La Stampa, 9 agosto 2025
Trump ha messo i dazi all’oro
«Non è tutto oro ciò che luccica», recita il proverbio. «Non tutto l’oro luccica», è ora il caso di dire. Il corollario è figlio dei tempi, o meglio della nuova era dazista inaugurata da Donald Trump, che nella sua guerra commerciale non risparmia neppure il “bene rifugio” per antonomasia. L’ultima manovra della Casa Bianca in materia di scambi prevede infatti dazi sulle importazioni di lingotti d’oro da un chilo, una mossa che rischia di creare turbolenze nel mercato globale del metallo prezioso e infliggere un nuovo colpo alla Svizzera, il più grande polo di raffinazione al mondo. Mentre Trump esulta: «I dazi stanno avendo un enorme impatto positivo sul mercato azionario. Quasi ogni giorno vengono stabiliti nuovi record e centinaia di miliardi di dollari si riversano nelle nostre casse».L’agenzia delle Dogane e della Protezione delle Frontiere (Cbp) ha deciso che i lingotti d’oro da un chilo e da 100 once (l’oncia equivale a 28,3495 grammi) devono essere classificati nell’ambito di un codice doganale soggetto a dazi, secondo un provvedimento che risale al 31 luglio. Sino a quella data erano esenti da ogni sorta di barriera commerciale. La decisione della Cbp è in netto contrasto con le precedenti aspettative del settore e con quanto annunciato dallo stesso 47esimo presidente degli Stati Uniti il giorno dell’insediamento alla Casa Bianca, quando aveva parlato di «inizio di una nuova età dell’oro». Evidentemente il proclama aveva valenza esclusivamente per i lingotti già presenti nei forzieri a stelle e strisce.Sulla scia dell’annuncio i future sull’oro statunitense di dicembre sono saliti ieri dell’1,2% a circa 3.400 dollari l’oncia, dopo aver toccato il record di 3.534,10 dollari all’inizio della sessione. «Il panico che si sta diffondendo sul metallo giallo dimostra che anche i beni rifugio non sono immuni alla volatilità scatenata dall’era dei dazi», spiega Susannah Streeter, esperta di Hargreaves Lansdown. «Se si darà seguito alla tendenza e non si interverrà – prosegue – ciò potrebbe minacciare il predominio di New York sul mercato dei future sull’oro, dato che i prezzi sono aumentati notevolmente rispetto ad altre piazze di scambio». Lo spread tra i future americani del bene rifugio e i prezzi spot si è ora ampliato a 100 dollari.Le relazioni tra Washington e Berna si sono deteriorate dopo che la scorsa settimana Trump ha annunciato dazi del 39% sull’import dal Paese. L’oro è una delle principali esportazioni della Svizzera verso gli Usa. L’export elvetico è stato pari a 61,5 miliardi di dollari nei 12 mesi terminati a giugno. Lo stesso volume sarebbe adesso soggetto a ulteriori 24 miliardi di dollari di dazi doganali in base all’aliquota tariffaria entrata in vigore giovedì. La decisione infligge «un altro colpo» al commercio di oro svizzero con gli States, afferma Christoph Wild, presidente dell’Associazione elvetica dei produttori e commercianti di metalli preziosi.Il flusso globale di lingotti d’oro è normalmente triangolare: quelli di grandi dimensioni viaggiano tra Londra e New York, passando per la Svizzera, dove vengono rifusi in diverse dimensioni. I due mercati utilizzano lingotti di dimensioni diverse: Londra da 400 once, che ha all’incirca le dimensioni di un mattone, mentre a New York è preferito quello da un chilo, più o meno delle dimensioni di uno smartphone. Quest’anno il prezzo dei lingotti ha registrato un rally storico, con un aumento del 27% dalla fine del 2024. I timori per l’inflazione, le preoccupazioni per i livelli del debito pubblico e il declino del dollaro come valuta di riserva hanno contribuito all’impennata dell’oro, saldo nel suo ruolo di bene rifugio. Almeno sino a qualche giorno fa. —