la Repubblica, 13 agosto 2025
Un fedelissimo di Trump all’agenzia statistica. Inflazione Usa in calo
L’inflazione americana sale meno del previsto, coi prezzi al consumo che registrano il più 2,7 per cento rispetto a un anno fa, contro il 2,8 delle attese. E mentre i listini di Wall Street guadagnano, Donald Trump esulta: «I dazi non hannocausato inflazione né altri problemi al Paese. Anzi portano un immenso ammontare di soldi nelle casse del Tesoro. I consumatori non pagano per i nostri tributi», ha scritto su Truth, sebbene sia un po’ presto per giudicare l’impatto reale di quanto entrato in vigore solo una settimana fa.Gli analisti dicono che a influire sul buon andamento è la previsione di un taglio dei tassi da parte della Fed a settembre. La sforbiciata di almeno 25 punti chiesta da tempo dalla Casa Bianca è ora data per certa all’86 per cento. Mister President, dunque,non perde occasione per scagliarsi di nuovo contro l’ormai arci nemico Jerome Powell, l’economista da lui stesso nominato nel 2018 e poi trasformato in bersaglio per le sue politiche non abbastanza accomodanti con le esigenze del tycoon. «Per fortuna l’economia va bene. Finirà per esplodere in faccia a Powell e al suo board compiacente» ha tuonato via social. Definendo «un bello scherzo» la nomina che all’epoca fu sostenuta dall’ex segretario al Tesoro Steve Mnuchin: «Ha promosso un perdente causando danni incalcolabili agli Stati Uniti». Poi è passato alle minacce: «Sto valutando la possibilità di far causa a Powell per il modo orribile e incompetente di gestire la costruzione degli edifici della Fed. Tre miliardi di dollari quando poteva costare 50 milioni», ha scritto usando ancora una volta i costi del quartier generale della Banca Centrale.Mentre già lavora a chi ne prenderà il posto a maggio del 2026, quando scadrà il mandato, piazza un suo uomo pure alla guida dell’agenzia che elabora i dati su occupazione e inflazione. A sostituire Erika McEntarfer, licenziata dieci giorni fa perché a Trump non piacevano i dati sul lavoro di giugno, in ribasso rispetto alle aspettative, sarà E.J. Antoni, capo economista dell’ultraconservatore Heritage Foundation, la fondazione che ha redatto quel Project25, dove di fatto erano enunciate le linee guida della svolta autoritaria dell’amministrazione. Lo stesso che ha più volte criticato proprio l’ufficio che ora va a dirigere: «La nostra economia è in piena espansione e E.J. Antoni garantirà che i dati pubblicati siano onesti e accurati», ha scritto Trump su Truth.Una frase che ha però inquietantemente ricordato i fatti argentini del 2007 agli analisti: quando il presidente Néstor Kirchner volle un fedelissimo alla guida dell’agenzia statistica nazionale, quello truccò i dati, e nel frattempo l’inflazione crebbe al 25 per cento. «Non dobbiamo dimenticare che anche negli Stati Uniti dati economici affidabili e indipendenti servono a rafforzare lo status di valuta di riserva del dollaro, nonché azioni e obbligazioni», ammonisce dunque ilWall Street Journal.Tanto più che le analisi di Antoni sono giudicate faziose pure da esperti in ambito conservatore. Gente come Kyle Pomeleau dell’American Enterprise Institute, che su X ieri ha scritto: «Ci sono molti economisti conservatori competenti e adatti a questo lavoro. E.J. non è uno di loro».