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 2025  agosto 06 Mercoledì calendario

Non è un Paese per ciclisti

La fatica di spingere sui pedali è il secondo impegno per chi va in bicicletta. Il primo – lo segnalano numeri e statistiche – è restare vivo. L’Asaps, l’Associazione sostenitori e amici della polizia stradale, di ciclisti morti perché investiti da un’auto nel 2025 ne ha contati (già) 131. Rispetto allo stesso periodo dello scorso anno sono il 21,8% in più. In Italia sono il doppio rispetto ai Paesi europei. E da noi si va pure meno in bici.
Troppi, ma evidentemente non abbastanza per fare in modo che le cose cambino, una volta per tutte. Già, perché non si finisce mai di fare i conti con la violenza stradale e con il mancato rispetto del codice della circolazione. Se i numeri non bastassero a dare l’idea di quello che succede, vale la pena allora affidare il racconto alle storie delle vittime e al dolore di chi resta. Debora Rolando era una signora di 48 anni. Gestiva un bar a Preglia, in Piemonte: “Al vecchio mulino”, si chiama. Ieri era uscita in bicicletta. E pedalando si è trovata davanti un furgone che in fase di sorpasso ha invaso la carreggiata opposta e le si è parato dinanzi. Nessuno scampo. È stata investita ed è morta sull’asfalto della statale ossolana 659.
Domenica scorsa in Puglia faceva caldo come solo ad agosto può. Ma chi ama la bicicletta si allena anche sotto il sole cocente dei dintorni di Andria, nel Barese, e così Antonio Porro, 74 anni Vincenzo Mantovani, 50 anni e Sandro Abruzzese, 37, il più giovane erano usciti per fare una sgambata. Altro che sgambata: i tre amici sono stati travolti da un’auto. Secondo i testimoni il conducente della Lancia Delta (ora indagato) «viaggiava a forte velocità». Laddove sono stati lasciati i segni di frenata sulla carreggiata ora ci sono croci e fiori, in omaggio ai tre caduti della strada.
Nel confronto con l’Europa siamo perdenti. E di molto. Dall’ultimo rapporto (2024) della Partnership for Active Travel and Health (Path) l’Italia è il Paese europeo con il più alto tasso di mortalità tra chi si sposta in bicicletta. Con 5,1 decessi ogni 100 milioni di chilometri pedalati, da noi il rischio di morire in sella supera gli standard di sicurezza medi europei. Doppia quello della Francia, seconda con 2,9 decessi. Irlanda, Svizzera, Germania e Paesi Bassi registrano valori più bassi: 1,9, 1,6, 1,1 e appena 0,9. Un divario netto.
L’analisi, cambiando i parametri, la fa anche Luigi Menna, presidente nazionale Fiab-Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta. «In Italia i morti per incidenti nel 2024 sono stati più di 3mila, 204 sono le vittime in bici: il tasso di mortalità è del 6,3 per cento. Se facciamo il raffronto con città europee virtuose lo stacco è netto. Il tasso di mortalità (sul totale dei morti per incidenti stradali) è del 2 per cento a Vienna, Madrid, Berlino, Parigi – spiega – e si scende all’1 per cento a Oslo, Stoccolma e Berna». E in Italia? A Bologna le morti dei ciclisti investiti sono calate mentre la Lombardia è la prima regione per ciclisti investiti e uccisi (32) un sesto dei decessi. Seguono Emilia-Romagna con 22 vite spezzate sulle due ruote e il Veneto a quota 16.
Le soluzioni, dicevamo. Ci sono. Se allunghiamo lo sguardo oltre i nostri confini scopriamo che nell’ultimo anno Helsinki ha conquistato il primato di zero morti per incidenti. In assoluto. Qui, dal luglio 2024 non si registrano vittime della strada. «Lentezza non fa rima solo con sicurezza, ma anche con bellezza. Dalle città spagnole a quelle scandinave, passando per quelle olandesi e tedesche, sono sempre di più le esperienze internazionali di città che con coraggio hanno adottato approcci integrati di mobilità sostenibile e di giustizia socio-ambientale» sottolinea Giuseppe Milano, ingegnere edile, architetto e urbanista, segretario generale di Greenaccord Ets.
Sì perché l’assenza di infrastrutture sicure assume anche una valenza di giustizia sociale per le famiglie a basso reddito. Quando camminare e pedalare non è una scelta ma una necessità. «È anche una questione di salute pubblica», ricorda l’Oms. Il presidente Menna e l’urbanista Milano concordano: «Dove è stato potenziato il trasporto pubblico, dove sono aumentati i controlli sulla velocità (magari automatizzati con telecamere intelligenti) e l’architettura dello spazio pubblico è orientata al benessere del cittadino oltre ai benefici ambientali si contano anche meno morti». È la legge dei numeri. Se si guarda alle buone prassi europee, ecco alcuni esempi (non esaustivi). A Siviglia e in Olanda “le superstrade per bici” sono separate dal traffico automobilistico. A Copenaghen, la lunga Cycle Superhighway collega i sobborghi al centro. Hovenring di Eindhoven nei Paesi Bassi è un ponte sospeso riservato alle bici pensato per evitare incroci pericolosi. Il tunnel (climatizzato) di Fyllingsdal, a Bergen, è il più lungo ciclabile del mondo (3 km). Amsterdam è tra le città più conosciute a misura di bici. E Zurigo? Ha inaugurato da due mesi lo Stadttunnel: qui in bici si va sottoterra. —