La Stampa, 9 agosto 2025
I 60 anni di Singapore
Compiere gli anni oggi e festeggiare da più di un mese è molto Singapore: dove tutto è un eccesso controllato, compreso il tema per i 60 anni di indipendenza «Majulah Singapura» che sta per oltre quello che c’è. E la città stato del Sud Est asiatico non fa che trasformarsi senza mai andare troppo lontano dai suoi complicatissimi principi.Un patto tra chi comanda, con l’autoritarismo dolce, e chi lo accetta in nome del benessere ed è uno splendido equilibrio che accarezza l’inquietudine. È un pacchetto completo, Pil in costante crescita pure in tempo di recessione globale e telecamere in ogni angolo, tasse sulle auto private, divieti di varia natura, dal fumo in strada, se non in aree designate, al proibizionismo sulla gomma da masticare, altamente inquinante. Fino a 1.000 dollari di multa, 2.000 per i recidivi. Guidare è un vero lusso, costa la patente e il rinnovo annuale di circolazione. Vogliono favorire i mezzi pubblici e le bici elettriche, i taxi a basso costo. Il resto corrompe l’aria e occupa spazio che lì non c’è perché in meno di 60 km si passa da est a ovest. Undici auto ogni 100 persone, con licenze che a marzo sono aumentate del 18 per cento e toccano gli 84.000 dollari. In un Paese che non ha stabilito un salario minimo e solo dal 2026 metterà una cifra di ingresso per la manodopera nei cantieri, in gran parte immigrati da India e Bangladesh per un totale di 1,17 milioni di stranieri. Le contraddizioni sono violente, eppure non vengono quasi mai a galla, è tutto un compromesso tra il migliore dei mondi possibili, la baia futuribile, l’età media che si allunga di continuo, la soglia di povertà che è talmente minima da non essere registrata e quel che serve per mantenere la struttura così come è. Come è diventata.L’indipendenza non è stata uno strappo, giusto a maggio hanno inaugurato l’ultima statua del padre della patria, quella coloniale. Ennesimo monumento al britannico Sir Thomas Stamford Raffles che dà il nome al famosissimo hotel, orgoglio di una Nazione. Non sta lì come il Continental di Saigon, in Vietnam, a testimoniare un pezzo di storia con tutto il carico di questioni irrisolte e giorni dolorosi e serate danzanti e turismo decadente. Vive di attualissimo glamour e di centralità contemporanea, di cocktail nella Singapore che se ne fa un vanto e appoggia stelle Michelin sopra lo street food, tra i quartieri che si spartiscono equamente la multiculturalità. Le strade arabe con i loro murales, Little India, Chinatown e in ognuno di questi incroci ci sono i luoghi di culto, i centri che raccontano l’eredità delle specifiche tradizioni, il cibo, l’accento.La pluralità è un’esigenza per una popolazione fatta di strati e la parola minoranza è un insulto. Pure i migranti, ancora ammassati nei dormitori ai confini della città, con garanzie precarie, sono celebrati ed esposti alla National Gallery con lavori che li ringraziano per i rischi portati sulle spalle. È difficile grattare sotto l’esteso consenso, quasi impossibile. Ogni increspatura viene lasciata viaggiare senza oppressione manifesta e anche abbandonata a spegnersi, solitaria. Sommersa da quell’agio collettivo che un po’ ubriaca ma di certo rinfranca. I simboli del passato non si tirano giù, anzi, si rinnovano e l’ulteriore omaggio a Raffles, uomo di altri secoli, lontano dalla sensibilità quotidiana è difeso dalle poche voci contrarie. Ricordato come finanziatore di raffinati botanici capaci di rendere Singapore un enorme giardino di unicità. Il verde dentro il futuro, ben prima del bosco verticale di Milano, metropoli che più volte ha provato a ispirarsi a queste latitudini. Forse nel tentativo di strappare il record della piscina più alta al mondo. Cullati dall’acqua a 340 metri di altezza, la vertigine dell’avanguardia.Singapore è smart city, hub finanziario, passaporto forte, diplomazia fluida che Giorgia Meloni frequenterà nella visita di settembre. È il punto nevralgico per quella nanotecnologia indispensabile alla crescita mondiale. Per funzionare, il sistema ha bisogno di stabilità per cui si è consegnato a un singolo partito, il People Action che ha 87 dei 97 seggi disponibili in parlamento. A ogni piccola flessione di popolarità succede qualcosa che compatta la stragrande maggioranza. Prima il Covid e, a maggio, nelle ultime elezioni, l’incubo dei tassi di Trump. La politica, a lungo in mano a una singola famiglia, non ha traballato neanche in nome degli scandali, della faida che ha fratturato gli eredi del «grande visionario», nomignolo riservato a Lee Kuan Yew, il fondatore che ha pianto 60 anni fa. E non di felicità. Lui credeva che fosse più facile prosperare insieme con la Malesia, «uniti dalla geografia». Singapore non ha risorse naturali, però oggi è la scena di «Crazy & Rich Asians», prima libro e poi film che ha intrigato l’Occidente ed esaltato l’Oriente. Si parla di famiglie multimilionarie, di set incredibili, di sfoggio, di una certa, autoironia nata con i ventenni. E ancora il Raffles Hotel e altri centrotavola dorati e fiori e piante in ogni sala da pranzo dotata di terrazza affacciata sull’avvenire.Chi non ha accesso all’abbondanza, forse non la sogna nemmeno. Semplicemente, si guarda in giro e non riesce a immaginare un altro luogo dove ci sia lavoro e un grado di istruzione accessibile e una sanità che, pur su un numero di persone gestibile, è pubblica. O meglio a punti: se non sgarri, segui gli studi giusti, nei percorsi designati, inizi a lavorare all’età in cui è richiesto sei tutelato, se ne esci non vieni calcolato.Benvenuti a Singapore dove tocchi l’efficienza all’immediato contatto e sale anche il sapore dell’indifferenza. C’è tutto quel che serve per vivere bene, bisogna solo abituarsi a sorridere molto e arrendersi a non piratare le partite di Premier League, spettacolo ultra seguito e reato gravissimo. Per i 60 anni di crescita costante, nascono dei vitali party alternativi, «Happy Goth Birthday». Il gotico non è tanto lo stile quanto l’idea di una subcultura opposta al rischio Truman Show, anche se qui è tutto vero. Compreso l’allegro trenino del dissenso freak, per ora chiuso in cantina. —