La Stampa, 13 agosto 2025
Il Cantiere della manovra
La denatalità influenza il lavoro, la previdenza e i conti pubblici. La prossima manovra non potrà non tenerne conto, anche perché il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ne ha spesso parlato come di una vera sfida per la politica e per la finanza pubblica. In questi tre anni il governo di Giorgia Meloni ha ritoccato le detrazioni, messo in campo il bonus nuove nascite, ha potenziato i congedi parentali e applicato una decontribuzione per le lavoratrici madri con due e tre figli. Piccoli interventi che non sono stati in grado di provocare un’inversione di tendenza. Nel 2024 si è toccato il minimo storico di 370 mila nuovi nati. Se è vero che per incidere sul declino demografico è necessario avere una visione a medio lungo termine, è anche vero che le risorse stanziate finora sono poche.Il cantiere della legge di bilancio si è aperto la scorsa settimana, con Giorgetti che ha iniziato a incontrare diversi ministri, ma il discorso verrà affrontato concretamente a settembre quando sarà più chiaro il quadro macroeconomico. Si inizia però già a parlare di un intervento per rafforzare le agevolazioni delle mamme lavoratrici. Attualmente, ma è in scadenza a dicembre, è in vigore un bonus di 40 euro per ogni mese lavorato (fino a 480 euro erogati in unica soluzione) per le madri con due figli e con un reddito inferiore ai 40 mila euro l’anno. La decontribuzione per le madri con tre o più figli, invece, scade il 31 dicembre 2026 e garantisce fino a tremila euro annui di esonero dai contributi. L’idea a cui stanno lavorando da tempo i tecnici dei ministeri è quella di incrementare le detrazioni in base ai figli presenti nel nucleo, e farle valere per tutte le madri lavoratrici a partire dal primo figlio.La questione fiscale tiene banco da mesi all’interno del centrodestra nel derby tra taglio dell’Irpef e rottamazione, ora arrivano i primi dettagli su come costruire in modo sostenibile la rateizzazione lunga delle cartelle. La commissione Finanze del Senato ha fissato il termine per la presentazione degli emendamenti al rientro dalla pausa estiva: l’obiettivo è chiudere il testo a settembre così da inserirlo in manovra.La quinta rottamazione in 120 rate, senza sanzioni né interessi, da quel che emerge, non sarà «per tutti gli italiani», ma potrebbe concentrarsi su una fascia di reddito che va tra i 30 mila e i 70 mila euro. Esclusi i redditi alti, perché evidentemente si ha a che fare con contribuenti che non pagano perché non vogliono, e non perché non ce la fanno. Fuori dal perimetro anche coloro che hanno aderito alle precedenti rottamazioni e poi non hanno saldato le rate. Dovrebbero rimanere fuori anche i debiti di modesta entità con l’Agenzia delle entrate.C’è poi un’altra questione che ha anticipato Matteo Salvini e che tornerà d’attualità in autunno: la revisione dell’Isee. Il leader della Lega ha definito l’indicatore della situazione economica «di stampo socialista». L’ipotesi su cui si ragiona è quella di allargare le maglie dell’Isee sul possesso della casa. Già oggi la prima abitazione ha un’incidenza minima sulla situazione economica equivalente, soprattutto in presenza di un mutuo. Tuttavia, se la casa ha una rendita catastale medio alta e il mutuo è stato estinto le cose cambiano: una famiglia con un reddito medio rischia infatti di essere penalizzata nell’accesso di alcuni bonus perché potrebbe facilmente attestarsi intorno ai 30 mila euro di Isee.Infine, le banche. Giorgetti tace ma l’insistenza con cui Salvini continua a parlarne inizia a essere sospetta. Aleggia una sorta di contributo volontario da applicare alle banche che hanno fatto utili, con l’obiettivo di utilizzare il gettito in manovra. Sarebbe il terzo tentativo del centrodestra. La prima volta la tassa sugli extraprofitti produsse zero gettito perché si consentì agli istituti l’escamotage del rafforzamento patrimoniale. La seconda volta il contributo diventò un differimento di deduzioni fiscali. Ora vedremo come evolverà la terza minaccia di tassare le banche. —