Corriere della Sera, 15 agosto 2025
Fenomenologia del «marzullismo»
Nel cuore della notte di Rai1 c’è ancora Gigi Marzullo, con la sua camicia da carcerato. È probabile che si siano dimenticati di lui, occasione che gli permette di continuare a presentare Testimoni e protagonisti, non si sa bene di cosa. Testimoni e protagonisti delle interviste di Marzullo, un genere che passerà alla storia. Confesso, più di questo distinto signore, mi assillano i suoi intervistati: premi Nobel, grandi scrittrici e scrittori, giornaliste e giornalisti famosi, cantanti celeberrimi, scienziati, donne dal fascino irresistibile. Quando arriva il momento fatale, quello in cui Marzullo sussurra «si faccia una domanda e si dia una risposta», la realtà scompare per lasciare il posto alla metafisica. Intanto va ricordato come Marzullo è diventato famoso: la comunità scientifica internazionale gli ha dedicato molti congressi perché lui è, prima di tutto, un corpo che ha dato forma a un’idea preesistente. La «marzullità» è l’idea della «cosa in sé» (o noumeno in terminologia kantiana), è la realtà ultima e indipendente dalla nostra esperienza e conoscenza.
È ciò che esiste al di là delle nostre percezioni e rappresentazioni mentali, ciò che è inconoscibile nella sua essenza. La «marzullità» esisteva prima che un signore di Avellino, della grande famiglia demitiana e agnesiana, le desse anima e corpo. Le arti sono spesso attraversate da un’ossessione epocale: la letteratura dalla poetica del «fanciullino» di Pascoli; la pittura dal realismo antiretorico dei «bamboccianti»; il cinema dalla bizzarria della «camerastilografica» di Astruc. Anche la televisione ha manifestato con prepotenza una sua coazione che gli studiosi hanno definito, appunto, «marzullismo» ovvero «il desiderio di esibire in video una certa piattezza sgradevole o avvilente», secondo l’interpretazione autorevole di J. Rodolfo Wilcock.
Gigi Marzullo si chiamava in realtà rag. Pericle Topponi e solo alla sua prima apparizione in video ha assunto il nome d’arte che tutti conosciamo. Kant direbbe che vediamo il fenomeno del «Marzullo», la sua apparenza, ma non possiamo conoscere la cosa in sé del «Marzullo». Per questo è ancora in video. Per questo noi andiamo un po’ in vacanza.