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 2025  agosto 04 Lunedì calendario

Il ticket di Venezia non funziona

Domenica 27 luglio era l’ultimo giorno per il 2025 in cui era richiesto, ad alcune categorie di persone, un contributo economico per poter accedere al centro storico di Venezia. Il cinquantaquattresimo giorno, dopo che erano stati 29 nel primo anno di sperimentazione, il 2024. Poche pagine dei giornali, quest’anno, poco dibattito, e, fin troppo ovvio, la prospettiva di avere un terzo anno di “contributo d’accesso” nel 2026.
Una prospettiva che fino a due anni fa sembrava utopica – o distopica, dipende dai punti di vista –, osteggiata, discussa a livello locale e internazionale, è entrata nel campo del normale. Mentre il presidente dell’associazione di piazza San Marco, provocatoriamente, suggerisce ai giornali di chiedere un ticket di 100 euro, per fermare il turismo giornaliero, e l’amministrazione Brugnaro, che con indubbio coraggio ha inventato e portato avanti una misura unica al mondo, esulta perché tutto è filato liscio. Ci sveglieremo tutti, tra dieci o vent’anni, in centri storici con biglietterie e ticket d’ingresso? Ecco cosa dicono i dati.
Premessa necessaria per chi non conosce la laguna. Venezia, nonostante un calo demografico continuo, non è una città vuota, ha (ancora) un centro storico che pullula di persone, circa 80 mila tra residenti permanenti e temporanei, studenti che lì vivono, altre decine di migliaia che ogni giorno arrivano per lavorare o studiare. Ci sono uffici pubblici, ospedali, carceri. A queste si aggiungono nei picchi oltre 100 mila turisti al giorno, di cui solo una piccola parte (circa 30 mila) dorme nel centro storico. Insomma, imporre un contributo d’accesso non era facile, dato che esistono motivazioni infinite per attraversarla, come non lo sarebbe in tanti altri centri storici italiani.
Per questo il “contributo d’accesso” sperimentale (immaginato dal sindaco per la prima volta nel 2018) nella pratica è un ticket che devono pagare solo i turisti giornalieri che non dormono all’interno del Comune di Venezia (terraferma compresa) e non hanno amici o parenti in città: 38 le categorie di esenzione previste, per impegni lavorativi, funerali, tifo sportivo e altro. Non pagare è sempre stato piuttosto semplice, sia perché, per evitare tensioni, i controlli – posizionati nei punti d’accesso principali, intorno alla stazione, ma ce ne sono tanti altri – non sono stati aggressivi, sia perché è arduo per i controllori dimostrare che si dichiara il falso, sia perché i veneziani che rifiutavano la misura hanno iniziato presto a distribuire accessi gratis ad amici e conoscenti (il regolamento lo permette, e definire chi sia “conoscente” e chi no è impossibile, anche per motivi di privacy). E così il principale dato che emerge da questi due anni di sperimentazione è che decine di migliaia di turisti, ogni giorno, sono disposti a pagare, senza alcuna resistenza (soprattutto gli stranieri). Fino a 24.951 in un giorno nel 2025. Numero sorprendente dato che i pernottamenti quest’anno sono in netto calo rispetto al 2024, che era stato un anno record: -7,6% fino a maggio, cioè oltre 400 mila notti in meno.
L’anno scorso il ticket era di 5 euro, quest’anno era stato alzato a 10 per chi non prenotava con almeno tre giorni d’anticipo: l’idea era che alzare il prezzo avrebbe disincentivato la visita e aumentato le prenotazioni. La seconda cosa è accaduta, quest’anno il 51% dei paganti ha prenotato pur di pagare 5 euro, la prima no: il numero di paganti giornalieri è stato in linea con il 2024, circa 15 mila al giorno nei weekend (il picco nei sabati e a maggio). Un numero che esclude i veneti – non devono pagare né richiedere l’esenzione -, cioè il gruppo di turisti giornalieri più numeroso, e tutti i turisti che dormono nella terraferma veneziana, dove si trovano circa 30mila posti letto. Quest’anno il Comune, con le nuove tariffe, ha incassato 5,4 milioni di euro in 54 giornate, a cui vanno sottratti i costi di gestione e per il personale, poco meno di 3 milioni.
L’imposta di soggiorno vale 10 volte di più, ma il fatto che il rincaro non paia intaccare i flussi, può trasformare il ticket in un incasso certo. “I risultati registrati ci confermano la bontà della scelta fatta dall’amministrazione – ha detto l’assessore al Bilancio Michele Zuin – Il sistema ha funzionato anche in questo secondo anno di sperimentazione. Il meccanismo della prenotazione anticipata ha incentivato comportamenti responsabili e consapevoli”. Per Zuin il sistema ha anche permesso di regolare i flussi, ma per ora non c’è nulla che lo possa dimostrare. I dati sono stati distribuiti dal Comune con il contagocce quest’anno: solo riguardanti i paganti, per i non paganti solo cumulativi (poco significativi, dato che i residenti in Veneto e gli studenti non dovevano registrarsi). Così è arduo capire come e se i comportamenti dei turisti siano cambiati con il ticket. Uno studio commissionato al Ciset (Centro Internazionale di Studi sull’Economia Turistica) nel 2024 non è mai stato pubblicato.
Il ticket
“non funziona, è diventato una misura per fare cassa, come si era sempre detto che non avrebbe dovuto essere”, nota il capogruppo del Partito democratico in Consiglio comunale Giuseppe Saccà, che da tempo lamenta come il fatto che i dati non vengano confrontati con quelli raccolti dalla smart control room (la cabina di regia collegata a telecamere e rilevatori attivata nel 2022 con fondi Ue, in grado, altro caso unico al mondo, di contare gli accessi e i movimenti) rende difficile fare valutazioni complete sugli stessi. L’opposizione, se andasse al governo, promette di toglierlo, ma dopo due anni di sperimentazione le valutazioni divergono: c’è chi non disdegna la possibilità di rendere “prenotabile” la città e ci sono 3 milioni di incassi certi di cui si dovrebbe fare a meno. Fare come nulla fosse successo sarà pressoché impossibile, per chiunque. Eppure l’“overtourism”, quel turismo percepito che stressa chi in città vive e lavora, è ancora lì, nessuno ha trovato la soluzione. Ma una biglietteria davanti alla stazione e varchi d’accesso per poter entrare in un centro urbano sono diventati possibili, anzi, forse normali.