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 2025  agosto 10 Domenica calendario

I confini Tutto il Donetsk e Lugansk le annessioni nei piani del Cremlino

Le indiscrezioni sulle richieste che Putin formalizzerà a Trump nel summit di Ferragosto mostrano la volontà di ottenere l’intera regione di Donetsk, che le forze russe controllano per circa due terzi, e quella di Lugansk, quasi totalmente occupata, mantenendo i confini sull’attuale linea del fronte a Zaporizhzhia e Kherson, mentre nei precedenti negoziati venivano pretese tutte le due province annesse con il referendum farsa dell’autunno 2022. Incluso il riconoscimento della sovranità sulla Crimea, occupata nel 2014, si tratterebbe di strappare quasi un quinto del territorio formalmente ucraino.
Sono rivendicazioni che prendono atto della sanguinosa stasi sui campi di battaglia, in cui i russi non riescono a sfondare ma impongono un livello di perdite sempre meno sostenibile dagli ucraini, soprattutto per quanto riguarda i caduti che Kiev fatica a sostituire con nuove reclute. I combattimenti sono violenti, con l’esercito di Putin che da quasi un anno ha interrotto le offensive su larga scala per diluire la sua offensiva in una moltitudine di micro-assalti che, in maniera quasi “liquida”, si insinuano nei punti deboli delle difese ucraine, quelli dove la carenza di soldati obbliga a distanziare i capisaldi.
Nonostante questo vantaggio, oggi nessuno scommetterebbe sulla possibilità che Mosca conquisti l’intero Donetsk entro l’estate o possa ottenere una vittoria schiacciante in un altro settore. La macchina bellica è inarrestabile ma lenta, frenata da combattenti determinati e motivati: a luglio ha occupato 564 chilometri quadrati di terreno, più o meno la stessa quantità di giugno e cento in più di maggio. In precedenza, c’erano stati tre mesi meno feroci, per effetto del fango primaverile che ostacola i movimenti. Ma l’autunno è stato duro per Kiev: a novembre la bandiera russa è stata piantata su 730 chilometri quadrati, il record dalla primavera 2022.
Salvo sorprese dell’ultima ora, il vertice di Ferragosto vedrà gli ucraini ben messi solo sul fronte di Sumy, l’ultimo aperto. La marcia contro la città è stata respinta dall’intervento delle migliori brigate e “il cuscinetto” annunciato dal Cremlino pare fragile, tanto che alcuni sospettano che si sia trattato di un diversivo per attrarre forze lontano dal Donbass. Lì c’è il “centro di gravità” della strategia di Mosca – confermato dalle richieste al tavolo negoziale – e si registrano le situazioni di vera crisi. La più preoccupante è l’assedio di Pokrovsk che può scardinare i collegamenti in un largo settore della regione, inclusa la “capitale” Kramatorsk: Pokrovsk è sostanzialmente circondata, con squadre di guastatori che irrompono tra le macerie dei palazzoni sovietici trasformate in fortezze, e si teme che ci sarà un affondo nei prossimi giorni che permetta a Putin di presentarsi in Alaska con un successo simbolico. Lo stesso obiettivo propagandistico a cui mirano i raid all’interno della regione di Dnipropetrovsk, che hanno portato la lotta nei primi villaggi senza espugnarli. Infine, una pressione crescente viene registrata più a nord pure nelle zone che fanno da cerniera tra il distretto di Kharkiv e il Lugansk.
Gli analisti studiano con unacerta apprensione il dinamismo russo sul fronte meridionale: aumentano i segnali di attenzione verso Zaporizhzhia e Kherson. Per puntare su Kherson però bisogna attraversare il Dnipro, esponendo i guadi all’artiglieria. L’area pianeggiante di Zaporizhzhia – il capoluogo dista oltre venti chilometri dalla centrale nucleare – si presta all’azione dei tank ma gli ucraini l’hanno munita di bunker. Un’offensiva in questo quadrante però metterebbe in difficoltà il quartier generale di Kiev, che si troverebbe alle prese con tre attacchi principali distanti oltre trecento chilometri l’una dall’altra.
La grande differenza sta nellerisorse. Mosca continua a reclutare una massa di volontari, che rimpiazzano i fanti mandati spesso al massacro, e ha risparmiato negli ultimi mesi le forze corazzate forse per tentare un colpo a effetto. Kiev riceve un sostegno bellico minimo dagli Usa e gli europei non sono in grado di compensare il calo dei rifornimenti americani ma soprattutto non ha abbastanza soldati. Non sembra però ancora disposta ad arrendersi: non è escluso che stia preparando un blitz oltre la frontiera russa, come quello di Kursk dell’anno scorso, per testimoniare al mondo la volontà di lottare a oltranza.