la Repubblica, 7 agosto 2025
Bombe sulle famiglie in vacanza nel resort raid russo sul Dnepr
In un piccolo resort nella regione di Zaporizhzhia – tra stagni e foresta come ce ne sono tanti nel bacino del Dnepr, un luogo ideale per rintanarsi qualche giorno nelle casette di legno a dimenticare la guerra – ieri all’alba sono piovute almeno 4 bombe plananti russe. «Ho sentito che ne stava arrivando una – racconta aSuspilne Oleksandr Tsopkalo, il guardiano del villaggio – erano quasi le sei e ne ho udito il fischio. È arrivato il primo colpo, poi il secondo e dopo qualche istante il terzo. Sono uscito di corsa ed era tutto sradicato, le finestre rotte. Ci sono stati altri due colpi, e sono caduto».
Tra gli edifici colpiti dalle esplosioni – le casette, il gazebo del ristorante – ci sono due morti e 12 feriti, tra cui bimbi. «C’erano famiglie e compagnie di amici, 20 adulti e tre bambini. I feriti erano nelle casette. Ero sotto shock, mi martellava la testa, ero frastornato», dice il guardiano. Alla prima esplosione due degli ospiti, il fratello e il fidanzato di Karyna, sono usciti per controllare che le auto fossero intatte: «La seconda esplosione ha ucciso sul colpo il fratello, centrato alla testa. Il fidanzato invece, Oleksandr Volkov, è ferito alla coscia e al polmone», racconta a Suspilne un’amica della coppia. Karyna, ferita, rischia l’amputazione: «La gamba è gravemente danneggiata». Così si muore in Ucraina, pur lontano dal fronte. Più vicino ai russi, a Kramatorsk capoluogo del Donbass sotto controllo ucraino, è stata uccisa la responsabile dell’ufficio mobile di Ukrposhta, il servizio postale ucraino. Olga Bordunova aveva 46 anni, un drone l’ha uccisa ferendo l’autista. Un altro drone ha centrato un altro ufficio mobile di Ukrposhta nella regione di Kherson, e solo per fortuna non ha fatto vittime.
Nelle marcite del Dnipro nella regione di Zaporizhzhia, quel mini villaggio di casette lontano da tutto doveva sembrare un’oasi di musica e risate a bordo piscina in cui i bambini e gli adulti si sentono al sicuro (come pure i giornalisti: noi e inviati di altri giornali internazionali abbiamo dormito in luoghi simili, nei giorni scorsi). Ma non ci sono sonni sicuri, in Ucraina. La lontananza dal fronte non è garanzia, né gli alberghi in muratura. Le bombe russe a caccia di soldati a riposo li centrano senza scrupoli per gli altri ospiti, comprese donne e bambini.
Mentre martellano le retrovie, l’area al confine tra le regioni di Dnipro, Donetsk e Zaporizhzhia è quella in cui i russi stanno avanzando di più. «Li avevamo a 27 chilometri da noi verso sud, a Huliaipole; e invece stanno arrivando da est: erano a 150 chilometri e ora sono anche qui a 27, e vengono sempre più avanti», ci raccontano Ania e Alona nel negozio di fiori con caffetteria a Pokrovske (scritto con la “e”, 77 chilometri a sudest della quasi omonima e quasi accerchiata Pokrovsk). Ma è verso Pokrovske con la “e” che i russi conquistano terreno ogni giorno da fine gennaio, quando hanno sfondato a Velyka Novosilyka. Sono le conseguenze della caduta di un bastione decisivo, Vuhledar, conquistato a ottobre. È un fronte di cui si parla poco, rispetto a quelli raccontati più a nord; eppure è oggi il più difficile per gli ucraini.
Combattimenti feroci sono in corso sulle sponde del piccolo fiume Vovcha, spiega un soldato ucraino. A Pokrovskecittà – 23mila anime prima della guerra – i droni sono frequenti ma non ancora continui, e la vita va avanti. Nei villaggi verso il fiume, invece, è scattata l’evacuazione obbligatoria. A Pokrovske «per ora è solo consigliata, ma anche noi ce ne stiamo andando», dice una madre venuta a ritirare il bouquet della figlia.
Al di là delle sanzioni e della strategia per costringere Putin a fermare la guerra, è il fronte la coperta corta di Kiev e alleati. Per questo, pure in una giornata campale sul piano politico, Zelensky ieri è tornato tra le linee avanzate. Dopo Volchansk, nordest di Kharkiv, è andato a nord di Sumy. Dove gli ucraini stanno contenendo l’avanzata e hanno «liberato due villaggi».