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 2025  agosto 15 Venerdì calendario

«Ucraina in difficoltà e Putin lo sa. Non è interessato a una tregua e sta già preparando il suo Paese»

Alexander Gabuev, è direttore del Carnegie Eurasia Center da quando il centro studi si è trasferito da Mosca a Berlino all’inizio dell’aggressione totale all’Ucraina. Molti anni fa Gabuev aveva fatto parte dello staff di Dmitry Medvedev, quando questi sembrava un giovane presidente riformatore. Da mesi invece la Russia ha presentato all’Interpol una richiesta internazionale di arresto nei suoi confronti, che non gli impedisce di pubblicare alcuni saggi fondamentali su Foreign Affairs e altrove.Cosa si aspetta dal vertice di oggi fra Donald Trump e Vladimir Putin?
«Leggere Trump e avere a che fare con lui è difficile, ma se facciamo un passo indietro e guardiamo alle tendenze di fondo vediamo tre fattori che nel breve periodo giocano a favore di Putin».
Qual è il primo fattore?
Alexander Gabuev, 40 anni, giornalista e sinologo russo, è il direttore del Carnegie Eurasia Center
«L’Ucraina sta perdendo questa guerra al rallentatore. Non è su una traiettoria di sconfitta aperta e ci sono modi di far cambiare rotta al conflitto. Eppure è ormai chiaro che non solo Volodymyr Zelensky non vincerà in pieno, recuperando i confini del 1991, ma i termini di un accordo che congela la guerra probabilmente non saranno soddisfacenti per l’Ucraina».
Quali fattori determinano questa situazione?
«Per ora l’Ucraina non riesce a risolvere il problema della scarsità di uomini al fronte. Molti si sottraggono. Il governo ha corretto la legge sul reclutamento, stabilendo che se un soldato fugge per la prima volta dalla sua unità non commette più un reato penale. Ma la fiducia nella società sul sistema di mobilitazione è incrinata. Dall’altra parte, almeno per ora, la Russia riesce a mobilitare circa 30 mila uomini al mese. È una distruzione e uno scialo di vite umane di proporzioni storiche. Il potere getta corpi umani nel tritacarne per cercare di risolvere il problema, ma non si ferma».
Il reclutamento russo non è in affanno?
«Per questo il Cremlino sta conducendo esperimenti sulla mobilitazione elettronica. Ricevi un messaggio sul telefono e anche se non lo apri, sei reclutato. E per questo il potere sta anche allargando i divieti e gli strumenti di repressione digitali. Se un poliziotto ti ferma per strada e trova nel tuo telefono tracce di ricerche su nomi o siti politicamente sgraditi, questo diventa un reato. Il Cremlino guarda avanti: sta già prendendo le misure su una fase in cui la guerra può diventare molto più impopolare nella società».
Quali altri vantaggi lei vede per Mosca sulla linea del fronte?
L’Ucraina sta perden-do questa guerra al rallentatore Non è una sconfitta aperta ma è ormai chiaro che un accordo non soddisferà Kiev
«A lungo l’Ucraina ha avuto un vantaggio sulla quantità e la qualità dei droni. Ora la Russia sta rapidamente recuperando. E l’esercito di Kiev continua ad avere problemi non solo di fanteria, ma anche di scarsità di colpi di artiglieria. Così i russi continuano a praticare il terrore su tutta la linea del fronte. Purtroppo la traiettoria attuale del conflitto punta al modello della Grande guerra: stallo, finché una delle due parti non ce la fa più».
Gli europei non possono aumentare gli aiuti all’Ucraina?
«Sì, ma non hanno più molto che possano dare volentieri. Non ci sono in Germania o altrove riserve segrete di droni o proiettili. Poi alcuni governi si stanno anche chiedendo se è il caso di indebolire la propria sicurezza. Paesi di confine come la Polonia o la Finlandia potrebbero iniziare a trattenere per sé alcune risorse di difesa. Vogliono essere certi di averle, se dovessero servire».
L’industria europea della difesa non sta accelerando?
«Sì, certo, sta crescendo molto. Ma ha i suoi tempi. Per questo i prossimi 12 mesi saranno la fase più pericolosa».
Non trova che l’economia russa stia dando chiari segni di difficoltà?
«Certo. Si stanno addensando nuvoloni neri sull’economia russa. Basta vedere la pressione del complesso militare-industriale sulla Banca centrale. Le sanzioni occidentali stanno generando effetti sull’inflazione e degradano l’apparato tecnologico. I missili Iskander non sono più precisi come prima, perché mancano certi semiconduttori sofisticati. La situazione del bilancio pubblico peggiora, ma Putin ha ancora grasso attorno all’osso: può smettere di curare la rete stradale, di spendere in istruzione, in sanità o nella metropolitana di Mosca, per dare la priorità all’esercito e all’apparato militare-industriale».
Tutto questo cosa le suggerisce per il vertice in Alaska?
«Putin ha capito che la Cina non lo abbandonerà. Non è interessato a una tregua. Ha fiducia che se continua a combattere, prima o poi avrà ciò che vuole».
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