato. Il successo della serie, soprattutto in Argentina, li spinse a trasferirsi a Buenos Aires. Pratt era appena ventiduenne e ci rimase per tredici anni. Il personaggio che avrebbe cambiato tutto arrivò nel 1967: Corto Maltese, marinaio anarchico, malinconico e affascinante, con l’orecchino all’orecchio sinistro, fece la sua prima apparizione inUna ballata del mare salato,pubblicata sul primo numero della rivistaSgt. Kirk.
Corto non era solo un antieroe romantico: era l’alter ego di Pratt, la sua ombra lunga, la sintesi perfetta tra l’uomo e il narratore. Dietro il tratto inconfondibile del disegno e le trame avventurose, si nascondevano le letture dell’infanzia (Salgari, Stevenson, Melville, Dumas, Conrad), i segni della guerra, le delusioni politiche, l’iniziazione alla massoneria, i sogni esotici, la nostalgia, e soprattutto l’impronta indelebile di Venezia che, nei fumetti di Pratt, è molto più di un’ambientazione: è una presenza mitica, esoterica, iniziatica. È la città dei simboli, degli incontri segreti, degli specchi d’acqua in cui si riflettono mille mondi. In opere come Favola di Venezia (Sirat Al-Bunduqiyyah) oL’angelo della finestra d’Oriente (ma anche inCorte Sconta detta Arcana ) Venezia diventa protagonista. È un labirinto di significati, una mappa dell’inconscio, una porta d’accesso a dimensioni altre. In questo senso, non si può parlare di Hugo Pratt senza parlare di Corto Maltese, e non si può parlare di Corto Maltese senza evocare Venezia, interpretata non come luogo geografico ma come chiave di lettura del mondo e di sé. Come Corto, Pratt hanavigato in lungo e in largo: Inghilterra, Sudamerica, Etiopia, Stati Uniti, Antille, Bretagna, Irlanda, l’Oceano Indiano, i deserti africani e i mari del Sud. Ma la rotta segreta – quella che Corto segue incisa con il rasoio sul palmo della mano – riconduce sempre a Venezia, città dell’ombra e della luce, della maschera e della verità. Negli anni Ottanta, Pratt tornò per un periodo a Venezia. Lì, nella quiete rarefatta della laguna, lavorò fianco a fianco con due collaboratori di grande spessore: Lele Vianello e Guido Fuga, autori tra l’altro di una mirabolante guida alla città nei luoghi di Maltese,Corto Sconto.
Nel 1984 decise di stabilirsi in Svizzera. Ogni volta che poteva, tornava nella “sua” Malamocco per un pranzo a base di pesce, per un saluto agli amici, per respirare ancora l’aria salmastra che, in fondo, aveva ispirato tutta la sua poetica. Hugo Pratt morì trent’anni fa il 20 agosto 1995, a 68 anni, per un tumore. Parlarne oggi significa che la sua eredità è ancora viva ovunque ci sia qualcuno che, come lui, crede che il viaggio sia più importante della meta, che la libertà sia il più prezioso dei tesori, e che i sogni – se raccontati bene – possano diventare vere mappe per navigare nella vita.