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 2025  luglio 26 Sabato calendario

Il barbiere del Papa

A ridosso delle Mura Vaticane Mario Reyes, 37enne arrivato tre anni fa a Roma da Ica, cuore del Perù, lavora in una barberia con un computer unico al mondo. Contiene le schede dei clienti: tra quelli registrati come “abituali” c’è Robert Francis Prevost. «Il primo taglio di capelli risale a un anno e mezzo fa – racconta-. Per la vicinanza al Vaticano vengono tanti sacerdoti ma sono sempre in clergyman o in talare e non sappiamo mai se tra loro ci sono anche vescovi o cardinali. Quando lui entrò qui dentro la prima volta parlava con un accento un po’ speciale: non proprio italiano, non proprio spagnolo. Gli domandai di dove fosse e lui rispose che era americano ma che era stato tanti anni in Perù. “Che coincidenza, sono peruviano!”, replicai e lì scoppiò in una risata e si aprì molto». Sul filo dei ricordi si intrecciano così memorie condivise da expat e flash di sport e gastronomia. Prosegue Mario: «Cominciammo spontaneamente a parlare di cibo e bevande tradizionali, calcio, politica. Tanti argomenti di attualità ma soprattutto riflessioni sulla situazione a Chiclayo, la bella città di mare dove abitava lui a nord. Gli brillavano gli occhi ogni volta che descriveva la zona costiera. A un certo punto gli chiesi in quale chiesa qui vicino prestasse servizio e fu in quel momento che si rivelò. Non stava in una parrocchia, lavorava per il Vaticano. Aggiunse che lo aveva chiamato a Roma papa Francesco e che ora era cardinale. Quindi mi mostrò l’anello che portava al dito». Afferma Mario Reyes: «Mentre gli tagliavo i capelli chiacchieravamo un po’ di tutto. In fondo entrambi eravamo arrivati dal Perù a Roma da poco tempo. Le questioni allegre o tristi, le speranze e le preoccupazioni peruviane spuntavano di continuo nei nostri dialoghi». Robert Francis Prevost rimase soddisfatto del taglio e da quella prima volta le sue visite in barberia divennero un appuntamento fisso ogni mese. «Arrivava con la barba già fatta e chiedeva di accorciare i capelli – sottolinea il barbiere peruviano -. L’ultima visita avvenne nella settimana santa, poco prima di Pasqua». La Storia, quindi, farà irruzione nella routine di un presule straniero nella città eterna. «La morte a Pasquetta di papa Bergoglio, i funerali con decine di migliaia di fedeli e infine il conclave. Gli occhi del mondo puntati sul Vaticano – rievoca Mario Reyes, occhi mai bassi, capelli rasati e tatuaggi sulle braccia-. La sera della fumata bianca, al termine di una lunga giornata di lavoro, guardai sul telefonino il video della proclamazione del nuovo Pontefice. Ero un po’ distratto ma appena ascoltai il cognome Prevost provai un tuffo al cuore perché ero lo stesso che ripetevo ogni mese annotando la prenotazione sul computer. Lo vidi affacciarsi a piazza San Pietro per la benedizione e gridai al mio collega Jeffrey, anche lui peruviano: “è il nostro cliente americano!. Non avevo capito che fosse proprio uno dei più stretti collaboratori di papa Francesco. Ero talmente emozionato che per avere la sicurezza andai al pc ed entrai nel sistema per verificare che anche il nome fosse lo stesso annunciato in piazza. Tutto corrispondeva alla perfezione. Non capivo più niente per la gioia e la commozione». Quindi alla felicità fece seguito un’ombra di tristezza. «A quel punto pensai che non lo avrei visto più perché un protocollo complesso come quello vaticano mai avrebbe reso possibile un comportamento ordinario come uscire per andarsi a tagliare i capelli – confida Mario Reyes-. Per di più mi vennero in mente ragioni di sicurezza perché la barberia si trova in un centro commerciale. Tutti ostacoli insormontabili. Mi assalì un po’ di malinconia a pensare che non avrei più potuto vederlo e parlarci. Ma un missionario non conosce barriere». E così due settimane dopo l’elezione pontificia arriva in negozio la telefonata più sorprendente. «Rispondo al numero fisso e sento una voce familiare: “Buongiorno, mi servirebbe un taglio per domani a casa mia’’. Rimango sorpreso. Non facciamo servizio a domicilio. Mi viene il sospetto che si tratti di uno scherzo. Così chiedo: “Ma tu chi sei?” e lui sereno: Robert Prevost”. Non faccio in tempo a dire: “il Papa” che lui subito: “Mario sono io, come stai?”. Si scusa di non poter arrivare qui in barberia come al solito. E aggiunge: “Avrei bisogno che venissi tu in Vaticano” e mi dà tutte le informazioni per arrivare a casa sua. Rispondo di non preoccuparsi e che la mattina dopo sarei stato da lui. Appena chiuso il telefono il collega mi vede disorientato e mi domanda chi era al telefono. “Leone XIV”. Poi mi chiedo: “Ma come ci arrivo?”. Un cliente mi indica l’autobus da prendere e con la paura di non passare i controlli di sicurezza mi avvicino al Vaticano. Citofono: “Buongiorno sono il barbiere del Papa”. E dall’altra parte: “Chi ti ha chiamato?” E io: “Il Papa”. E loro: “Ti ha chiamato il Papa? Un momento per favore”. Un istante dopo mi esce incontro un addetto gentilissimo con in mano l’avviso che doveva arrivare il barbiere personale del Papa. Sono stato identificato e portato dal segretario particolare di Leone XIV, don Edgard Iván Rimaycuna Inga, che è mio coetaneo e viene da Chiclayo. Gli racconto come ci siamo conosciuti con il Papa e iniziamo a parlare in spagnolo. Il Santo Padre era ancora impegnato in una riunione e così taglio prima i capelli al segretario. Mentre stavo terminando si apre la porta ed entra il Papa che allarga le braccia ed esclama: “Mario!”. Io mi avvicino agitatissimo e lui mi stringe la mano. In un attimo si ricrea lo stesso clima di sempre. Adesso, dopo la vacanza a Castel Gandolfo, è attesa una nuova chiamata. Dopo che sono uscito da casa sua camminavo sulle nuvole, non ritrovavo la strada per la barberia. Ho girato a vuoto per una decina di minuti a San Pietro. So che richiamerà e che sarà lui a farlo personalmente».