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 2025  agosto 03 Domenica calendario

La caduta del ceto medio gli italiani si sentono sempre più declassati

Nel nostro Paese è in corso un declino sociale significativo e rilevante. Nella percezione dei cittadini, il più pesante degli ultimi 10 anni. Oggi l’Italia non è più un “Paese di ceti medi”, come appariva all’opinione pubblica fino a pochi anni fa. “O meglio”, sta cambiando. “In peggio”. Infatti, secondo un sondaggio condotto di recente da Demos, circa metà degli italiani (il 49%, per la precisione) ritiene la propria famiglia di classe medio-bassa. Una misura cresciuta di quasi 10 punti nell’ultimo anno. Per trovare un dato – di poco – superiore e, dunque, “peggiore”, occorre risalire al 2014. Nello stesso tempo si assiste alla caduta del “ceto medio”, in cui si colloca il 45% degli italiani. Ma un anno fa era il 50%, nel 2019 il 52%. Mentre nel 2006, vent’anni fa, raggiungeva il 60%. Era “il tempo del ceto medio”. Il marchio di un Paese che aveva costruito una società “mediamente” radicata nel presente. Capace di guardare avanti. Di pensare – e, dunque, progettare – il futuro. La questione è importante. Delineata, in passato, da un economista come Paolo Sylos Labini. E ripresa, in seguito, da altri autori.Questa percezione, nel sondaggio di Demos, coinvolge soprattutto le categorie più deboli. I disoccupati, gli operai e chi svolge lavori casalinghi. Dunque, le donne più degli uomini. Inoltre, le persone con basso livello di istruzione. Mentre le categorie professionali che si sentono meno di posizione socio-economica bassa o medio-bassa sono, comprensibilmente, i tecnici, i pensionati, i lavoratori autonomi. Dunque, gli imprenditori. E gli studenti. Anche per questa ragione emerge – e colpisce – il sentimento pessimista dei più giovani, fra 18 e 30 anni: 53%. In altri termini, il sentimento dei giovani diventa più opaco quando si esce dall’età e dall’esperienza scolastica. Probabilmente perché insieme allascuola finisce anche la capacità di pensare un percorso di qualificazione professionale e personale. Di immaginare un futuro migliore.Insomma, sembra delinearsi un’epoca grigia, nella quale è difficile progettare il nostro domani. E quindi, a maggior ragione, costruirlo. Realizzarlo. L’indice di delusione giovanile è superato solo dalle persone di “mezza” età. Probabilmente perché sono nel “mezzo” della loroesperienza, professionale e di vita. E, quindi, in una posizione di maggiore incertezza. In questi tempi... incerti.È, invece, interessante osservare la posizione sociale percepita dai cittadini in base alla loro posizione politica. L’immagine più pessimista emerge fra coloro che “non si collocano”. E che, per questo, “si chiamano fuori” da ogni schieramento. Da ogni parte e, dunque, presumibilmente, da ogni partito politico. Si tratta di un dato comprensibile, in quanto i soggetti politici cercano i consensi rivolgendosi alle categorie economiche e professionali. Proponendo risposte coerenti con i loro problemi e i loro interessi. E chi “si chiama fuori” si sente, necessariamente, “fuori” dal campo degli interessi e degli attori politici. È comunque difficile cogliere fratture nette, che collegano la posizione sociale e politica. O meglio, l’ampiezza del ceto medio e alto appare maggiore fra coloro che si collocano a Destra e a Centro-Destra. Ma la distanza rispetto a coloro che si definiscono di Sinistra e di Centro-Sinistra non appare eccessiva. Si tratta di un segnale interessante, che sottolinea come il rapporto fra posizione sociale e politica, nel corso del tempo, sia cambiato in modo significativo. Perché in passato la politica e i partiti costituivano un canale di “rappresentanza” importante, prioritario, per gli interessi dei cittadini. Su base sociale. E territoriale. Ma oggi molto è cambiato. Anzitutto, i partiti. Un tempo erano “partiti di massa”. Non solo perché avevano una presenza estesa nella società e nel territorio. Ma perché si trattava di soggetti organizzati, che, a loro volta, erano legati ad associazioni con tradizioni, progetti, valori determinanti per la società. Ma oggi, rispetto a quel modello, è cambiato molto. Tutto. Il rapporto con gli elettori, anzitutto, è costruito e riprodotto attraverso i media. E, sempre di più, alla Rete. Al digitale. “I partiti sono partiti”. Verso direzioni diverse. Ma che non prevedono più una presenza diretta nella società. Un rapporto diretto con gli elettori. Per questo stesso motivo, “l’azione” più importante è divenuta la “comunic-azione.” Mentre l’attore, lafigura dominante “per” i partiti e “nei” partiti è divenuto il leader. Si è affermato, così, un modello di partito diverso. Un “partito personale”. come l’ha definito Mauro Calise. Al centro di una democrazia a sua volta personalizzata. La posizione sociale dei cittadini, per questo, resta importante. Ma è interpretata dal leader, il Capo, che dà un volto a tutti. Otre i confini di classe. E del territorio.