la Repubblica, 2 agosto 2025
Il ritorno del Diavolo veste Prada fa impizzire i fan
Questo film è un grande successo, eppure non è ancora uscito, e nemmeno finito di produrre. E giusto in questi giorni stanno girando gli esterni nelle strade di Manhattan, con la polizia che frena folle di donne e uomini alle transenne. Tutta pubblicità gratuita, che scorre felicemente sui social e benedice così il sequel diIl diavolo veste Prada, uscito nel 2006 con première al festival di Venezia, vincitore di due Oscar l’anno dopo. Il nuovo uscirà vent’anni esatti dopo il primo, il 1° maggio 2026.Sarà un evento, anzi lo è già. Sarà da vedere, non fosse che per la protagonista Meryl Streep (uno dei due Oscar, l’altro era per i costumi a Patricia Field) e per Stanley Tucci, e anche per Anne Hathaway e Emily Blunt. E tanta è l’attesa, che il vecchio film è arrivato di colpo al primo posto della top ten di Disney Plus. Lo scorso 30 giugno, quando è stato diffuso un microvideo con la celebre décolleté di vernice rossa (e tacco a forma di forcone diavolesco), in migliaia hanno voluto rivederlo, spesso sapendolo già a memoria.Ma questa volta le scarpe sono due, che prillano seducenti e pure inquietanti, mentre in sottofondo si sentono alcune battute celebri, “Gabbana con una o due b?”, “Mi rifiuto di star male, ho un vestito di Valentino”, e soprattutto “Tutti vogliono essere noi”, cioè Runway,la rivista di moda più importante del mondo. Che è poi Vogue America, e la Miranda Priestly direttrice cattivona, è Anna Wintour, celebre giornalista forse fatta di acciaio, con non confondibile pettinatura a paggetto forse dalla nascita, e sempre occhiali neri a nasconderne lo sguardo di Medusa.Beh, il video dura 22 secondi ed è già stravisto e condiviso. Unico contenuto originale, ma la massa ha cominciato a diffondere gli scatti rubati sul set, e anche molte locandine false, molti “Coming soon” creati dall’intelligenza artificiale, con la Streep in presumibile tailleur pantalone Chanel, e altri vestiti improbabili che certamente non saranno nel film (troppo pacchiani, troppo vistosi, troppo). Nella realtà, indossa di sicuro un tailleur azzurro polvere, e pochette sottobraccio. Oppure una misemandarino-viola-marròn che detta così non rende l’idea, ma è bellissima, e tutte vorremmo essere come lei, a 76 anni.Perché piacque e piace ancora, questo “Diavolo”, è forse per il cast, a cui si è aggiunto un grande come Sir Kenneth Branagh, ma forse perché non era solo un film di moda e sul mondo della moda, ma sul potere. In generale, non solo al femminile, visto che tutto si svolge nella redazione di un magazine influente e anche dominante, con una direttrice tiranna, insopportabile, bravissima, donna capoche parla sottovoce ed è sempre ultimativa e tremenda, insomma tutti hanno paura ad avvicinarla, anzi hanno paura e basta. Streep spiegò poi di essersi ispirata a Clint Eastwood, con cui aveva lavorato inI ponti di Madison County (e Hathaway disse che “la prima volta che Meryl aprì bocca sul set, sibilando, tutti siamo rimasti sconvolti”).Il potere di un giornale, quindi, e i rapporti con gli altri poteri, e anche gli equilibri di forze all’interno di un gruppo di lavoro, qualunque sia l’azienda. Le cattiverie, le trappole, gli amici-amici, i falsi amici, il peso personale di una cosa che non è solo un impiego. Quanti ci si sono riconosciuti, e non solo gli appassionati di fashion e gli addetti del settore. Poi, vent’anni dopo tutto è diverso.Come I tre moschettieri di Dumas, i protagonisti sono per forza invecchiati, in un mondo cambiato, non solo nel loro spicchio. Ma anche il sistema moda, non sta più tanto bene come allora. Molte maison sono passate di mano, E sono arrivati i dazi, e nel frattempo la comunicazione è cambiata così velocemente, ed è soprattutto social, quindi vale più uno scatto diffuso su Facebook e Instagram (un paio di sandali Chanel con chiusura di velcro, indossati da Andrea, subito individuati e rilanciati come “mai più senza”) che una campagna pubblicitaria, forse.E anche Wintour (75 anni), non è più direttrice di Vogue America. Però, è il direttore editoriale di Condé Nast, e perciò resta imperatrice di quell’impero e allora le cose non cambiano mai, nei giochi del potere che tutti conosciamo, e non è solo la moda, naturalmente.