corriere.it, 21 luglio 2025
Meno intelligenza artificiale e più chiacchiere dal vivo: così la generazione Z sta cambiando le dating app
Vuoi vedere che la generazione Z – cioè i nati fra il 1997 e il 2009 – ha tutto da insegnare alle altre generazioni, soprattutto ai millennial, in tema di relazioni? Uno stile più casuale di incontrare nuove persone, con meno pressione e aspettative, forse prendendosi anche meno sul serio. E, soprattutto, puntando meno sulla chiacchiera preliminare online e più sul vedersi dal vivo.
Cambiano le abitudini di chi è in cerca di un partner e cambia di conseguenza anche il mercato degli appuntamenti. Con l’aumentare del numero di utenti più giovani nelle dating app, devono cambiare anche il modo in cui queste sono concepite e sviluppate. È aumentata la fascia di utenti più giovani che usano questi servizi. Come riporta il Financial Times, su Tinder gli utenti compresi nella fascia 18-24 anni sono cresciuti dal 17 al 21%, mentre su Hinge (che appartiene sempre a Match Group) negli ultimi due anni gli utenti attivi mensili sono passati da 9.5 a 11 milioni soprattutto grazie alla Gen Z: con una crescita del 17% rispetto alle altre generazioni, adesso i più giovani rappresentano oltre metà (56%) degli utenti attivi sull’app «fatta per essere cancellata» (questo è il motto del brand).
Le app per gli app-untamenti a quattro
Lasciamo perdere i freddi numeri e parliamo di cosa vogliono davvero (e cosa hanno ottenuto) gli utenti più giovani. A offrire uno scorcio sul nuovo modo di intendere le app di incontri è AJ Balance, chief product officer di Grindr: al FInancial Times ha dichiarato che gli utenti più giovani sono alla ricerca di «personalizzazione, sicurezza e autenticità». Che significa meno aspettative quando si conosce una persona nuova, un approccio più naturale. Fino a ora, molte delle dating app hanno sembrano aver puntato su incontri brevi, avventure di una notte senza un seguito. Ma sempre più utenti stanno dimostrando entusiasmo per app e funzionalità che vanno nella direzione opposta.
Un esempio sono le app per le uscite a quattro come Doubble (il motto è «i dopppi appuntamenti sono divertenti il dopppio», il numero sbagliato di doppie è voluto e rispecchia la dizione in inglese) o Fourplay («Dimenticate la pressione, abbandonate le aspettative, portate solo la vostra vibe»). L’idea è semplice: invece di presentarsi soli agli appuntamenti, ognuno porta un amico. Così da superare eventuali timidezze o vivere l’esperienza in modo più naturale («È più simile a un’uscita con gli amici dove finisci per incontrare la persona per cui hai una cotta», scrive sul proprio sito Doubble). Un concept di successo, se si considera che a giugno Tinder ha deciso di seguire l’esempio delle due app (nate rispettivamente nel 2021 e nel 2019) con una nuova funzionalità chiamata, appunto, Double Date. Inutile spiegare a cosa serve, solo che dimostra di avere trovato il target giusto: nove utenti su dieci che usano questa funzionalità ha meno di 29 anni.
Nuove idee per le dating app
Uscire in quattro per ridurre la tensione dell’incontro faccia a faccia con uno sconosciuto, ma le dating app si stanno reinventando in generale. Breeze, per esempio, ha scelto di ridurre al minimo le chiacchierate online. Ridurre al minimo, cioè a zero. Ogni giorno, alle sette di sera, un “ventaglio” di profili viene proposto all’utente alla ricerca della dolce metà. Se c’è il match, sarà il sistema a organizzare direttamente il primo appuntamento. Senza perdersi in chiacchiere. Una scelta di business che, per ora, sembra avere pagato: gli utenti attivi di Breeze sono raddoppiati nel giro di un anno, raggiungendo il traguardo di 200 mila mensili.
Pensare però che tutte le app stiano rinunciando alle radici tecnologiche e spingendo a un approccio più offline che online, però, significherebbe ignorare l’altro lato della medaglia. Cioè il tentativo di capitalizzare sulla frenesia da intelligenza artificiale. L’app di incontri per uomini gay Grindr, per esempio, sta pianificando il lancio di una “spalla” artificiale, un compagno AI per valutare l’idoneità degli utenti prima che interagiscano, in base alle conversazioni precedenti.
Anche Match Group ha cercato di integrare in diversi modi l’innovazione delle intelligenze artificiali nelle proprie dating app. Non sempre con successo. Secondo una ricerca di Bloomberg Intelligence, proprio la Gen Z ha dimostrato di sentirsi (molto) meno a proprio agio nell’usare l’AI integrata per scrivere il proprio profilo o per abbozzare le risposte in chat con un match. Anche se lo studio non cita direttamente nessuna azienda, le funzioni di AI menzionate (e che sembrano essere poco usate) ricordano quelle che già sono disponibili in alcune app, come la selezione delle foto del profilo su Tinder e Bumble o i suggerimenti su Hinge. Risultati che sembrano suggerire alle aziende di puntare, insomma, su approcci meno tecnologici e che spingano gli utenti a incontrarsi presto dal vivo.