il Fatto Quotidiano, 25 luglio 2025
Pnrr, Meloni striglia i ministri: spesa a rilento, ora la revisione
Era uno degli ultimi Consigli dei ministri prima delle vacanze estive. E la presidente del Consiglio Giorgia Meloni doveva ricordare a tutti che il rientro autunnale sarà più complicato del previsto. Soprattutto per la congiuntura dei dazi e di una legge di Bilancio che avrà pochi spazi di manovra. Ma a preoccupare Meloni e i suoi collaboratori sono i ritardi nell’applicazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), soprattutto nel livello di spesa, che continua a essere bassissimo. Così ieri pomeriggio, dopo l’approvazione del disegno di legge Agricoltura collegato alla manovra, Meloni ha preso la parola durante la riunione del governo e ha strigliato i propri ministri: ci sono troppi ritardi e molti progetti sono ancora indietro, è stato il ragionamento della presidente del Consiglio. Alcuni ministeri sono lontani dal raggiungere gli impegni previsti e così sarà molto difficile rispettare il piano entro giugno del 2026 (con richieste di pagamento entro settembre), data di scadenza prevista dalla Commissione europea, ha spiegato la premier.
In particolare Meloni ce l’aveva soprattutto con due ministeri: quello delle Imprese e del Made in Italy del meloniano Adolfo Urso e quello dell’Ambiente del forzista Gilberto Pichetto Fratin. Ma a Palazzo Chigi e al ministero dell’Economia sono preoccupati soprattutto dalle lentezze del primo. Politicamente Urso è uno dei ministri più invisi alla premier e al suo entourage, anche perché gli viene imputata una strategia sbagliata sull’Ilva di Taranto.
Durante il suo discorso ai ministri, la premier Meloni ha anche fatto sapere che non ci saranno ulteriori proroghe rispetto alla scadenza: i termini sono perentori e la Commissione europea – nonostante le richieste del Parlamento Ue – non ammetterà alcuna deroga rispetto ai tempi stabiliti a Bruxelles. Diverso è il discorso sulla rimodulazione del piano che invece Meloni ha confermato durante il Consiglio dei ministri: il governo italiano chiederà una revisione del Pnrr per un totale massimo di 20 miliardi, l’obiettivo è di farlo prima della pausa estiva.
A maggio il ministro titolare, Tommaso Foti (FdI), l’aveva annunciata per giugno, poi si è ipotizzato uno slittamento all’autunno. L’Italia finora ha già chiesto e ottenuto 5 modifiche, stravolgendo il piano, riscrivendo e ridimensionando gli obiettivi di volta in volta per far risultare di averli raggiunti e incassare le rate (per la settima manca l’ok del Consiglio Ue, per l’ottava è stata presentata la richiesta). Tantissimi i de-finanziamenti di obiettivi in ritardo grave o gravissimo.
Al di là delle riforme, infatti, il vero problema del Pnrr, a un anno dalla scadenza, è il livello della spesa. A fine 2024, secondo la Corte dei Conti, s’è fermato a 63 miliardi, solo 18 in più dell’anno prima, su 194 miliardi totali. Insomma, il 33% delle risorse del Piano e circa il 73% di quelle che erano programmate entro il 2024. Un dato inquietante, se si tiene conto che, al netto dei crediti d’imposta (Transizione 4.0 e Superbonus) il dato scende al 22%.
Secondo il monitoraggio pubblicato ieri dai Servizi studi Camera e Senato (su dati comunicati dal ministero di Foti) a fine maggio si era arrivati a 79 miliardi. Significa che nel 2025 si avanza al ritmo di 3 miliardi al mese, con 174 mila progetti ancora “in corso di esecuzione”. Per questo l’obiettivo è definanziare 20 miliardi da target ormai impossibili e dirottarli su altri capitoli, soprattutto difesa e sussidi alle imprese. La trattativa con Bruxelles inizierà dopo la richiesta di modifica, e non sarà breve.