Corriere della Sera, 15 agosto 2025
Intervista a Gregorio Paltrinieri
«Sono a Lipari con Rossella». Le vacanze di Paltrinieri alle Eolie, lo stesso mare dove papà Luca a cinque anni gli insegnò a nuotare. Il piccolo Greg da Carpi è diventato storia, unico italiano sul podio in tre Olimpiadi (1 oro, 2 argenti, 2 bronzi), cinque ori mondiali e tredici europei. Cannibalismo agonistico. Ai Mondiali di Singapore tre medaglie d’argento con un dito fratturato.
Come va la convalescenza dopo l’intervento chirurgico al dito e al gomito?
«Al gomito ho tolto i punti. È stata rimossa una vite che mi dava fastidio dall’infortunio dello scorso agosto. Il dito è ancora steccato, il 25 agosto torno dal prof. Porcellini. Negli ultimi anni è sempre successo qualcosa di eclatante a ridosso delle gare. Dalla mononucleosi prima di Tokyo ai problemi gastrointestinali di Fukuoka, fino al dito di Singapore».
Per questo le sue gare diventano imprese.
«Ma io ogni volta percepisco un senso di catastrofe. A Singapore ho passato dieci minuti a ripetermi: mi ritiro, il mio Mondiale è andato a puttane dopo appena 200 metri di gara. Il dito mi pulsava, un male terribile. A quel punto mi sono detto: Greg nuota e basta, senza aspettative. Faccio quattro gare con il dito rotto e vinco tre argenti. Tutto molto figo, certo. Ma c’è un ma. Ho quasi paura che inconsciamente le situazioni negative mi servano per poi performare così bene. Tutte queste sfighe esaltano e amplificano ciò che faccio ma se potessi le cambierei. Vorrei fare le gare stando bene».
Si percepisce insoddisfazione.
«Da una parte ci sono tre ottime medaglie d’argento ma dall’altra un retrogusto amarognolo. Ho analizzato tutto con il mio allenatore Fabrizio Antonelli: per tre volte Wellbrock mi ha battuto, dove abbiamo sbagliato? Un anno fa Finke ha dovuto fare il record del mondo nei 1500 per battermi. Il crono del mio argento di Parigi sarebbe bastato per vincere l’oro ai Mondiali quest’anno».
Eccolo, l’agonismo feroce che l’ha resa una leggenda del nuoto.
«Voi guardate le medaglie, io guardo anche il resto. Sono queste le cose che mi stimolano. Devo trovare dei punti negativi, qualcosa in cui migliorare. Altrimenti, cosa nuoto a fare?».
Nel 2016 vince l’oro olimpico annunciando: smetto di nuotare prima dei 30. Il 5 settembre compirà 31 anni.
Rossella ed io siamo una coppia normale, non parliamo sempre di sport, anzi la sera è l’ultima cosa di cui vogliamo discutere
Quanto al gossip, se ci sposeremo si o no, ce ne freghiamo...
«All’epoca sentivo un peso enorme, una sofferenza: chi me lo fa fare? Ho vinto e rivinto tutto, ha senso distruggermi di fatica così tanto? Poi però ho cambiato approccio, negli allenamenti e nella vita, ho scelto di allargare i confini, il nuoto di fondo mi ha allungato la carriera. A 31 anni gareggiare mi piace ancora troppo. Mi rivedo però nei tormenti di Thomas Ceccon».
Ceccon storce il naso per un oro mancato, si dilania per gli errori.
«Siamo tutti perfezionisti e paranoici, il problema è non esagerare, non pensare per forza di essere imbattibile. Crescendo se ne renderà conto, ne abbiamo parlato recentemente».
Cosa dice a Thomas?
«Non guardare solo ciò che ti sei lasciato alle spalle, se hai perso un oro o i 200 dorso. Ma guardati, quanto cazzo sei forte. Sei un fenomeno, talento puro, non fissarti che tutto debba essere sempre perfetto. Le gare si vincono anche in altro modo».
In piscina a Singapore lei non c’era, ma veniva regolarmente citato dagli azzurri.
«Per loro ci sono, li ho sentiti sempre. Felicissimo del colpaccio di Simone, nei 50 rana nessuno è più forte di lui».
La piscina rientra ancora nei suoi piani?
«La piscina è più tecnica, ti obbliga a curare ogni dettaglio. Il mare mi diverte perché è imprevedibile, serve forza fisica ma anche visione, fiducia in te stesso, abilità per scegliere le traiettorie, per stare in scia. Nessuna scelta, per Los Angeles c’è tempo».
Ai Giochi del 2028 il portabandiera sarà lei?
«Posso essere tra i papabili ma ce ne sono altri. Se Sinner dovesse fare le Olimpiadi, per esempio? Sarebbe stupendo ma non è una ossessione. Averlo fatto nella cerimonia di chiusura a Parigi è stato bellissimo, poi insieme a Ross».
Anche Rossella Fiamingo è nella storia dello sport, pluricampionessa di spada. Non vi piace esibire troppo il vostro amore.
«Siamo una coppia normalissima. Non parliamo sempre e solo di sport, a casa la sera l’ultima cosa di cui abbiamo voglia di parlare è di allenamenti o di gare. In quanto al gossip, alle domande se ci sposeremo etc, fa parte del gioco ma ce ne freghiamo».
Un pregio di Rossella?
«È sempre riflessiva, in pedana e nella vita. Io sono più istintivo, anche se non sembra. In gara a volte faccio cose da indemoniato».
È entrato a far parte del Consiglio nazionale del Coni, il più votato tra gli atleti. Si vede dirigente in futuro?
«Mi piacerebbe dare un contributo importante, noi atleti dovremmo avere più potere di parola. Non è un discorso legato solo al Coni, guardate la Federazione Internazionale: la World Aquatics a Singapore ci ha fatto gareggiare in condizioni assurde. Andavamo a letto e non sapevamo se la mattina alle 7 sarebbe iniziata la gara. Era tutto in forse, vi sembra possibile ai Mondiali? Idem a Parigi nella Senna, con il rischio di ammalarsi. Noi atleti non siamo presi in considerazione. Troppe cose lasciate al caso, soprattutto nel nuoto di fondo».
Del mare lei ha fatto una ragione di vita. Organizza gare con il suo circuito «Dominate The Water». Si preoccupa di salvaguardarlo con iniziative ambientali. Il mare è anche un nemico, l’annegamento provoca ogni anno in Italia 300 vittime, il 12% minorenni. Di fronte a tragedie come la morte del piccolo Carlo a Jesolo, come reagisce?
«Le vivo male. Malissimo. Fatico a parlarne, per rispetto delle vittime e delle famiglie. Mi immedesimo, mi rendo conto di quale sia il trauma di gettarsi in acqua e non riuscire ad uscirne. Anche io ho paura del mare in alcune situazioni».
Quali?
«Quando nuoto al largo e arriva una corrente forte o inizia a piovere con i fulmini. L’anno scorso in Polinesia ero terrorizzato dalle onde alte 3 metri. Bisogna dare la possibilità a tutti di imparare a nuotare, corsi in piscina o attività nelle spiagge con i bimbi. Promuovere una cultura della sicurezza nelle attività acquatiche è l’obiettivo primario per salvaguardare le vite».