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 2025  luglio 27 Domenica calendario

Milano attrae (e sottrae)

L’Italia non è mai stata omogenea per geografia, cultura, modelli di governo o di sviluppo. Non era però forse mai accaduto nei suoi 164 anni di storia unitaria che una sola città emergesse con tanta forza sul resto del territorio, inclusi i grandi centri attorno ai quali si addensa gran parte della produzione. Perché la vicenda di Milano, a partire dall’uscita della grande crisi finanziaria innescata, assomiglia poco o niente non solo a quella di tante aree interne e piccoli centri, che notoriamente si stanno spopolando. Anche le altre grandi aree metropolitane ormai restano indietro, in confronto. Nessuna delle città principali riesce ad attrarre tanti studenti, nessuna tanti nuovi residenti come Milano. Di conseguenza in nessuna crescono così in fretta i prezzi delle case, perché la costruzione e l’offerta di nuove abitazioni non riesce neppure lontanamente a tenere dietro alla domanda. Milano è diventata il grande magnete d’Italia. E come sempre accade, anche nelle dinamiche più sane e virtuose, la stessa potenza del magnete genera squilibri. Li genera dentro e attorno alla città, perché le quotazioni del mattone seguono una traiettoria esponenziale, rispetto a gran parte dei salari e degli stipendi. E li alimenta nelle altre grandi città persino del centro-nord (non solo al sud) perché Milano attrae e sottrae. Ciò vale per le persone, le competenze, gli studenti, i talenti. Persino per i malati. Basta un’occhiata ai dati per capire quanto profonda sia questa mutazione silenziosa che sta cambiando Milano e l’Italia.
Se questo è vero, diventa inevitabile formulare un’ipotesi sull’esito della vicenda giudiziaria che ha investito la giunta di Beppe Sala. La valutazione nel merito spetta solo ai tribunali. Ma nel caso in cui le inchieste dovessero produrre l’effetto collaterale di un rallentamento dello sviluppo immobiliare, allora diventa più probabile un’ulteriore accelerazione dei prezzi delle case. L’offerta di appartamenti vuoti potrebbe infatti crescere di meno, ma l’esperienza dell’ultimo quindicennio fa pensare che l’afflusso di nuove persone a Milano continuerà a correre. Più che nelle altre grandi città.
La tendenza
I dati dell’Istat sui residenti nelle più importanti aree metropolitane – Roma, Milano, Napoli, Torino, Bari, Palermo, Bologna, Firenze, Genova, in ordine di grandezza – certo non sono perfetti. Vecchi residenti potrebbero essere partiti da tempo senza segnalarlo alle amministrazioni, nuovi abitanti non si saranno ancora registrati. Ma le tendenze sono chiare. In un’Italia che ha perso due milioni di abitanti solo nell’ultimo decennio, l’area metropolitana di Milano è in netta controtendenza. La sua crescita di popolazione dal 2010 è del 7%: più 212 mila nuovi residenti ufficiali e più 54 mila solo nella fascia d’età degli studenti universitari – fra i 18 e i 25 anni – una crescita per loro del 26% che mostra quanto Milano sia sempre più il luogo d’elezione delle famiglie italiane per gli studi dei figli.
A titolo di confronto, anche Roma cresce ma in proporzione di meno (più 5%) e soprattutto, fra i giovani in età universitaria, molto meno della metà rispetto Milano. E poiché è più probabile che chi studia in una città finisca per cercare lavoro e mettere su famiglia in quella stessa città, l’arrivo di tanti studenti mette pressione sugli affitti oggi ma domani lo farà sul mercato delle compravendite immobiliari. Nell’attrattività crescente grazie alle università solo Bologna tiene il passo di Milano in proporzione (più 30% dal 2010), ma su numeri assoluti ben più piccoli.
Ci sono più grandi città dall’altro lato della medaglia, quelle che perdono persone. E per una parte importante – con ogni probabilità – le perdono a favore di Milano stessa. Quanto a questo, non è una novità che i centri più importanti del Sud stiano vivendo da almeno un quindicennio una continua crisi demografica. Dal 2010 Napoli, Bari e Palermo registrano in totale un calo di oltre duecentomila residenti, mentre sullo stesso quindicennio la fuoriuscita di giovani dalle grandi capitali del Mezzogiorno viaggia in doppia cifra. Ma anche certe storiche metropoli industriali del Nord hanno imboccato la strada del declino demografico, mentre la loro grande vicina lombarda continua ad espandersi. Negli ultimi 15 anni la città metropolitana di Genova ha perso 50 mila persone (meno 6%), quella di Torino 60 mila (meno 3%). Non sapremo mai dove sono andate tutte esattamente, ma di certo decine di migliaia fra loro oggi popolano Milano e la sua area circostante: dove sono si concentrano le più grandi università, i più grandi ospedali, le più grandi banche e i grandi capitali esteri.
Le abitazioni
L’afflusso di persone e il suo impatto sul mercato immobiliare sono tali che, più che il comune di Milano vero e proprio, i nuovi arrivati sembrano stabilirsi soprattutto negli altri comuni dell’area metropolitana. Secondo la banca dati dell’Istat il comune del capoluogo dal 2010 ha un calo di abitanti del 6%, mentre tutta la crescita si concentra soprattutto nell’hinterland: sintomo probabilmente che i nuovi arrivati cercano prezzi degli immobili più abbordabili, perché più lontani dal centro.
Perché quest’Italia segnata dal grande magnete urbano della Lombardia ormai ha due mercati immobiliari: Milano e il resto del Paese. Anche qui l’accuratezza assoluta è impossibile, perché non esiste un’unica banca dati ufficiale. Il centro studi Nomisma, tuttavia, mostra che un ipotetico investimento di centomila euro nel mattone a Genova nel 2010 avrebbe reso in media il 21% in meno di un pari investimento a Milano, a Torino il 16% in meno, a Roma il 15% e così via per tutti gli altri grandi centri. L’effetto della crisi finanziaria sui cinquemila miliardi di risparmi degli italiani riposto nel mattone è stato brutale. Secondo Nomisma, tutte le grandi città hanno visto tornare a crescere le quotazioni immobiliari medie – dopo un lunghissimo calo – solo fra il 2021 e il 2023 (o 2020 nel caso di Bologna). Tutte meno una, Milano. Lì, la ripresa del mercato arriva già un quinquennio prima e permette di superare per la prima volta e staccare nettamente Roma come prezzo medio a metro quadro.
L’Istat è anche più drastica nelle sue stime, che tengono conto di tutte le case (anche di lusso) e non solo di quelle per il ceto medio o medio-basso. In quel caso l’apprezzamento medio degli immobili su Milano in quindici anni stacca Roma di 50 punti e Torino di 43. Gli effetti sono macroscopici e frutto, in parte, di un fattore positivo: l’Italia ha una grande città internazionale e moderna. Ma il Paese ha anche una frattura crescente fra quella città e il resto. Era (ed è) così anche fra Londra e il resto del Regno Unito, e quella frattura lì ha prodotto una rivolta populista che ha preso la forma della Brexit. Da noi sarà senz’altro diverso. Ma resta aperta la stessa domanda sul futuro.