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 2025  agosto 11 Lunedì calendario

I costi del fuorisede


Rette, affitti, carrello della spesa, utenze domestiche. Per gli universitari, si profila un anno accademico di rincari. E, come se non bastasse, la «boccata d’ossigeno» dei nuovi posti letto promessa dal Pnrr è lenta ad arrivare. Quanto costa fare l’università oggi?Un rapporto sul «Caro studi universitario» realizzato nel 2023 da Isscon-Federconsumatori e Udu, calcolava la spesa media annua di alloggio per un fuori sede in 5.220 euro pari a 435 euro al mese, fra affitto e bollette (circa 80 euro al mese). Ma, negli ultimi due anni, il costo è lievitato: basti pensare che per una stanza singola si devono sborsare, in media, 630 euro mensili a Milano, 600 a Roma, 500 a Bologna e Firenze. Anche Venezia e Napoli sono sopra la media nazionale. Meno cara, invece, Torino (433 euro al mese), ma qui si registra la crescita più alta nell’ultimo anno (+31%). E il trend futuro non fa ben sperare: secondo Immobiliare.it Insight, nei prossimi dodici mesi, il canone degli affitti per gli appartamenti sul mercato libero salirà ancora (in media, a 15,5 euro al metro quadro, l’8,4% in più di giugno).«Abbiamo fatto quell’indagine in seguito alla “protesta” degli studenti che dormivano nelle tende in università», spiega Michele Carrus, presidente di Federconsumatori. «Ma, da allora, abbiamo registrato aumenti della spesa a carico dei fuori sede, nell’ordine del 25-30% e incide pesantemente anche l’erosione del potere d’acquisto delle famiglie». In Italia, gli iscritti all’università sfiorano i due milioni. Ma quasi la metà è fuori sede, fra arrivi da altre regioni e «pendolari» intra-regione. L’Unione degli universitari denuncia che dei 60 mila nuovi posti letto previsti dal Pnnr entro giugno 2026 ne risultano realizzati solo 11.623 (dato di marzo 2025). E le attuali residenze universitarie – 46.193 posti che diventano 85 mila con l’offerta privata – sono, comunque, ampiamente insufficienti a coprire le esigenze degli oltre 896 mila non residenti. Nonostante l’accorato appello durante un question time alla Camera della ministra dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini, poi, la risposta al bando studentati del Pnnr da parte del settore pubblico (atenei, Comuni, Regioni) è stata veramente debole.A conti fatti, si stima che entro il 2027 i posti letto totali supereranno le 100 mila unità: si tratta, pur sempre, di un tasso di copertura di appena il 15%. Quanto alle strutture di student housing gestite da operatori specializzati, benché moderne e dotate di ampi servizi, non sono proprio alla portata di tutte le tasche.Un’alternativa per spendere meno è frequentare buone università di città più piccole come Pavia, Novara, Siena, Pisa, Lucca, Parma, Urbino. Oppure indirizzarsi verso una sede distaccata. Diversi atenei, infatti, hanno aperto facoltà in provincia o nella cintura satellite dei grandi centri urbani. È il caso di Lodi, Sesto San Giovanni e il polo di Edolo per la Statale di Milano oppure di Alba, Aosta, Asti, Biella, Cuneo e Ivrea per l’università di Torino. E ancora, di Forlì-Cesena, Imola e Ravenna per l’Alma Mater di Bologna, di Prato e Sesto Fiorentino per l’università di Firenze o di Latina e Rieti per La Sapienza di Roma. Il vantaggio è avere una laurea con un «bollino di qualità» ma a un costo della vita decisamente inferiore. Quanto? Solo per l’alloggio, stima un rapporto di Fiaip-SoloAffitti, dal 25 al 40% in meno. È il caso, per esempio, di San Mauro Torinese dove una camera costa il 40% in meno di una singola a Torino città. «Il canone d’affitto si abbatte drasticamente e diventa abbordabile anche un appartamento da condividere con altri studenti» spiega Gian Battista Baccarini, presidente di Fiaip. «Il consiglio, dunque, è di verificare quali corsi di laurea sono disponibili altrove, partendo dalle città meglio collegate con i grandi centri».Secondo la federazione italiana degli agenti immobiliari, però, l’Italia ha circa 6 milioni di case “sfitte” disponibili. In vista della prossima manovra finanziaria, le proposte per l’emergenza abitativa sono due: «C’è un evidente disagio e una disparità per il diritto allo studio» prosegue Baccarini. «Si può pensare a un’esenzione temporanea di Imu seconda casa per il proprietario che affitta a studenti e un aumento della detrazione fiscale – dall’attuale 19% al 30% – a beneficio della famiglia dell’universitario, così da portare in dote 150 euro al mese per l’affitto».A pesare sul budget di un universitario, ci sono anche gli aumenti scattati sulle bollette nel 2025 (in particolare, di luce e gas) e, in assenza di un forfait mensile per le spese, il fuori sede deve vedersela spesso con case «non green» dai consumi elevati e con la maggiorazione per «uso domestico non residente». Senza contare la spesa alimentare più marcata per un single: Coldiretti la quantifica ad almeno 337 euro al mese rispetto ai 220 a componente di una famiglia. E sul «carrello» si abbatte ora la fiammata di prezzi di giugno-luglio.Venendo alle rette accademiche, in costante aumento nell’ultimo decennio, l’Osservatorio nazionale Federconsumatori-Fondazione Isscon, ha calcolato che la più cara d’Italia nel 2025 è la Statale di Milano: per la fascia di reddito più alta, ovvero senza alcuna agevolazione, l’importo medio per un anno di iscrizione è di 3.808,56 euro (3.360,00 per le facoltà umanistiche e 4.257,12 per i corsi di laurea dell’area scientifica). Più in generale, studiare in un ateneo del Nord costa, in media, quasi il 15% in più rispetto al Centro e addirittura il 28% in più del Sud.Resta il fatto che, stando ai dati Istat, i giovani under 35 anni laureati in Italia sono il 26,8% contro una media europea al 41,6%. «Spendiamo più per gli interessi del nostro debito che per l’istruzione», lamenta ancora Carrus di Federconsumatori. «Mentre i tassi di sviluppo economico e sociale, così come la produttività complessiva, sono strettamente legati alla formazione: non mettere questo investimento come priorità dell’agenda politica è decisamente antieconomico per il nostro sistema-Paese». —