Il Messaggero, 28 luglio 2025
Tra diserzioni e suicidi il pressing su Bibi viene anche dall’esercito
Gli ultimi tre soldati sono caduti in un altro fine settimana di sangue, di dure critiche e forti polemiche. Ma per l’esercito israeliano altre insidie serpeggiano sotto la linea. Un malessere che difficilmente approderà in superficie si starebbe diffondendo tra i riservisti, molti dei quali avrebbero fatto ricorso a quelli che sono stati definiti “rifiuti grigi” cioè al tentativo di sottrarsi alle chiamate dell’IDF adducendo problemi di salute o familiari, oppure i viaggi all’estero, o il mancato controllo della propria posta elettronica. Secondo diversi osservatori non si tratta di una diserzione su larga scala ma di una forma di resistenza individuale e silenziosa. Comunque, secondo Restart Israel almeno 12 mila riservisti si sarebbero fin qui sottratti. E ci sono poi altri segnali che non sfuggono e preoccupano i vertici militari. I numeri dei suicidi di giovani che non riescono a liberarsi dagli orrori, dagli stress e dai tormenti di una guerra che si trascina da molti, troppi, mesi e si è aperta con un massacro senza precedenti perpetrato da Hamas il 7 ottobre 2023. Dai primi di luglio almeno tre militari si sarebbero tolti la vita, 19 dall’inizio dell’anno. Un conto tragico e difficile che non trova riscontri nell’ufficialità dei bollettini militari, ma che secondo varie ricostruzioni giornalistiche avrebbe ormai raggiunto la cifra complessiva di 44 morti.
LO SCETTICISMO
E poi ci sono i caduti sul campo. Gli ultimi due uccisi nel rogo del mezzo blindato per il trasporto di truppe di un’unità di ricognizione Golani colpito da un ordigno. Uno dei due, un capitano druso di 24 anni, era stato promosso ufficiale solo giovedì scorso. A queste due morti si aggiunge di un altro sergente maggiore ferito nei giorni scorsi. Secondo la radio dell’esercito i soldati uccisi dal 7 ottobre di due anni fa ad oggi avrebbero superato il numero di 890, i feriti oltre 10 mila. Israele e il suo esercito devono dunque fare i conti con una guerra che si trascina ben oltre quelle combattute in precedenza, dovendosi misurare su un terreno inesplorato con questioni finora inedite. E le preoccupazioni e i giudizi severi arrivano non solo dall’estero o dalle grandi manifestazioni antigovernative del sabato sera ma anche da qualche alto grado militare. Il generale Assaf Orion, ex capo della pianificazione strategica dell’Idf, intervistato dal britannico Telegraph dice chiaramente di non capire i motivi del prolungamento della campagna militare a Gaza: «Penso che la ragione principale sia la convenienza politica». Scetticismo sul prolungamento della Operazione Gedeone che non si limiterebbe agli ufficiali in pensione ma che secondo il Telegraph riguarderebbe lo stesso capo di stato maggiore dell’ Idf Zamir. E poi i riservisti: per molti il tentativo di sottrarsi alle richiamate in servizio attivo sarebbe la conseguenza della frustrazione per la mancanza di obbiettivi chiari e realizzabili. Secondo un sondaggio dell’Istituto israeliano per la sicurezza nazionale, il 71 per cento degli israeliani ritiene che la esenzione di Haredim – gli ultraortodossi – dalla leva, indebolisca sempre più la motivazione a prestare servizio.