la Repubblica, 27 luglio 2025
Pride, il Bundestag senza arcobaleno
Non pensava, Yannick, di dover tornare in piazza con gli slogan dei suoi genitori, dei suoi nonni. «Sono cresciuto dando per scontati i diritti per noi queer». Sul suo cartello c’è un meme di Julia Kloeckner, esponente della Cdu, la prima presidente del Bundestag che ha vietato di issare la bandiera arcobaleno nel giorno del Christopher Street Day. Il Pride berlinese è da sempre una sorta di chiassosa, colorata e spensierata festa del patrono in una delle capitali più laiche e libere del mondo. Ma quest’anno sono tornati gli slogan arrabbiati, e un pezzo di allegria è evaporato. Yannick a 30 anni ha imparato dalla storia: «Le destre cominciano sempre così, perseguitando le minoranze, cercando un capro espiatorio».
Fa impressione che la minaccia adesso non venga più soltanto dai neonazisti, ma dai cosiddetti partiti tradizionali. Il cancelliere Friedrich Merz ha difeso la scelta di Kloeckner, ha detto che il Bundestag «non è il tendone di un circo su cui si possa issare qualsiasi bandiera». La presidente del Parlamento ha persino proibito ai dipendenti di usarne il simbolo per il Pride. Eppure, erasempre successo, anche con Wolfgang Schaeuble e Norbert Lammert, suoi compagni di partito. A inaugurare la sfilata è venuto però il vicepresidente del Parlamento, il verde Omid Nouripour: «Ciao, tendone da circo!», ha gridato ironico alla folla. Che gli ha risposto con un’ovazione. E quando il corteo è passato davanti alla Camera alta, il Bundesrat, la bandiera arcobaleno sventolava invece al vento.
Proprio al Bundesrat potrebbe passare nelle prossime settimane una legge importante, proposta da Berlino, dal sindaco Kai Wegner. Al terzo articolo della Costituzione tedesca, quello che proibisce di discriminare in base al sesso o alla religione o al colore della pelle, Wegner vuole aggiungere tre parole: “l’identità di genere”. Un segnale al suostesso partito, la Cdu, un gesto di civiltà in un momento di attacco globale ai diritti.
Uno degli organizzatori della parata, Marcel Voges, lo ha detto chiaro e tondo: «Questo è il Pride più importante da anni». Perché «aumentano gli attacchi contro le comunità queer», ma anche «perché molti sponsor si sono tirati indietro» a causa del vento di destra che adesso spira anche dagli Stati Uniti.
Certo, la contro-manifestazione sul lungo Sprea dei neonazisti “Deutsche Patrioten” è stata un flop: erano annunciati in 400, si sono presentati in quaranta. Ma nei mesi scorsi si sono moltiplicati gli attacchi ai cortei lgbtqi+: a Marzahn, in Brandeburgo o in Sassonia, nei piccoli centri dove la difesa dei diritti è più difficile. Non è un caso che lo slogan del Pride di quest’anno sia “Nie wieder still”. Che si può tradurre “mai più in silenzio” ma anche “mai più fermi”. Si torna in trincea.