Avvenire, 7 agosto 2025
Le aziende tecnologiche hanno licenziato 138.978 persone in 4 mesi
Dalle parti della Silicon Valley la sostituzione di lavoratori umani con agenti di intelligenza artificiale procede a ritmi poderosi. Gli analisti di RationalFx, società di trading americana, hanno messo insieme i numeri sui tagli di personale decisi nei primi sette mesi di quest’anno dai maggiori gruppi tecnologici del mondo. Il risultato è impressionante: gli esuberi complessivi tra gennaio e maggio sono quasi 140mila (precisamente 138.978) e di questo passo è facile prevedere che il 2025 si chiuderà con oltre 240mila uscite. Non sono tutti posti di lavoro spazzati via dalla rivoluzione dell’intelligenza artificiale, ma in molti casi è stato l’uso dell’IA da parte delle aziende a fare emergere la possibilità di questi risparmi sui costi del personale.
I tagli riguardano soprattutto aziende e posti di lavoro americani: sono 96mila i licenziamenti annunciati da gennaio solo nel territorio statunitense (circa il 70% del totale). Di questi 33.900 sono di una sola azienda, Intel, il produttore di chip un tempo leader quasi incontrastato negli ultimi anni messo in crisi dalla concorrenza di Nvidia. Chiusa la prima parte dell’anno con perdite cumulate nell’ordine dei 3,7 miliardi di dollari, la società di Santa Clara vuole ridurre il numero di dipendenti dagli attuali 108.900 a 75mila entro la fine dell’anno. Ad aggravare la crisi di Intel lo scontro in corso con Donald Trump. Li-Bu Tan, il manager americano di origine malese scelto a marzo come nuovo amministratore delegato per risollevare le sorti dell’azienda, viene dal mondo dei fondi di investimento. È emerso che ha investito almeno 200 milioni di dollari in aziende cinesi negli ultimi dieci anni, mentre Cadence, la società che guidava, ha patteggiato una multa da 140 milioni di dollari per avere violato le regole vendendo i suoi prodotti a un’università militare cinese. «Il ceo di Intel è fortemente in conflitto di interesse e deve dimettersi immediatamente. Non c’è altra soluzione a questo problema» ha scritto Trump su Truth, lasciando poco spazio a soluzioni alternative. Non necessariamente però i tagli si legano a situazioni di crisi. La seconda azienda tecnologica ad avere annunciato più esuberi (oltre 19mila) è Microsoft che pure ha chiuso il primo trimestre con 25,8 miliardi di dollari di utili (+18%). Il gruppo alleato di OpenAI procede comunque con un drastico taglio dei costi che inizia proprio da quelli per il personale. Hanno annunciato tagli per più di 3mila persone anche Amazon e Meta, i cui conti non sono certo da azienda in crisi.
Gli esuberi del settore tecnologico non sono comunque solo americani. Il secondo Paese con più tagli è l’india, dove la società di consulenza Tata Consultancy Service (Tsc), il più grande gruppo di Ict del Paese, manderà via 12mila persone, vittime soprattutto dello sviluppo dell’IA. Il terzo Paese con più licenziamenti è il Giappone, dove pesano le difficoltà di Panasonic, da tempo in crisi. Il quarto, a sorpresa, è la Svizzera: qui è l’effetto StMicroelectronics. Il produttore di chip italo-francese con sede a Ginevra ha fatto un piano di esodo incentivato per 5mila persone in tre anni. Tagli che lo studio di RationalFx attribuisce al territorio svizzero, ma che in realtà coinvolgeranno molto l’Italia, dove Stm impiega 12.700 persone: la trattativa è in corso, ma è probabile che mille esuberi riguarderanno lo stabilimento di Agrate Brianza.
Per gli analisti di RationalFx non è affatto scontato che queste uscite saranno compensate da ingressi di nuovi professionisti, come spesso è accaduto nel settore tecnologico: «I responsabili delle assunzioni stanno ponendo sempre più enfasi sullo sviluppo dell’intelligenza artificiale come competenza fondamentale nella valutazione dei candidati – scrivono nello studio –. Storicamente, quando i posti di lavoro erano a rischio, le aziende si sono spesso rivolte alla riqualificazione della forza lavoro per mitigare l’impatto di potenziali licenziamenti. Alcuni dirigenti, come K. Krithivasan di TCS, tuttavia, affermano che la ridistribuzione e la ricerca di nuove posizioni per i dipendenti attuali solo per evitare licenziamenti non funziona».