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 2025  agosto 03 Domenica calendario

Intervista a Giuseppe Cederna


«Ne fui marchiato a fuoco: fu un primo amore che mi toccò nel profondo. Grazie a quella donna e a quel sentimento sono diventato grande: scoprivo cosa potevo fare con il mio corpo (il clown e mimo, e poi l’attore), ma anche la passione e l’eros. Un’esplosione». Giuseppe Cederna, attore, scrittore e viaggiatore, lo dice subito che il suo primo amore molto contribuì a fargli scoprire sé stesso, cosa avrebbe voluto fare nella vita. Il primo importante tassello dell’uomo che è ora. «Insomma, un uomo più completo», che «deve molto alle donne incontrate. Matrimoni e innamoramenti, tutti, mi hanno fatto crescere ed essere quello che sono».L’attore è reduce da un viaggio in Indonesia con l’attuale compagna, Alessandra: Giava, Bali, Sumba, tutte isole. Come le greche e amatissime Kastellorizo, dove girò Mediterraneo di Gabriele Salvatores e Karpatos, da anni buen retiro estivo dove ricaricarsi facendo il contadino insieme a una famiglia («adottiva») locale. Non a caso Di isole e di città. Viaggio sentimentale e letterario in Grecia si intitolalo spettacolo portato in scena ieri a Sarzana, mentre stasera è a Sanremo, con La morte di Ettore. Iliade un racconto mediterraneo – Canto XXII.Il primo amore fu quindi speciale in ogni senso?«Avevo 19 anni e lei era la mia maestra di clown e mimo, di dieci anni più grande di me. Fu un doppio viaggio: interiore, perché stavo capendo cosa avrei voluto fare nella vita, ovvero l’attore; e itinerante perché eravamo in tournée per l’Europa. Un inizio “sulla strada” di cui sono molto orgoglioso. Non fu facile: imparai che crescere è anche soffrire. Furono “lacrime calde” perché fu un lungo lasciarsi e riprendersi, e poi ancora lasciarsi e riprendersi. Insomma, una grande sofferenza trascinata. Però alla fine mi guardo indietro, e scopro che ancora le voglio così bene e le sono grato».Viaggiare per lavoro è una cosa. Ora la sua pare più una filosofia del viaggio. Quando è avvenuta la trasformazione?«È inevitabile, con questo lavoro, essere di spirito vagabondo. Ma all’inizio viaggiavo senza capire. Fu dopo Marrakesh Express, quando trovai un maestro, Pietro Laureano, consulente dell’Unesco esperto in zone aride, che mi portò con sé per tre anni nel profondo dell’Algeria... È allora che è cambiato il senso: il viaggio è maestro di vita, devi muoverti sapendo che non sai nulla e devi metterti in ascolto, in punta di piedi. Ho anche iniziato a scrivere e da allora ancora lo faccio, anzi direi che lo faccio solo quando viaggio».Non ha più smesso?«Italia (ovvio) e Grecia. L’Indonesia quest’anno. In passato l’Himalaya, l’India. Sempre a piedi o con mezzi locali, nel modo più lento, per assaporare la gente e i luoghi, non toccata-e-fuga. Prendendo il tempo che serve. Meglio pochi posti ma bene, per assaporarli».Uomo di isole, ma anche di monti?«Arrivati a una certa età ti rendi conto dei fili che attraversano la vita. Le isole, appunto. O la parola “storie": sono un attore, il mio compito è raccontarle al cinema, a teatro, con la scrittura... I monti invece arrivano dalla mia parte montanara, la Valtellina terra degli avi, dove vado ora: fa sempre bene ritrovare le anime di casa, i nostri protettori».Ha la fortuna di un lavoro che permette lunghe vacanze?«Il viaggio non è vacanza, ma un (altro) bellissimo lavoro molto faticoso. C’è invenzione, conoscenza, capacità di farsi trasformare e accettare gli infiniti imprevisti e tradimenti che può offrirti. Se non lo capisci, meglio una casa con piscina con un buon libro».Che tipo di viaggiatore è, solitario o di gruppo?«Da solo, poco. In gruppo mai. In due è bello. Oggi ho la fortuna di una compagna, Alessandra, con cui c’è condivisione totale. Il viaggio è una forza potente, ma l’amore ancora di più. Le avevo dato il primo bacio e il giorno dopo sono partito per l’India: pensavo che l’avrei dimenticata, e invece no, ho pensato ancora di più a lei. Così oggi: quelli che facciamo sono viaggi d’amore, corrispondenza e scambio».Una donna per amico ?«Le donne sono viaggiatrici generose. Sembro io a decidere, partire, scrivere. E invece è lei lo spirito guida, ha le idee migliori, e sente per prima cosa è giusto fare, quando e dove fermarsi. Mi spinge a fidarmi dell’istinto e meno del piano di viaggio. È l’amore della maturità e della vita, arriva dopo matrimoni e innamoramenti vari, finiti, ma che mi hanno fatto crescere ed essere quello che sono. Devo molto alle donne che ho incontrato».Per esempio?«Ho vissuto a Sarzana per quasi una decina d’anni, ho amici, una ex moglie Valentina, un “quasi figlio” (che mi chiama “quasi babbo"). Un ragazzo che vive lì ed è scrittore: il suo I miei stupidi intenti ha vinto il Campiello nel 2022. Bernardo (Zannoni, ndr) è un grandissimo regalo che ho avuto. Nella prossima stagione porterò in scena il suo libro: posso interpretare la sua creatura!».A Sarzana è quindi un (altro) ritorno a casa?«Lo è tornare a lavorare con Sergio Maifredi, cui debbo la regia di spettacoli che sono diventati miei cavalli di battaglia: lui accende un motore in me. Insieme a Giorgio Ieranò, esperto di miti greci, e colmusicista Edmondo Romano, raccontiamo storie imperniate sull’incantamento per la Grecia. Ci sarà anche la mia piccola disavventura a Samos, quando scendendo da un traghetto pieno di migranti, venni violentemente sbattuto nella loro fila dalla polizia di frontiera. E fu la scoperta della violenza di cosa sia essere un corpo di serie B. E c’è la lettura di Home, della poetessa africana Warsan Shire, che apre i cuori all’accoglienza». —