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 2025  luglio 26 Sabato calendario

Detenuti «torturati in Salvador» E ora Caracas indaga su Bukele

Non si placano le tensioni tra Caracas e San Salvador, neppure a seguito del rientro di 250 migranti venezuelani espulsi dagli Stati Uniti e detenuti al Cecot, il Centro di confinamento del terrorismo, in cambio del rilascio di un centinaio di ostaggi: dieci prigionieri Usa oltre a un’ottantina di detenuti arrestati dopo le presidenziali del 2024. Ora palazzo di Miraflores apre un’indagine contro lo Stato salvadoregno a seguito di numerose denunce di «torture», «trattamenti umani e degradanti» e «abusi sessuali» comunicate dagli stessi migranti sbarcati venerdì 18 luglio nell’aeroporto internazionale di Maiquetía. L’apertura delle indagini è stata annunciata dal procuratore generale venezuelano, Tarek William Saab, che sostiene di aver raccolto un dossier sulle «violazioni dei diritti umani» a danno degli ex detenuti rimpatriati a Caracas. L’indagine si concentra quasi esclusivamente sul presidente di El Salvador, Nayib Bukele, che ha replicato su X dicendo che, dopo aver accettato l’accordo, le autorità venezuelane «ora piangono e si lamentano, non per lo scambio ma perché si sono resi conto di non avere più un ostaggio» degli Stati Uniti.
Ma le denunce dei migranti rientrati in patria sono gravi e ritenute attendibili da diverse fonti tra cui l’Ong Cristosal, per la quale «il rilascio dei prigionieri non cancella la gravità delle violazioni dei diritti umani perpetrate lì dentro». Fonti di Caracas sostengono che molti dei migranti rilasciati sono sottoposti a cure mediche e contano anche su supporto psicologico.
Non c’è solo il trauma da gestire, ma anche la gogna da parte di chi li ritiene criminali solo per il fatto di essere stati detenuti. «Se sono stati arrestati c’è una ragione: facevano parte del Tren de Aragua», dice un autista convinto della colpevolezza dei connazionali. E c’è chi addirittura pensa che ora «le strade non saranno più sicure» perché «il ritorno dei malfattori metterà a repentaglio la quiete degli ultimi anni». La ferita resterà aperta per un po’, ma una nota positiva riguarda la gioia delle madri e dei familiari, alcuni dei quali si erano recati persino a El Salvador, che ora finalmente riabbracciano i loro cari.
Tornando all’indagine avviata da Caracas, c’è un dettaglio da non perdere di vista: resta escluso ogni riferimento a Washington, titolare della giurisdizione sui migranti spediti a El Salvador in base all’Alien Act del 1798. Tant’è che uno degli ex detenuti, il 27enne Neiyeber Adrián León Rengel, ha presentato un’istanza al Dipartimento della sicurezza nazionale Usa per denunciare il trattamento ricevuto dagli agenti durante la detenzione al Cecot, dove condivideva una cella di tre metri quadri con una ventina di carcerati venezuelani. «Per ogni cosa venivi picchiato» ha detto León Rengel, che ha presentato una denuncia in cui chiede il risarcimento di 1,3 milioni di dollari per i danni subiti mentre sottolinea l’accanimento delle guardie e l’assenza di un giusto processo nei suoi confronti. Tuttavia Nicolás Maduro ha ringraziato l’omologo statunitense Donald Trump per «la sua scelta di ripensare una situazione completamente irregolare». Caracas ha persino ricevuto un volo che riportava sette bambini venezuelani trattenuti da Washington dopo le retate contro i loro genitori. Ma dietro la classica riproduzione della diplomazia degli ostaggi c’è una contropartita più grande: il rinnovo parziale della licenza estrattiva con cui la Chevron può operare sul territorio venezuelano, che era stata revocata qualche mese fa dall’Amministrazione Trump. La finalità è anche quella di contrastare l’influenza di Pechino, che riceve dal Venezuela 540mila barili giornalieri su 850mila prodotti quotidianamente.