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 2025  luglio 24 Giovedì calendario

Monti sotto assedio

Nelle immagini riprese dal drone, e diventate virali, sembra una fila di formiche. Invece sono escursionisti e turisti in vacanza in Val Gardena, in Alto Adige, in coda sui prati di Furnes, 1725 metri. Sono saliti in cabinovia da Ortisei, la loro meta è la vetta del Seceda, 2518 metri, belvedere sulle Odle e il Sassolungo. Prima di arrivare sulla cima dovranno attendere ore. Il Seceda, da cui scendono d’inverno belle piste da sci, è la dimostrazione che l’overtourism, l’eccesso di turismo, non fa danni solo a Fontana di Trevi, a Capri o sulle Ramblas di Barcellona. Due settimane fa, per denunciare il problema, il proprietario dei prati traversati dal sentiero che sale dall’arrivo della funivia alla vetta ha installato un tornello. Il Comune lo ha smantellato subito, ma l’immagine ha fatto il giro del mondo. «La situazione a Ortisei è da tempo inaccettabile, ma quest’estate è drammatica. Molti cittadini sono stanchi, c’è sempre traffico, si fatica a muoversi. Io ho una struttura ricettiva, ma non è questo il turismo che voglio» ha dichiarato al sito Salto.Bz un lettore che ha chiesto di restare anonimo. Le Dolomiti sono uno dei cuori turistici delle Alpi.
ATTESE
Le file di escursionisti sui sentieri più noti, come quelle di auto, bus, moto e bici sulle strade dei Passi Sella, Giau e Pordoi, in estate sono quotidiane. Nell’era dei social il fenomeno è ancora più evidente. Alle sei di mattina, mentre negli alberghi si dorme, la Forcella Lavaredo, ai piedi delle Tre Cime, è affollata di persone che fotografano l’alba e pubblicano le immagini su Instagram o Facebook. Lo stesso accade sul Nuvolau, al Lago del Sorapiss e in altri luoghi. Non ci sono solo le Dolomiti. In estate si formano code sui sentieri del Monte Bianco, del Monviso, delle Alpi Giulie e del Gran Sasso. Agli escursionisti italiani ed europei, da qualche anno, si affiancano americani e giapponesi. L’economia delle valli ci guadagna, ma l’esperienza dei visitatori peggiora. In Italia l’escursionismo è sempre stato popolare, ma dopo il Covid-19 i numeri sono cresciuti. Oggi ai 360.000 soci del Club Alpino Italiano si sommano i soci delle altre associazioni, i visitatori dei Parchi, gli appassionati dei Cammini, i clienti di guide alpine, guide ambientali escursionistiche e accompagnatori di media montagna. Se si aggiunge chi pratica l’escursionismo solo quando va in vacanza ad alta quota si arriva al milione. Sulle strade di montagna qualcosa si sta facendo. Da giugno alle Tre Cime, note per le file apocalittiche, si sale solo su prenotazione. Da Courmayeur alle valli Vény e Ferret si usano i bus-navetta. A Campo Imperatore, quando il piazzale alla fine della strada è pieno, si chiude una sbarra e si deve salire in seggiovia. Numeri e racconti drammatici arrivano dal Corpo Nazionale Soccorso Alpino, che nel 2024 è intervenuto 12.063 volte, recuperando 11.789 persone, tra cui 466 escursionisti e alpinisti deceduti. Un’attività considerata pericolosa come l’alpinismo causa solo il 5,9% degli interventi, mentre si salvano soprattutto escursionisti (44,3%), appassionati di mountain-bike (6,8%) e cercatori di funghi (3,4%). Solo l’8,6% degli interventi riguarda i soci CAI, che vanno di più in montagna ma sono più preparati.
SCARPE

Crescono i soccorsi agli “escursionisti in infradito” che usano scarpe sbagliate, si perdono, partono tardi, non portano una giacca a vento per difendersi dai cambiamenti del meteo. Il 20 luglio nel Lazio l’elicottero è intervenuto sei volte. Sui Monti della Laga due escursionisti hanno chiesto aiuto alle 21 e sono stati recuperati alle 23.30. Ma quel sentiero richiede 6 ore tra andata e ritorno. A che ora erano partiti? «Chi si avventura in montagna deve chiedersi se è una cosa che riesce a fare, se è allenato dal punto di vista tecnico e fisico, se ha le attrezzature giuste. E deve guardare le previsioni meteo» spiega Giuseppe Zandegiacomo, capo del Soccorso Alpino del Veneto. Per scoraggiare i comportamenti incoscienti, da anni, le Regioni alpine e l’Abruzzo possono inviare il conto (in realtà un contributo, tra il 30 e il 50% del totale) a chi viene recuperato senza avere nessun problema fisico. Un minuto di volo di un elicottero costa 150 euro, la giornata di un soccorritore 500, e il conto può diventare salato. «Il contributo non viene chiesto a tutti. E molti non pagano» allarga le braccia il responsabile del Soccorso di una Regione alpina. Il personale del CNSAS comprende piloti, medici, guide alpine e conduttori di cani da valanga. Oggi, forse, servirebbero un po’ di avvocati.