Avvenire, 23 luglio 2025
L’enigma russo dell’armata scomparsa E chi torna dalla guerra è senza lavoro
«Lei sta già servendo a contratto?». Una donna, vestita di blu, vorrebbe farci entrare nel centro di reclutamento, mentre passiamo sull’adiacente marciapiede. Una decina di persone sono fuori all’ingresso: 7 sono uomini tra i 30 e i 40 anni; 3 sono signore di mezz’età. Un cartello indica che è vietato appoggiare i monopattini elettrici. L’atmosfera a ulitsa Jablochkova è meno tesa di un anno fa, quando alcuni scavi parevano fatti ad hoc per difendersi da attentati. Nel tunnel della vicina stazione della metropolitana sono rimaste 5 delle 11 telecamere di ultima generazione. All’uscita ci sono un camion da trasporto militare, tre tavolini con una decina di persone e i cartelli con su scritto “5,4 milioni di rubli l’anno” (quasi 60mila euro). In breve, 2,3 milioni all’atto della firma (1,9 pagato dal Comune di Mosca e 400mila dal budget federale), poi 260mila al mese (210 dal ministero della Difesa, 50 dal Comune).
Le informazioni complete sono reperibili in dettaglio su un apposito sito Internet oppure telefonando al numero verde 117. Le ferite, a seconda dell’entità, hanno una compensazione in rubli così come l’invalidità permanente. Tutte le cure mediche sono gratuite. In caso di morte, i due canali di finanziamento menzionati consegnano alla famiglia del caduto circa 9 milioni di rubli e garantiscono servizi sociali personalizzati a consorti e figli. In sintesi, tutto vale soldi. Un ultimo elemento: le altre regioni russe pagano meno di Mosca, ma quelle somme sono considerevoli per le province impoverite.
«I ritmi (di contratti siglati, ndr) sono decisamente ottimi», ha commentato a inizio luglio l’ex presidente russo Dmitry Medvedev: nei primi sei mesi del 2025 210mila firmaioli, a cui bisogna aggiungere 18mila volontari. Nel 2024 sono stati 450mila i “kontraktniki” e 40mila i Vfp. Facendo due conti sui dati ufficiali, sorge però un interrogativo. Nel dicembre 2023, durante la consueta conferenza stampa, il presidente Vladimir Putin affermò che in Ucraina operavano 617mila militari (chiaramente uomini appartenenti alle Forze armate di carriera, con l’aggiunta di molti dei circa 300mila “mobilizzati” del settembre 2022 e dei soldati delle compagnie di ventura come la Wagner di Prigozhin). Dopo pochi mesi si arrivò alla cifra di 700mila attivi contro Kiev. Sommando 450mila, 40mila, 210mil e 18mila si ottiene il dato di 718mila fra “kontraktniki” e Vfp in 18 mesi. Se a questi sommiamo i 617mila si arriva a un milione 335mila uomini partiti per combattere.
Il punto è: dove è finita tutta questa gente? O il Cremlino li sta nascondendo da qualche parte o realmente i bilanci delle perdite sono da apocalisse. Putin ha dato l’ordine di avanzare a qualsiasi costo. Recentemente il segretario di Stato americano Marco Rubio ha affermato che, solo nei primi sei mesi del 2025, i russi hanno avuto 100mila caduti. La conferma di cifre da paura arriva da una Ong (di cui non facciamo il nome perché messa al bando da Mosca) che ha calcolato, nello stesso periodo, una spesa statale di 765 miliardi di rubli in per compensare famiglie di morti e di feriti. Secondo l’Economist, dall’invasione del 24 febbraio 2022, il Cremlino avrebbe perso fra 900mila e un milione e 300mila combattenti: i morti sarebbero fra 190mila e 350mila. La Bbc è riuscita a dare un nome e un cognome a 118mila caduti analizzando gli annunci comparsi sui social media. I feriti sono stimabili in almeno 750-800mila.
Ufficialmente, il Cremlino non fornisce cifre. La voce “demografia” dell’Istituto di Statistica non è consultabile. Gli ospedali nelle immense province sono strapieni di feriti. «Sono persone tra i 30 e i 40 anni – racconta una fonte di Avvenire –. Tutti in attesa di una protesi, a braccia o gambe». Stando alle statistiche del ministero del Lavoro, si è registrato un +53% di pezzi forniti nel 2024 rispetto all’anno precedente; +42% di mezzi finanziari stanziati per la riabilitazione dal Fondo Sociale. «Non ci sono cambiamenti sugli invalidi civili», conferma Timur Grishin, membro dell’Associazione degli ortopedici.
Tornare alla vita civile non è affatto facile. Due terzi dei soldati, dopo aver combattuto in Ucraina, ha reso noto la viceministra del Lavoro Olga Batalina, «non sono riusciti a trovare un impiego». Questo perché gran parte di loro non ne aveva uno prima di partire. Il contratto con l’esercito è servito per sbarcare il lunario o aiutare la famiglia. «Hanno rifatto la facciata della loro casetta e rimesso a posto il giardino»: ecco a cosa sono serviti i soldi ricevuti per la morte di un parente, ci dice una fonte. «Sappiamo di uno che si è immolato per pagare i debiti. Così la sua famiglia ha avuto un futuro».
Chi è fortunato, e torna indietro intero, si compra l’automobile nuova. Qualcun altro ha scialacquato i soldi ricevuto o ha tentato di mettere su un’attività in proprio.
I grandi prospekt di Mosca sono pieni delle foto degli “eroi di Russia”. Chissà se i sette uomini in fila sulla Jablochkova sperano di seguire la loro strada.