La Stampa, 4 agosto 2025
Intervista ad Aceto, il fantino che ha cambiato il Palio di Siena
Lo stalliere che volle farsi re, il fantino che ha cambiato il Palio di Siena che ha più di 5 secoli di storia, plasmandolo fino a farlo diventare la sua vetrina, l’uomo che ha spinto primi ministri come Tony Blair e stelle internazionali come Luciano Pavarotti e Mel Gibson a percorrere le strade insidiose e piene di curve delle Crete senesi per andare a fargli visita nella sua tenuta ad Asciano, oggi è un nonno di 82 anni che si prepara ad aprire un museo dedicato a se stesso. Andrea Degortes per tutti è Aceto, il fantino che detiene il record di Palii vinti in Piazza del Campo, 14 su 58 corsi. Dopo aver temuto che Trecciolino, per l’anagrafe Gigi Bruschelli, riuscisse a batterlo (si è fermato a quota 13 vittorie), oggi guarda con apprensione alla serie di successi di Tittia, al secolo Giovanni Atzeni, che il 16 agosto cercherà il suo dodicesimo trionfo. «I record sono fatti per essere battuti» è la prima risposta «diplomatica» di Aceto. Che poi torna ad indossare le sue consuete vesti da guascone. «Intanto Tittia ha vinto “solo” 10 Palii, perché quello dell’agosto 2019 lo ha vinto per la Selva il cavallo scosso, Remorex. Riparliamone quando riuscirà a superarmi, vincendo 15 Palii restando a cavallo, come ho fatto io per 14 volte».Il museo di Aceto sarà inaugurato a settembre?«È già pronto, ho portato tutto il materiale. C’è un sacco di roba, tutto quello che racconta le mie vittorie nei Palii, anche fuori Siena. Filmati, trasmissioni Tv compresa l’Isola dei famosi, centinaia di articoli che parlano di me, i libri sulla mia vita. Ci saranno due giubbetti di Contrada, quello dell’Oca dove ho vinto 5 Palii, e dell’Aquila dove ho vinto 3 volte, comprese la prima, nel luglio 1965, e l’ultima nel luglio 1992».Ci saranno le foto dei personaggi che sono venuti a trovarla?«Non di tutti, sarebbero troppi e poi il protagonista del museo sarò io. Ci saranno le foto con Mel Gibson e Luciano Pavarotti. Non ho la foto con Tony Blair, neanche quella con Gigi Riva. È un peccato, perché Riva era venuto a cena a casa mia, era il campione che amavo di più e non ho pensato di farmi una foto con lui».Non ci saranno flashback sulla sua adolescenza da pastore a Olbia, su quando iniziò a montare un asino rubato in un’isola, sui racconti del Palio che le facevano Rompighiaccio e Ciancone, ex fantini vittoriosi in Piazza del Campo, mentre lavorava nella scuderia alle Capannelle?«È tutto scritto nei libri, come la storia che sono venuto a Siena grazie a sor Ettore Fontani, il più bravo dirigente del Palio di tutti i tempi. Lui voleva che diventassi il fantino dell’Oca, venne due volte a Roma per convincermi dicendo che “a Siena i fantini guadagnavano bene"».Eppure al primo Palio nel 1964 tradì la sua fiducia, andò a montare nel Bruco...«L’Oca mi offriva 500 mila lire, andai nel Bruco, dov’ero in parola per correre il Palio, e dissi ai dirigenti che mi avevano offerto un milione, ma che ero pronto a montare per loro per 800 mila lire. Accettarono. Il mio primo Palio non andò bene, il cavallo aveva la febbre, i brucaioli volevano picchiarmi. Mi salvai lanciandomi da una finestra».Prima della sua ascesa al trono di Piazza del Campo, i fantini erano cavallai che andavano nelle ville dei capitani di Contrada per chiedere loro di montare al Palio. Oggi sono i capitani che vanno nelle ville dei fantini, pagandoli profumatamente per montarli o per non farli montare nella Contrada rivale.«Ho spinto gli altri fantini a diventare professionisti, oggi sono atleti pagati bene che si allenano seriamente. Io ho fatto tutto per me, per guadagnare più soldi, gli altri ne hanno beneficiato. Non mi piaceva nemmeno che rischiavamo di essere picchiati dai contradaioli, quando non si vinceva. Non ero d’accordo che le manate facessero parte del prezzo. Sono stato il primo sassolino che ha innescato la valanga che ha portato al nuovo Palio».Tra gli choc che ha inferto alla Festa c’è la sua scelta di montare nella Torre nel 1990, dopo 17 Palii corsi e 5 vittorie per l’Oca.«Non l’ho fatto per soldi, ma perché mi sentivo messo da parte, l’Oca non credeva più in me. Pensare che anni prima Artemio Franchi, che era capitano della Torre, mi offrì mezzo miliardo di lire per lasciare l’Oca. Ma io rifiutai».Non le è dispiaciuto vendere la tenuta delle Focaie, teatro di visite eccellenti, compresa quella dei due rapiti, Giuseppe Soffiantini e Silvia Melis, che sarebbero venuti a ringraziarla per aver contribuito al loro rilascio?«Era diventata troppo grande per me. L’ho venduta un anno fa a una signora texana, i tredici ettari le serviranno per far passeggiare i suoi cavalli. La visita di Soffiantini e Silvia Melis è legata al fatto che volevo chiedere loro scusa a nome dei sardi. Il resto è roba da romanzi, come la mia amicizia con Graziano Mesina da quando eravamo ragazzi».Pensa che il Palio di Siena non sia più di moda?«Il Palio di Siena è sempre di moda. Politici e star vengono lo stesso, anche se meno di prima. Però hanno messo troppe regole che hanno tolto fascino. Squalificano i fantini se cambiano di posto o se si scambiano nerbate. Fanno processi ai contradaioli se si danno qualche cazzotto. Il Palio è diventato famoso perché sembrava una corsa violenta. Io non sono per la violenza, ma nemmeno per farlo diventare una corsa regolare».Cosa farà nella sua nuova vita?«Farò il benestante. Oltre al museo, c’è un regista che vuole girare un film sulla mia storia. ("Andrea, come si chiama il regista?” grida al nipotino nell’altra stanza. “Carmine Elia, quello di Mare fuori” è la risposta). Non sono sicuro che il film venga bene, hanno scelto anche l’attore, ma le Contrade non vorrebbero dare i filmati sul mio ultimo Palio vinto nell’Aquila, con quelle nerbate che ci siamo dati con Deledda».È la prova che Aceto è più amato fuori da Siena?«Da quando ho smesso, molti più senesi mi vogliono bene. Io volevo essere protagonista, volevo diventare famoso grazie al Palio. E ci sono riuscito». —