La Stampa, 10 agosto 2025
I supercafoni vanno in vacanza in montagna
C’era una volta la montagna da cartolina alla Heidi, cielo terso, boschi silenziosi, interrotti solo dal suono dei campanacci delle mandrie al pascolo. Un luogo rispettoso ed educato, dove persino il semplice scambio di saluti tra escursionisti è parte del galateo. Un punto di riferimento per chi cercava di sfuggire al caos rovente delle spiagge estive.Oggi, anche questo angolo di quiete è assediato da visitatori impreparati, spesso irrispettosi, che ignorano le regole non scritte della montagna. La cronaca racconta sempre più spesso episodi che vanno dalla cafonaggine al danneggiamento, fino alla vera e propria aggressione.I rifugi offrono un buon livello di ospitalità: ci sono il gestore, la cucina, il servizio al tavolo, piccole grandi comodità che in tempi recenti hanno reso la vacanza in quota un’esperienza meno fachiresca. Un’operazione che ha migliorato i conti del turismo alpino, ma ha anche aperto le porte a vacanzieri impreparati e ignari del bon ton oltre i 2000 metri d’altitudine. Un caso degli ultimi giorni ci porta al rifugio Franco Cavazza al Pisciadù, nel territorio comunale di Corvara in val Badia, a quota 2.585 metri. Una coppia di turisti irlandesi lascia la struttura al mattino per tornare a valle, ma sbaglia sentiero. Dopo ripetuti tentativi, torna al punto di partenza. Lui, fuori di sé, distrugge la porta, insulta il gestore e se la prende con il cameriere che gli avrebbe fornito indicazioni sbagliate. Racconta Renato Costa, gestore da 45 anni: «Le persone quest’anno non hanno pazienza. Forse non sanno dove vanno: vedono le foto sui social e pensano che sia tutto facilmente accessibile. Ma qui siamo in montagna. Non si arriva in macchina, si sale a piedi».Prendiamo poi i bivacchi, strutture incustodite a uso degli alpinisti per riparo e pernottamento. A costo zero, senza custodi né altro personale, tranne i volontari che li riassettano a fine stagione, incarnano lo spirito più autentico della montagna, basato su solidarietà, collaborazione e mutua assistenza. Il Davide Salvadori, nelle Alpi Orobie nord-orientali, è stato bersaglio di ripetuti casi di vandalismo. La sottosezione del Cai di Monticolo, proprietaria della struttura, ha denunciato ripetuti episodi spiacevoli: «Più volte sono state rubate attrezzature e un tavolo di servizio è stato addirittura fatto a pezzi e bruciato – denuncia il Club alpino -. I bivacchi sono di tutti, ma vanno rispettati».La risposta ai vandali è radicale: realizzare strutture prive di ogni confort e senza wifi. “Rieducative” le definiscono i gestori dell’"Aldo e Miranda Vaccari”, meno di 15 metri quadrati a Cuna del Cridola. Un inno all’essenzialità contro una maleducazione che prende quota, in senso letterale. Per difendersi dalla massa, i proprietari evitano di reclamizzare le strutture più attraenti. Preferiscono il passaparola al pieno di clic degli influencer.Overtourism è una delle parole dell’estate. Indica un’accoglienza che supera il tutto esaurito e invade spazi fragili. Come il Seceda, Alto Adige, ai piedi del gruppo delle Odle, dove si sale in un serpentone di gente tra prati, creste e selfie. «Un affollamento mai visto prima», si impressionano gli abitanti. Il fenomeno è stato filtrato dall’iniziativa di un contadino: l’installazione di un tornello, cinque euro per percorrere un sentiero.Reinhold Messner accusa: «Le montagne sono assediate da turisti ignoranti e dal clima surriscaldato. L’overtourism porta aggressività e rumore in quota. C’è meno rispetto della montagna e un problema sono i cellulari». Secondo il re degli Ottomila ci sono poche regole applicabili in fretta: «Per prima cosa bisogna imporre ai turisti di non venire in macchina, poi stop alle moto sui passi e basta agli escursionisti sui sentieri che non sono in grado di affrontare, dove ora con le frane corrono anche rischi maggiori. Bisogna educare al turismo sostenibile». Di accessibilità parla Hervé Barmasse, tra i più importanti alpinisti italiani: «Non c’è cultura della fatica». E neanche cultura di base: secondo CleanAlp, il progetto del torinese European research institute, in montagna, si trovano 420 grammi di rifiuti ogni chilometro di sentieri.Altre volte agli escursionisti manca l’istinto di conservazione. Due alpinisti francesi di 25 anni sono stati salvati dall’elisoccorso sulla Marmolada. Non riuscivano ad affrontare la ferrata, non avevano casco e imbrago, si erano dimenticati (assieme al cervello) i ramponi per superare un tratto ghiacciato. Sono vivi per miracolo. Il presidente del Soccorso alpino nazionale, Maurizio Dell’Antonio, ha contato 83 vittime in un mese tra giugno e luglio, quasi tre al giorno. «Non ho memoria di un’estate simile – dice – siamo oltre ogni limite». Le persone soccorse l’anno scorso erano state 11.789, per un terzo erano impreparate.Meno turismo, meno promozione, meno affollamento. Gli addetti ai lavori cominciano a chiedere una decrescita felice e disintossicante. Da un punto di vista commerciale, Dolomiti Unesco è un brand straordinario, ma ha fatto danni. «Rinunciamo a quel riconoscimento e torniamo a produrre e offrire servizi di qualità – propone Osvaldo Finazzer, albergatore e presidente del Comitato per la salvaguardia dei passi dolomitici -. L’immagine cartolina sponsorizzata dall’Unesco non può convivere con il turismo di qualità». Servono silenzio, meditazione, lentezza: gli ingredienti della montagna. —