Corriere della Sera, 26 luglio 2025
«Stavo guardando la Roma in tv con amici e colleghi quando è squillato il telefono. Era Pupi Avati che mi raccontava il film con la passione di un giovane regista al debutto»
«Stavo guardando la Roma in tv con amici e colleghi quando è squillato il telefono. Era Pupi Avati che mi raccontava il film con la passione di un giovane regista al debutto». Massimo Ghini è protagonista di Nel tepore del ballo, riprese appena concluse. Storia di caduta e rinascita. Avati ci dice che per Ghini, 70 anni, è un’occasione importante, visto che è un attore (un po’) marginalizzato.
È così?
«Pupi è un magnifico sperimentatore. Sì, marginalizzato da un certo cinema, ci convivo da tutta la vita, se fosse dipeso da alcuni critici e da certi autori vivrei sotto un ponte. Evidentemente, ho un talento che mi tiene in piedi».
Sembra sempre che lei debba giustificarsi per i cinepanettoni.
«Eppure sono l’unico rappresentante di sinistra che ha fatto l’uomo di sinistra: sono uno dei fondatori del Pd, sono stato consigliere comunale e per dodici anni a capo del sindacato attori, dove mi sono fatto da parte perché sarei diventato come Kim Jong-un. Però mi dedicai all’Imaie».
Che tutelava gli artisti...
«E lì, sui fondi, molti anni prima del film mai girato del killer americano, ho scoperto che c’è del marcio in Danimarca. Mi hanno accusato di essere l’attore ricco e famoso che non vuole distribuire i soldi. Ho avuto contro il salotto di Capalbio».
Non segue più la politica?
«È nel mio Dna, mio padre partigiano finì in un lager. Ma la sinistra è ipocrita e la destra (che governa col 28 percento degli italiani che l’hanno votata) è bugiarda. Tranne i liberali alla Prezzolini, che mantenevano una certa distanza, non hanno politici o amministratori capaci nella cultura. Il sistema cinema, 200 mila persone, è bloccato».
Zeffirelli le diceva che non aveva una faccia da cinema.
«Diceva che dovevo fare teatro. Con lui recitai in Maria Stuarda. Poi Otello con Gassman, Amleto con Lavia, l’esordio con Strehler. Ma ho girato 121 film e non ho mai vinto un David di Donatello, ho avuto solo una candidatura da adulto per Muccino. Ora sono un fuori quota, ho un’esperienza tale che chi se ne frega. La mia forza, lo so che per i 100 autori è una bestemmia, è il pubblico. Il mio film su Giovanni XXIII ebbe 14 milioni e mezzo di spettatori, batté Padre Pio, l’ho fatto per compensare tutti gli str... fatti prima, a cominciare dal bieco sottosegretario di Compagni di scuola di Verdone».
Ma da Maria Stuarda e Francesco Rosi e Lizzani ai film di Natale...
«Senza paragoni, se De Niro fa Taxi Driver e poi in una commedia si fa una puntura sul pene non c’è problema. Se lo faccio io finisce il mondo. A 17 anni incontrai il grande Gillo Pontecorvo alla Festa dell’Unità, una settimana dopo lo ritrovai per uno spot dei Baci Perugina. La gente per strada mi chiede perché ho smesso con i Natali a Rio. Quello è il mio premio, il mio David».
A proposito di divi americani, è vero che fu arrestato con Sean Penn?
«Nel 1998 giravamo insieme a Firenze Una notte per decidere. La sera al ristorante sbucarono i paparazzi, lui inveì, io andai a parlarci ma quelli tornarono, ci fu una rissa. Mi ritrovai in mezzo. La polizia ci portò al commissariato. Al comandante, che non conosceva Sean Penn, dissi che era il marito di Madonna, quello non capì e peggiorai la situazione. Per fortuna arrivò un giovane appuntato che riconobbe Sean Penn e la vicenda finì con un selfie».
Perché al cinema fisicamente dicevano che non andava bene?
«C’è stata una propensione non benevola. Col mio fisico da ex pallanuotista, fisicamente davo fastidio a una certa sinistra, non rappresentavo I dolori del giovane Werther. All’interno di un sistema di circoletti ero visto come una specie di bellone da strapazzo. Qual era la mia colpa?».
Se non parliamo di Pupi Avati ci viene sotto casa.
«Io sono un conduttore tv molto famoso, una star che viene arrestata per problemi finanziari. Dico subito che Enzo Tortora non c’entra nulla. Nel film vengo da una famiglia umile. Ai domiciliari, torno a Jesolo, e al cinismo crudo rinuncio solo alla fine. Capisco la vita attraverso la lezione che la vita mi dà. Cerco la prima moglie, Isabella Ferrari; ritrovo la zia con cui sono cresciuto che è Lina Sastri. Giuliana De Sio è una conduttrice del pomeriggio, Jerry Calà è l’ospite in tv, Sebastiano Somma l’amico del cuore, Bruno Vespa fa se stesso».
I divi sono quelli della tv o del cinema?
«Scherziamo, sono in tv. Il cinema italiano, tranne le eccezioni, continua a non avere mercato internazionale. Si recita per un quarto d’ora di celebrità sul tappeto rosso di Venezia. Ma io non mi lamento, la gente mi vuole bene e ho quattro figli stupendi con cui avrei voluto passare più tempo insieme».