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 2025  luglio 22 Martedì calendario

«I Police? Meglio divisi Solo così siamo felici»

«Io e Sting? Oggi andiamo d’accordissimo. Non litighiamo per niente. Quando ci sentiamo, parliamo solo dei nostri nipoti e della nostra vita da nonni o commentiamo stupidi video sui social», sorride, Stewart Copeland. L’ex batterista dei Police, che si sciolsero quarantuno anni fa, dopo aver venduto qualcosa come 75 milioni di copie grazie a un catalogo stimato in 255 milioni di euro (la cifra che s’è messo in tasca Sting, autore dei testi e delle musiche di hit come Every Breath You Take e Message in a Bottle), è in Italia per il tour Police – Deranged for Orchestra: insieme a un’orchestra e a musicisti come Faso, ovvero il bassista degli Elio e le Storie Tese, il pianista Vittorio Cosma e il chitarrista Gianni Rojatti, il 73enne ex sodale di Sting e di Andy Summers rivisita proprio i successi dell’iconico trio. Domani sera si esibirà al Castello Scaligero di Villafranca di Verona, il 25 in Piazza Europa a La Spezia. Il 27 arriverà alla Cavea del Parco della Musica, prima di chiudere la tournée italiana il 29 luglio in Piazza Cavour a Foggia.
Chi bisogna convincere per una reunion dei Police, dopo quella del 2007?
«Me e Sting. Ma non se ne parla. Io sto girando l’Europa con un tour in cui risuono le canzoni dei Police, ma senza un bassista che mi urla contro. E Sting, dal canto suo, risuona quelle canzoni con una band che s’è scelto lui e che fa esattamente quello che gli dice di fare. Lui è felice perché qualcuno suona la musica che lui ha scritto nel modo in cui vuole che venga suonata. E come lui sono felice pure io».
La reunion degli Oasis solo nel Regno Unito ha generato incassi pari a 460 milioni di euro: quella dei Police quanto può fruttare?
«Non ne ho idea».
Possibile che nessuno sia riuscito a convincervi a rimettere insieme il gruppo?
«Il fatto è che i Police sono come un abito di Prada, ma fatto di lamette per farsi la barba».
Scusi, che vuol dire?
«Che sembra molto bello, ma a indossarlo è dannatamente scomodo».

Ha dovuto chiedere il permesso a Sting per rivisitare in chiave orchestrale i suoi brani?
«L’ho avvisato di questo progetto, ma solo per essere cortese. Non avevo bisogno di permessi per rileggere i brani».
E cosa ha percepito in Sting quando gliene ha parlato?
«Dell’interesse. Del resto, adora quando la gente suona le sue canzoni: sono soldi, per lui».
Come è nata l’idea di rivisitare i Police in chiave orchestrale?
«Dal mio lavoro come compositore di colonne sonore (la prima che firmò fu quella di Rusty il selvaggio di Francis Ford Coppola nel 1983). Mentre lavoravo al mio docu-film da regista sui Police, Everyone Stares – The Police Inside Out, nel 2006, ho riscoperto vecchi arriangiamenti e materiali inediti spesso derivati da improvvisazioni live, che poi rielaborato in forma orchestrale».
Faso e Vittorio Cosma come li ha coinvolti?
«Ho chiesto al mio amico Elio di prestarmi i suoi musicisti. Sono dei fuoriclasse veri. Insieme a loro e all’orchestra sul palco ci sono anche tre bravissime vocalist, Sarah-Jane, Raquel Brown e Laise Sanches: le ho scovate in rete».
Come si sono approcciate alle reintrpretazioni di classici come “Every Breath You Take”?
«Con grazia ed eleganza. E portando in quei brani anche un tocco soul. È come se le Supremes cantassero le canzoni dei Police».
Tra le band di nuova generazione quale le ricorda lo spirito e l’attitudine dei Police?
«Nessuna. Ma io sui gruppi usciti in questi anni non faccio testo».
Perché?
«Perché sono fuori dal mondo. Vivo in una torre d’avorio. Fino a qualche anno fa ero aggiornato perché accompagnando i miei figli a scuola in macchina ascoltavo gli artisti che piacevano a loro, da Kanye West a Kendrick Lamar. Anche se poi appena li scaricavo fuori da scuola tornavo a mettere i cd di Stevie Ray Vaughan e Jimi Hendrix (ride). Ora che i miei figli sono cresciuti e hanno finito l’università, nessuno mi dice cosa ascoltare. Una band che mi viene in mente sono i Sleaford Mods, che però sono in giro già da parecchio tempo».
Oltre al tour, c’è qualche altro progetto nel cassetto?
«Sì. Un libro. Si intitola The Complete Rockstar. È un manuale per le nuove leve del rock».
Ce ne sono di giovani rockstar, in giro?
«Irene Grandi (ha interpretato tre anni fa la protagonista di The Witches Seed, musical composto da Copeland, ndr). Max Gazzè».
Non sono giovanissimi.
«E allora dico Gianni Rojatti».