il Fatto Quotidiano, 27 luglio 2025
Quella volta che Netanyahu “ricattò” Clinton con audio osceni su Lewinsky
Sarà pure una voce, quella per cui Jeffrey Epstein è stato un agente ricattatore del Mossad. L’ultimo a tirarla fuori, il podcaster di destra Tucker Carlson (più Maga di Trump), si è preso una piccata smentita da Naftali Bennett, ex premier israeliano. Ma tra gli archivi dimenticati della politica americana c’è un altro ricatto a un presidente che coinvolge Israele, e in particolare Benjamin Netanyahu. Il longevo leader dello Stato ebraico trent’anni fa, al suo primo mandato da premier, fece capire al presidente Bill Clinton di avere in mano le prove della sua relazione con Monica Lewinsky. E più tardi chiese qualcosa in cambio. La storia è rimasta negli scaffali, ma è stata ricostruita, tra gli altri, dal giornalista Daniel Halper, direttore del defunto media neocon The Weekly Standard, nel libro intitolato Clinton Inc.
Nel febbraio del 1997 Netanyahu viene ricevuto da Clinton nello Studio Ovale. In quella stessa stanza, un mese dopo, Clinton incontra per l’ultima volta Monica Lewinsky, e le confida che “un’ambasciata straniera” aveva messo sotto controllo il suo telefono e aveva registrato anche il loro sesso telefonico. L’episodio è stato raccontato direttamente da Lewinsky in un interrogatorio col procuratore speciale Ken Starr, nel 1998, che però all’epoca aveva altri interessi di indagine. Clinton aveva anche studiato una, farsesca, strategia di difesa nel caso quelle intercettazioni fossero finite sulla stampa: dichiarare di essere al corrente della cimice, e che il sesso telefonico fosse una “messa in scena” per fuorviare l’ascoltatore. A maggio 1997, Clinton chiuse la relazione con l’amante. Netanyahu attese un anno prima di passare all’incasso.
Il sexgate esplose a gennaio del 1998, sempre per dei nastri: non di Netanyahu, ma di una confidente di Lewinsky, Linda Tripp, che la registrava e portò le confessioni in procura. Poi, nell’autunno del 1998 Clinton ospitò il premier israeliano e Yasser Arafat per i colloqui che portarono al memorandum di Wye River. Lì il premier israeliano disse al presidente Usa sapere di aver distrutto le intercettazioni con Lewinsky, eliminando quindi le prove a suo discapito. Nella stessa occasione, Netanyahu chiese a Clinton di graziare Jonathan Pollard, ex analista Usa di idee sioniste di destra, condannato all’ergastolo per aver passato documenti sensibili al Mossad. Clinton accettò di “rivedere” il caso, sfidando pure la minaccia di dimissioni del suo capo della Cia, George Tenet: allora il New York Times scrisse che il presidente “era rimasto colpito dalla capacità argomentativa” di Netanayhu. Pollard restò in carcere per altri vent’anni, ma quel gesto di clemenza consentì la sua liberazione nel 2015, sotto Barack Obama, e poi la grazia con Donald Trump, nel 2020. Oggi Pollard vive in Israele, inneggia alla pulizia etnica a Gaza ed è strenuo propagandista di Itamar Ben-Gvir.
Halper, autore di Clinton Inc, nel frattempo ha scritto un altro libro, A convenient death, che parla proprio del “misterioso insabbiamento di Jeffrey Epstein”, dei rapporti con Clinton (che ebbe una relazione con Ghislaine Maxwell) e solleva dubbi sul suicidio.