la Repubblica, 22 luglio 2025
Non abbiate più paura del gatto nero
«Se miagolo durante la notte, guardatevi dal mettere il naso fuori dalla finestra: potreste morire al solo rimirarmi sul tetto, seduto, tutto nero nel cerchio della luna». A parlare così è un gatto nato dalla penna della grande scrittrice francese Colette. Il micio che dà il titolo al racconto si chiama Poum come una bomba. Che fa detonare i timori ancestrali dei superstiziosi e al tempo stesso fa saltare la pavida incredulità degli scettici. «Sono il diavolo e non un gatto qualsiasi», conferma infatti la bestiola che letteralmente sfotte la credenza popolare. Perché ridicolizza le paurose leggende su cui poggia, ma al tempo stesso le rievoca. Ribadendo così che il felino nero è l’archetipo principe della scaramanzia.
Le sue connotazioni notturne, da corsiero degli inferi, come lo chiamava Baudelaire, ne fanno un simbolo enigmatico e misterioso. Il magnetismo delle sue pupille che sembrano riprodurre come uno specchio i movimenti lunari, oscilla da sempre tra una polarità positiva e una negativa. Gli antichi egizi gli attribuivano una natura divina. Tanto che la dea Bastet, protettrice della casa e della fertilità veniva raffigurata come una donna dalla testa di gatta. Insomma, al Cairo i gatti se la passavano così bene da avere diritto allamummificazione, come i re e gli alti dignitari. In una necropoli vicina a Luxor ne sono state trovati trecentomila. Nel mondo greco e romano, invece, avevano vita difficile. La temutissima Ecate, oscura regina della notte, nonché dea della stregoneria e dei fantasmi, era considerata la patrona di tutte le gattare. In più a Roma i condannati a morte venivano chiusi in un sacco con un gatto nero e gettati nel Tevere. Così la crudeltà inflitta alle povere bestie diventava paradossalmente una delle cause della loro cattiva fama. E, se è possibile, nel Medioevo cristiano andava ancora peggio. I gatti neri erano considerati emissari del demonio e facevano coppia fissa con le streghe. Si credeva che fosse Satana in persona a regalarli alle maliarde come aiutanti magici. Tant’è che spesso le sventurate accusate di magia nera venivano bruciate sul rogo insieme agli innocenti animali. E per trascinarle davanti agli inquisitori bastava l’accusa di aver baciato il lato B di un gatto nero, segno di una peccaminosa sympathy for the devil. Per lo stesso motivo, nei processi contro la setta occitana dei Catari, i giudici accusavano imputate e imputati di adorare il principe delle tenebre in forma felina. Il teologo cistercense Alano di Lille, vissuto nel XII secolo e conosciuto come doctor universalis per la sua sterminata erudizione, la spara grossa arrivando a sostenere che il nome Cataro derivasse dal tardo latino catus, cioè micio. Un’etimologia che più falsa non si può visto che il termine viene dal greco katharos, cioè puro. Tuttavia, la bufala di Alano è preziosa perché rivela quanto radicata fosse l’aura malefica che circondava queste povere bestie. Un’aura che cavalca i secoli e arriva fino all’immaginario moderno. Lo testimoniano capolavori letterari come The Black Cat, scritto nel 1843 dal grande Edgar Allan Poe che mescola sapientemente razionalità e magia, simbolismo e superstizione producendo una esplosiva miscela archetipica. L’animale protagonista del racconto, che non a caso si chiama Plutone come l’antico dio degli inferi, possiede una intelligenza diabolicamente sbalorditiva, fatta apposta per confermare i timori della moglie del protagonista che considera tutti i gatti neri streghe travestite.
E questa fama millenaria che accredita i simpatici micetti di una naturale compromissione con il mistero, approda trionfalmente alla cultura di massa, soprattutto ai cartoni animati dove gli eredi di Plutone spopolano. A cominciare da Krazy Kat, creato nel 1910 da George Herriman che definiva la sua creatura una sorta di folletto magico e sfuggente. Per continuare con l’indimenticabile Felix, conosciuto anche come Mio Mao, nato nel 1917 dallamatita di Otto Messmer e diventato celebre per la sua logica straniante e surreale. Che fa pensare a Behemoth, il demoniaco gattone del romanzo di Michail Bulgakov Il maestro e Margherita con i suoi modi da filosofo e il suo cinismo da emissario del profondo. Fino allo scurissimo Cagliostro di Tiziano Sclavi che compare a fianco di Dylan Dog, un bel persiano aiutante della strega Kim, ispirata a sua volta alla grande attrice Kim Novak, protagonista nel 1958 di un film di culto come Una strega in paradiso di Richard Quine. In realtà non tutti i gatti neri portano male come vorrebbe lo stereotipo. Basti pensare al tenero Bizet degli Aristogatti o a Luna, magica gattina del manga femminista Sailor Moon. Che portano bene eccome!
In effetti nell’antropologia gattara, l’aura negativa e quella positiva si sono spesso bilanciate. In certe culture prevale la prima, in altre la seconda. Da noi un gatto total black che attraversa la strada è considerato segno di malaugurio, soprattutto se va da sinistra verso destra. L’antidoto, tanto diffuso quanto poco altruistico, consiste nel fermarsi e lasciarsi superare da chi ci segue in modo da deviare la sfiga sul malcapitato. Ovviamente il gatto domestico o quello di condominio, ancorché nero, fa eccezione in quanto appartiene alla sfera familiare. E non va assolutamente evitato, semmai coccolato. Al contrario, nel mondo anglosassone il felino scuro annuncia buona sorte. Al punto che nessuna nave di Sua Maestà Britannica poteva salpare senza averne uno a bordo. Le spose che lo incontrano il giorno delle nozze sono considerate fortunate. E se nell’Islam mici e micetti di ogni colore sono amatissimi in quanto cari al Profeta, i buddisti li considerano addirittura simboli di intelligenza superiore e tengono in gran conto i pensieri di Miao. Invece, in Indonesia e in molte regioni del Pacifico, il felino nero è un sinistro signore infernale. E nella mitologia ha il compito di aiutare i demoni a sprofondare le anime nelle viscere della terra. Ma a riscattare una volta per tutte la categoria è stato Luis Sepúlveda regalando ai gattofili di tutto il mondo un personaggio come Zorba, il micione che aiuta la gabbianella Fortunata. E visto il numero di copie vendute ha decisamente portato bene allo scrittore