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 2025  luglio 19 Sabato calendario

Il bar del Gattopardo tappa di una Palermo che non c’è più

Il rito si ripeteva ogni mattina: Giuseppe Tomasi di Lampedusa mangiucchiava qualcosa alla Pasticceria del Massimo oppure da Caflisch, quello dei dolci ricchi di creme, dava un’occhiata alle novità della libreria Flaccovio e, alle 11 in punto, si accomodava al suo tavolino – nel frattempo diventato scrittoio – della pasticceria Mazzara, ordinando una coppa di fragoline con panna.
Dalla giacca estraeva taccuino e penna, e scriveva (almeno in parte) Il Gattopardo. Il suo romanzo, il primo e più importante, che non ha potuto vedere pubblicato e sistemato in bella mostra sugli scaffali di Flaccovio, per il quale non ha potuto esultare per il Premio Strega, perché pubblicato post mortem del principe nato a Palermo. E che nella sua Palermo, al tavolino di una pasticceria portata via dal tempo e dalle trasformazioni commerciali della città, ha composto l’opera.
Tante se ne raccontano su Tomasi di Lampedusa e a volte la fantasia vola oltre la realtà, immaginandolo seduto un po’ ovunque, con il suo impeccabile vestito e il bastone da passeggio appoggiato a un tavolo, ma quel rito mattutino – brioscia, libri, fragole e panna – è ricordato negli scritti di chi lo aveva conosciuto. Di quei luoghi resta almeno un ricordo vivo: la Pasticceria Mazzara ha chiuso, certo, ma il locale di via Magliocco, nel cuore di Palermo, intreccia la propria storia famigliare a quella di un’istituzione cittadina, il Charleston, oggi ristorante e bar. Stesse sale, servizi differenti in oltre un secolo di vita. E, soprattutto, ancora quella sala oggi un po’ buia, ma dove il tempo sembra essersi fermato, con il lungo ed elegante tavolo dove Tomasi di Lampedusa scriveva.
Non c’è più traccia invece delle altre tappe abitudinarie del principe: Caflisch, aperto nell’Ottocento da una famiglia di origini elvetiche e ribattezzato “Cafici” dai palermitani; dodici anni fa ha chiuso la libreria Flaccovio. E così la Pasticceria del Massimo, aperta a fine Ottocento da un genovese, Angelo Dagnino. Ovvero i posti della vita, ma anche dell’ispirazione per un Tomasi di Lampedusa più spesso viveur della sua Palermo che non rinchiuso nei palazzi che lo hanno visto crescere. Ma in fondo il Gattopardo è anche questo, storie vissute, adattate e ricostruite magistralmente per dar vita a un’opera unica.