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 2025  luglio 28 Lunedì calendario

Intervista a Hilary Swank

Hilary Swank e Andrea Bocelli. «Fino al suo concerto di stasera lo avevo incontrato solo una volta a Los Angeles, con sua moglie Veronica. Erano così accoglienti da sembrare amici di vecchia data, cosa speciale e rara. Ammiro il suo talento, che mi ispira: la musica è un elemento chiave per entrare nei personaggi e molti suoi brani sono nelle mie playlist». L’attrice, due Oscar, riceverà l’Humanitarian Award per l’ impegno sociale al gala benefico per la Bocelli Foundation, che unisce musica, solidarietà e sostegno ai più fragili.
Lei ha avuto un’infanzia difficile. Dopo il divorzio dei suoi ha vissuto una vita nomade, per un periodo con sua madre ha abitato in una automobile parcheggiata in un’area di sosta a Los Angeles. In che modo tutto questo ha plasmato il suo carattere?
«Quelle esperienze servono a ricordarmi di non arrendermi mai.
Il vissuto di quel periodo mi ha insegnato che non solo bisogna lavorare duramente per realizzare i propri sogni, ma bisogna anche essere davvero molto creativi nella strategia per riuscirci. Nella vita ci sono così tante porte potenzialmente chiuse davanti a noi: dobbiamo affrontare ogni giorno con una prospettiva, con l’impegno e per riuscire a tenerle aperte. O almeno per trovare uno spiraglio».
C’è stato qualcuno, in quegli anni difficili, che l’ha aiutata o ha creduto in lei in modo inaspettato?
«Mia madre è sempre stata la grande sostenitrice dei miei sogni.
Ha vissuto tutto con me ed è una persona a cui sono legatissima. È qui con me adesso, in Italia, per aiutarmi a badare ai miei bambini (Swank è diventata madre a 48 anni di due gemelli, avuti dal marito produttore e sceneggiatorePhilip Schneider, ndr).
Il suo ruolo di uomo transgender in “Boys Don’t Cry” e quello di pugile in “Million Dollar Baby” di Clint Eastwood le sono valsi due Oscar, nel 2000 e nel 2005.
Cosa ricorda della prima notte dell’Academy?
«Che continuavo a ripetermi: “Non riesco a credere di essere qui”. La gente lo chiamava “successo improvviso”, ma a me non è sembrato così. Il numero di “no” che ho ricevuto negli anni e le porte che mi sono state chiuse in faccia formano una lista incredibilmente lunga. Ma ricevere un premio così prestigioso è davvero un enorme onore».
Un collega o regista che è stato importante?
«Tanti. Ho avuto la fortuna di lavorare con attori talentuosi e mi commuovono sempre i produttori e i registi che, nel corso degli anni, e durante gli alti e bassi che ho avuto, hanno creduto in me e mi hanno dato un’opportunità».
Pensa che oggi Hollywood sia più aperta verso persone con percorsi non convenzionali, come il suo?
«Sì, anche se in parte è successo perché c’è stata una pressione in questo senso. È bello vedere una rappresentazione più ampia del mondo nel cinema e in tv. Non si possono raccontare storie sulle persone senza rappresentarle tutte. Spero che l’industria continui sulla strada che ha intrapreso nel sostenere persone di ogni provenienza e che vivono la vita in modi unici e interessanti. So che è anche nostra responsa bilità, come pubblico, sostenere attori e storie da ogni tipo dibackground. E spero soprattutto nelle sale, che sono un luogo magico che non vogliamo perdere».
C’è un ruolo che si pente di aver rifiutato, o uno che vorrebbe non aver accettato?
«Guardare indietro può essere pericoloso. Sicuramente ci sono stati dei ruoli che forse non avrei dovuto rifiutare, ma non si può mai sapere come andrà a finire un film. Ci sono così tante cose che devono andare “bene” perché un film funzioni, e nessuno ha ancora trovato la formula magica. E questa è una cosa positiva, perché significa che chiunque nel settore potrebbe far parte di un film che avrà successo».
Il momento più importante della sua carriera?
«Sarò sempre grata del fatto che, per qualche motivo, le storie di outsider che riescono a emergere siano spesso finite sulla mia strada. Amo incarnare quell’esperienza e condividerla con il mondo».
Quali temi o storie la ispirano oggi?
«Continuo a essere ispirata dalle storie di emarginati, ma anche molto attratta da quelle raccontate dal punto di vista dei bambini. Abbiamo così tanta saggezza da imparare dal loro sguardo unico e aperto sugli altri e sul mondo».
A che progetti lavora?
«Ho da poco fondato una casa di produzione con mio marito.
Sono entusiasta dei nostri primi progetti, uno dei quali è ispirato alla trilogia Vento di passioni (già portato sullo schermo nel 1994 con Brad Pitt, Anthony Hopkins e Julia Ormond ndr.) Sarà il nostro primo film ad uscire. Non vedo l’ora che il mondo lo veda».
A cinquant’anni, cosa la fa arrabbiare e cosa la rende felice?
«L’ingiustizia in ogni sua forma mi fa arrabbiare. Non riesco a credere a ciò che sta succedendo nel mondo e mi chiedo di continuo come siamo arrivati a questo punto e perché non si sia fatto di più per alleviare la sofferenza che vediamo ogni giorno. La mia famiglia, inclusi i miei cani, l’uccellino e i cavalli, mi rende felice. E non dimentichiamo il tennis e la natura».
Il rapporto con l’Italia?
«È il primo paese che ho visitato a 16 anni e ci sono tornata così tante volte che ho perso il conto. Ho passato diversi mesi qui girando la serieTrust di Danny Boyle e il mio amore per l’Italia è diventato sempre più profondo. Le persone, il cibo, la musica, il cinema: tutto semplicemente divino».