la Repubblica, 14 agosto 2025
Intervista a Dori Ghezzi
ROMAQuando hanno inaugurato piazza Fabrizio De André a Roma, alla Magliana, chiesero a una signora il suo pensiero sull’iniziativa. La signora rispose che non conosceva la musica di Fabrizio, ma che sapeva che amava la gente come lei». Dori Ghezzi è da anni il volto del Premio Fabrizio De André – Parlare musica, giunto alla 24esima edizione e dedicato alla scoperta e alla valorizzazione della nuova canzone d’autore. La manifestazione, in programma a Roma il 13 e 14 settembre proprio nella piazza dedicata a Faber, premierà anche i vincitori delle sezioni riservate alla poesia e alla pittura.Oggi il premio assume un significato ancora più profondo: è uno spazio di scouting libero da ogni logica commerciale.«Nasce dalla volontà degli altri, in particolare dell’allora sindaco del municipio della Magliana, Gianni Paris, e di altri amici. Fabrizio non lo avrebbe mai voluto, era troppo schivo. Non è un premio popolarissimo ma non ci interessa, rappresenta il suo modo di intendere la musica e l’arte».Oltre ai musicisti, vengono premiati poeti e pittori.«Il focus è sull’arte in generale. La musica abbraccia tutto questo, i cantautori hanno scritto anche poesie. La pittura, quando ancora esistevano i dischi, era parte dell’idea visiva dell’artista: ci sono copertine entrate nella storia».Da questo suo osservatorio, che idea si è fatta della musica di oggi?«Seguo poco, forse anche per difendermi: la tv mi fa stare male.Rispetto alla poca musica che sento, credo che sia necessario sentire le vecchie cose per capire quello che accade oggi intorno a noi. Ma ci sono artisti che mi piacciono: Madame, per esempio, è molto preparata, ma vedo che Fabrizio è molto amato anche dai giovanissimi: ha rotto una schema e anche oggi è molto ascoltato».Una volta ha detto: “Siamo sicuri che se Bob Dylan fosse nato in Italia avrebbe avuto successo”?«Non credo, se fosse nato in Italia non sarebbe stato nessuno. La discografia non lo avrebbe aiutato molto, un certo tipo di cantautori da noi non è stato supportato».A proposito di Dylan, Fabrizio non volle suonare con lui.«Era il tour di Dylan con Santana (1984, ndr ).David Zard, che era il promoter, ebbe l’idea di portarli sul palco insieme.Fabrizio, che aveva iniziato da poco la sua attività live, non se la sentì: non pensava di essere pronto. Fu un atto di umiltà».Quando ha incontrato Fabrizio lei era una cantante di successo, “Casatschok” fu un successo enorme. Come ha iniziato la sua carriera?«È tutto nato da mio zio, che non era sposato e viveva con noi.Suonava la chitarra e io fin da bambina cantavo con lui. Mi ha iscritto a un concorso a mia insaputa, vinsi con Io che non vivo,presentava Johnny Dorelli. Andai poi a fare un provino in Rai, passai anche quello ma non pensavo di fare la cantante. In studio potevo stare all’infinito, dei live mi piaceva il rapporto con il pubblico, ma la promozione, specie quella in tv, mi dava ansia: scegliere i vestiti, il trucco... A lungo andare ho rinunciato ma ho sempre seguito la musica. E preferisco essere ricordata com’ero».Con Wess ha dato vita a un duo di grande successo negli anni Settanta. Il discografico Berry Gordy vi voleva alla Motown.«Sarei stata la prima e unica cantante bianca di quell’etichetta.Gordy voleva farci firmare un contratto da 5 anni: in Europa ci avrebbe seguiti George Martin.Qualcuno in Italia ha fatto però in modo di non farci firmare: alcuni autori e produttori avrebbero perso grandi guadagni. Io forse ero distratta dalla mie vicende personali e l’ho capito anni dopo».Si dice che Fabrizio,durante il rapimento, una volta appreso che uno dei banditi era fan di Guccini, disse “perché non avete rapito lui?”.«Avevamo creato un buon dialogo con i rapitori e grazie a questo pensavamo che ci saremmo salvati. Si creavano persino momenti ironici e la battuta su Guccini lo conferma. A Francesco l’avevo raccontato subito. Lui e Fabrizio avevano pensato di fare un tour insieme».Ha deciso di sposarlo dopo aver ascoltato il suo brano “Ladomenica delle salme”.«Era una battuta, ma una volta ultimato il testo gli ho detto: “A questo punto ti sposo”. Con quella canzone aveva previsto tante cose accadute dopo».Durante il vostro rapimento papa Wojtyla non vi citò durante un appello per le tante persone sequestrate.«Eravamo 12 in totale: fece i nomi di tutti tranne i nostri perché non eravamo sposati. Nel 1997 fui invitata al Congresso eucaristico mondiale di Bologna, al quale partecipava anche anche Bob Dylan, ma rinunciai, poiché da tempo non cantavo. Ma se lo avessi incontrato certamente gli avrei detto “io ti ho perdonato, tu no”».Era difficile vivere con Fabrizio?«Molto meno di quanto la gente pensi. È stato un incontro del destino, ci siamo completati. Non gli ho mai imposto nulla, anzi ho cercato di renderlo libero. Le discussioni ci sono state, quelle sane che ci hanno permesso di conoscerci meglio».