la Repubblica, 13 agosto 2025
Garlasco, mistero svelato “Ignoto 3 non esiste il Dna era contaminato”
Il mistero di “Ignoto 3” si risolve in una mattina di agosto, alla vigilia del diciottesimo anniversario del delitto. Ci pensa il procuratore di Pavia, Fabio Napoleone, a scrivere la verità su quel profilo genetico finora senza un nome trovato sulla garza che venne utilizzata per tamponare la bocca di Chiara Poggi. Una traccia genetica che non ha portato né a un possibile secondo assassino, né a qualcuno che aveva toccato il cadavere o effettuato i rilievi nell’abitazione dell’omicidio. Ma, stando a quanto accertato dalla Procura pavese, il frutto di una contaminazione da un corpo sottoposto ad autopsia prima di quello della Poggi.
«Sono stati selezionati i preparati istologici relativi a cinque soggetti di sesso maschile sottoposti ad autopsia in un lasso temporale prossimo all’esame autoptico condotto sulla salma di Chiara Poggi», hanno spiegato gli esperti incaricati dai magistrati. E proprio grazie a quei prelievi e a quelle comparazioni gli inquirenti sono arrivati a un match tra il Dna isolato sulla garza e quello di «un soggetto identificato dal codice anonimo 153E». Il cui profilo genetico sarebbe finito nella bocca della vittima durante le autopsie. Una seconda contaminazione oltre a quella già scoperta durante l’incidente probatorio, quando sul tampone orale era stato trovato anche il Dna di un assistente del medico.
«Chi accoglie con favore la contaminazione dimentica che questi gravissimi fatti compromettono in radice le valutazioni svolte nel processo a carico di Stasi e sono già di per sé idonei ad ottenere una revisione della sua condanna», hanno rimarcato gli avvocati di Stasi, Giada Bocellari e Antonio De Rensis. Di diverso avviso Gianluigi Tizzoni, legale della famiglia Poggi: «Se si guardano i dati e non le suggestioni, ogni passaggio conferma la responsabilità di Stasi», il suo commento. Mentre la famiglia di Chiara, che oggi si ritroverà a Garlasco per una messa di ricordo, chiede solo di «trascorrere l’anniversario in silenzio e da soli». SollevataAngela Taccia, legale di Andrea Sempio, amico del fratello di Chiara e oggi indagato per l’omicidio: «Più continuano gli accertamenti, più si concretizza tutto quello che abbiamo sostenuto noi», esulta. La Procura e i carabinieri del nucleo investigativo di Milano che stanno conducendo le nuove indagini sono comunque certi di avere almeno due indizi contro Sempio: una traccia di Dna sulle unghie della vittima – il primo “Ignoto” a cui è poi stato dato un nome – e un’impronta, la celebre “33”, del palmo della sua mano destra ritrovata sulle scale che portano nella cantina della villetta, dove fu ritrovato il corpo di Chiara. Sulle cui unghie è stato isolato anche un altro profilo genetico, “Ignoto 2”, al momento sconosciuto. La stessa Procura di Pavia, per «una valutazione più ampia degli elementi raccolti» ha deciso di incaricare come ulteriore consulente dei pm la professoressa Cristina Cattaneo. A lei il compito di rianalizzare le carte sul vecchio esame autoptico firmato dal medico legale Marco Ballardini per cercare di provare a ricostruire l’orario della morte, la dinamica dell’omicidio e individuare le possibili armi del delitto, che – come già ipotizzato in passato, perché sul corpo erano state rilevate ferite da taglio e da sfondamento – potrebbero essere due. Il che, a prescindere da “Ignoto 3”, lascia aperta l’ipotesi di almeno due persone sulla scena del crimine. Scena che verrà ridisegnata dagli esperti del Ris di Cagliari dopo gli accertamenti con laser e droni nella casa. Obiettivo dei rilievi è proprio capire cosa sia successo la mattina di 18 anni fa dentro quella villetta.