La Stampa, 9 agosto 2025
Otto vittime al giorno sulle strade
Le strade italiane sono un campo di battaglia, e i numeri, come ferite aperte, parlano chiaro: 173.364 incidenti nel 2024, un aumento del 4,1% rispetto all’anno prima. I feriti, 233.853, seguono lo stesso passo drammatico. Le vittime, 3.030, sono un soffio in meno (-0,3%), ma è un miglioramento che sa di casualità, non di vittoria.Otto morti al giorno, come un orologio che scandisce una tragedia quotidiana. L’obiettivo dell’Agenda 2030 – dimezzare decessi e feriti gravi entro il 2030 rispetto al 2020 – è un miraggio: siamo a -6,8% sui morti, -8% sui feriti, -4,3% sugli incidenti. Numeri che ci inchiodano al 19° posto in Europa, con 51 morti per milione di abitanti contro una media Ue di 45.I nordici, come al solito, ci guardano dall’alto della loro disciplina, mentre noi arranchiamo, ostinati, in un caos che sembra quasi culturale. «Il codice della strada c’è – dice Giordano Biserni, presidente dell’Asaps, Associazione Amici Polizia Stradale -. Ma è carta straccia senza controllo. La Polizia Stradale, con 10 mila agenti invece di 13 mila, e la Municipale, con 49 mila invece di 60 mila, sono eserciti dimezzati. È come uno spaventapasseri – spiega Biserni – all’inizio fa paura, poi gli uccelli tornano». E tornano, eccome, sotto forma di automobilisti distratti, ubriachi, o semplicemente incoscienti.Le strade italiane, specie in città, sono un tritacarne per pedoni e ciclisti, come denuncia Luigi Altamura, rappresentante delle polizie municipali presso l’Anci, Associazione Nazionale Comuni Italiani: «Servono più agenti, un piano Marshall di assunzioni. Altrimenti, i segnali positivi – come il calo a due cifre degli incidenti nei grandi centri – resteranno un fuoco di paglia».Poi, c’è la Carta Europea della Sicurezza Stradale (Ersc), una piattaforma che riunisce oltre 3.500 enti pubblici e privati, un esercito di buone intenzioni che si scambiano idee, progetti, esperienze, per rendere le strade d’Europa meno assassine.È una di quelle iniziative che, a leggerne gli intenti, ti fanno venir voglia di applaudire: una comunità che si rimbocca le maniche, condivide buone pratiche, sensibilizza. E tutto questo per un obiettivo che, detto così, sembra quasi scontato: salvare vite. Eppure, a guardare i numeri, il sogno si scontra con una realtà, che sa di asfalto e lamiere. La Carta, va detto, ha i suoi meriti. Ha creato una rete che funziona come un grande laboratorio: dai progetti locali di sensibilizzazione nelle scuole alle campagne contro la guida in stato di ebbrezza, fino alle innovazioni tecnologiche per rendere i veicoli più sicuri. I membri dell’Ersc – associazioni, enti locali, aziende – si parlano, si ispirano, adattano idee a contesti diversi. È un modello di cooperazione che, in un’Europa spesso frammentata, ha il sapore di un piccolo miracolo burocratico.Eppure, il sogno della Carta si scontra con l’asfalto screpolato della realtà. Per le infrastrutture: attualmente ogni anno vengono spesi circa 4 miliardi di euro di potenziamenti e manutenzioni straordinarie e altri 3-4 miliardi di manutenzioni ordinarie. Ma ne servirebbero 50 l’anno. Siamo fermi: anche qui i numeri parlano chiaro e non serve aggiungere altro.Manca una regia nazionale, politiche vincolanti, sanzioni che pesino davvero. E manca, soprattutto, l’educazione. Non quella delle campagne spot, che durano lo spazio di un tweet, ma quella che insegna ai bambini che una strada non è un videogioco.Serve un cambio di marcia, non solo sulle strade, ma nella testa di chi le percorre e di chi le governa. Altrimenti, nell’ormai prossimo 2030, conteremo ancora i morti, con l’amaro in bocca di chi sa che poteva fare di più. E non l’ha fatto. —