Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2025  luglio 28 Lunedì calendario

Separazione delle carriere aumenta il dissenso nel Paese spaccato a metà

La riforma della giustizia è al centro di un dibattito politico acceso. Come avviene da molto tempo. Oggi la discussione riguarda, in particolare, la separazione delle carriere dei giudici e dei pubblici ministeri, definiti rispettivamente “magistratura giudicante e requirente”. La questione appare aperta anche tra i cittadini, come mostrano i risultati di un sondaggio recente condotto da Demos per Repubblica. Si tratta di un disegno di revisione costituzionale particolarmente “critico”, in quanto, tra l’altro, impedisce di passare dal ruolo di pubblico ministero a quello di giudice. E viceversa.
La riforma, comunque, ha di fronte un percorso lungo e complicato, prima di entrare in vigore. Ed è lecito attendersi che “nel corso del percorso” possa cambiare.
Già nei prossimi mesi. Anzitutto, perché dovrà essere esaminata e votata nuovamente da entrambe le Camere. Inoltre, potrebbe essere sottoposta al giudizio dei cittadini, attraverso un referendum. Infine, richiederà altre leggi per venire attuata.
Comunque, l’argomento è già al centro dell’attenzione e della discussione politica. E, di conseguenza, anche dei cittadini. Nonostante si tratti di una materia complessa e non totalmente de-finita. Tuttavia, costituisce un tema indubbiamente importante, non solo in ambito politico. E suscita attenzione e inquietudine. Non da oggi, ma da oltre 30 anni. Dai tempi di Tangentopoli, quando i magistrati denunciarono i legami di interesse fra la politica e i centri di potere economico del Paese. Determinando la crisi del sistema politico. E dei principali partiti che avevano governato il Paese nel Dopoguerra. Gli artefici più importanti della “rottura” furono, allora, i magistrati, in primo luogo Antonio Di Pietro. Il quale, peraltro, in questa fase ha espresso la propria solidarietà al sindaco di Milano, dichiarando che «Mani Pulite è stata tutta un’altra cosa». Ma, in questo modo, ha ri-evocato Mani Pulite. Un’inchiesta sempre aperta. Che non finisce mai. Come i problemi che richiama. Tuttavia, l’atteggiamento degli italiani verso i magistrati, nel corso del tempo, è cambiato profondamente. Tanto che il grado di fiducia nei loro confronti oggi si è fermato al 40%. Molto al di sotto rispetto alle principiali autorità dello Stato, come il presidente della Repubblica. E a istituzioni importanti, come le forze dell’ordine. Comunque, attualmente, tra gli italiani non emerge un orientamento preciso e deciso, in merito a questa riforma. Non solo perché si tratta di una materia complessa e non particolarmente chiara. Ma, anzitutto, perché l’atteggiamento verso i magistrati è divenuto incerto. E, quindi, nelle posizioni dei cittadini prevale un forte equilibrio. Che riflette non solo una divergenza di vedute nel merito, ma un clima diffuso di in-comprensione.
Negli ultimi mesi, tuttavia, il consenso verso la riforma è calato e oggi prevale, di poco, il dissenso. Il distacco. Va sottolineato, però, come tra le principali riforme istituzionali promosse e sostenute dalla maggioranza di governo il tema della giustizia rimanga quello che gode del maggiore sostegno dei cittadini. Superiore, di molto, rispetto all’autonomia differenziata. E alla stessa elezione diretta del presidente del Consiglio. Un grado di consenso che rispecchia ampiamente le posizioni politiche e dei partiti. E riflette, in particolare, la distanza e le differenze espresse nel merito fra maggioranza e opposizione. Il favore più ampio, oltre l’80% e prossimo al 90%, si rileva, infatti, tra gli elettori che si dichiarano vicini alla Lega, a Fratelli d’Italia e a Forza Italia. Ma è molto elevato – superiore al 70% – anche tra le forze politiche del Terzo polo. Italia Viva e Azione. Nella base di +Europa, invece, scende al 54% e più sotto fra i sostenitori ed elettori degli altri partiti. Il M5s, Avs e il Pd. Che conferma il profondo dissenso verso questa riforma, ritenuta, da questa parte politica, lontana dagli interessi dei cittadini. E vicina a quanti vorrebbero e vogliono de-limitare gli spazi di azione dei soggetti che possono frenare l’azione e gli attori di governo. Una riforma ritenuta in-giusta, perché, in questo modo, “limiterebbe” ulteriormente i poteri di chi intende “limitare” e contrastare il potere.