lastampa.it, 21 luglio 2025
La cripto-speculazione e la lezione dei tulipani
All’inizio degli anni 90 del Novecento Galbraith (Jkg, fra i più celebri e influenti economisti del suo tempo) scrisse il saggio Una breve storia dell’euforia finanziaria nel quale individuò diversi episodi speculativi nei precedenti secoli, indicando preliminarmente le attitudini basiche dei partecipanti all’euforia e i comuni denominatori che la sostengono.
Tra i partecipanti all’euforia ci sono quelli persuasi che i nuovi meccanismi di crescita dei prezzi siano sotto controllo e si aspettano che il mercato stia su alti livelli e che continuerà a crescere, forse a tempo indefinito perché si adatta a situazioni nuove, un mondo nuovo di grandi, perfino infiniti guadagni; ci sono altri, generalmente in numero inferiore, superficialmente più astuti, che pensano di essere in grado di gestire il momento speculativo e che il loro particolare genio consentirà loro di uscire prima che la crescita finisca.
I comuni denominatori sono la fuga di massa dalla realtà che esclude ogni seria percezione della vera natura di cosa stia succedendo; l’estrema brevità della memoria finanziaria, per cui i disastri finanziari sono velocemente dimenticati; quindi, quando iniziano a manifestarsi di nuovo in circostanze simili, magari pochi anni dopo, sono salutati da una nuova, sovente giovane, molto auto confidente generazione come una brillante scoperta innovativa nel mondo finanziario ed economico.
Inoltre, Jkg evidenzia come si tenda ad associare la ricchezza finanziaria con processi mentali particolarmente astuti e penetranti, mentre il far soldi dipende anche da tanti altri fattori.
Particolarmente famosa tra le crisi finanziarie è quella accaduta in Olanda negli anni ’30 del 1600. La speculazione era in bulbi di tulipani, ora definita Tulipomania. I bulbi arrivarono in Europa occidentale nel sedicesimo secolo. Grande prestigio fu presto collegato al possesso e alla coltivazione della pianta, che rapidamente diede luogo a un ancor maggiore apprezzamento per la crescita del prezzo portata dalla loro bellezza e rarità.
Sempre più persone si misero ad acquistare i bulbi di tulipani e intorno al 1635 la crescita sembrava essere senza limiti, pervadeva tutta l’Olanda, nessuna persona con minima sensibilità mentale accettava di essere lasciata indietro. I prezzi divennero stravaganti: nel 1636 un bulbo che pochi anni prima non aveva alcun valore poteva essere scambiato con «un carro nuovo e due cavalli grigi completi di finimenti».
La speculazione divenne sempre più intensa: un bulbo poteva passare di mano più e più volte con costante crescita di prezzo e meravigliosi guadagni. Un bulbo arrivava a valere 3000 fiorini, tra 50.000 e 100.000 dollari di oggi. Mercati regolari erano presenti nella Borsa di Amsterdam e in altre città.
Era meraviglioso: ogni aumento nei prezzi persuadeva altri speculatori a partecipare. Questo confermava le speranze di chi già partecipava alle speculazioni e a tutti pareva di arricchirsi sempre più. Per comprare si fecero debiti; i piccoli bulbi erano dati a garanzia per grossi prestiti.
Nel 1637 arrivò la fine. I più nervosi e i più saggi iniziarono a staccarsi dal mercato, nessuno sa per quale ragione; altri li videro andarsene; la corsa a vendere divenne panico; i prezzi crollarono a precipizio, chi aveva comprato a debito mettendo in garanzia proprietà personali le perse e andò in bancarotta, come chi aveva prestato con la garanzia dei bulbi. Fu un default di massa. Il collasso dei prezzi dei bulbi di tulipano ebbe effetti agghiaccianti sull’economia olandese negli anni successivi, che entrò in depressione.
Ci fu un unico risultato positivo: la coltivazione dei tulipani continuò in Olanda e ampi mercati anche internazionali si aprirono per il commercio dei fiori e dei bulbi.
Oggi si scrive e si parla molto di cripto-attività. Esse non sono emesse da alcun operatore: la più parte è priva di un meccanismo di stabilizzazione che ne ancori il valore a un’attività di riferimento, si tratta quindi di strumenti fittizi senza valore intrinseco, che non generano flussi di reddito – cedole, dividendi – e non offrono alcun servizio d’uso al possessore. Sono create attraverso procedure informatiche, e non vi è alcun soggetto, nessuna garanzia che ne assicuri il valore. Le cripto attività sono scambiate tra operatori che hanno l’unico obiettivo di rivenderle a un prezzo maggiore. Di fatto, rappresentano una scommessa, un contratto speculativo ad alto rischio privo di fondamentali. Per questi motivi il loro valore registra fortissime oscillazioni. Com’è evidente, le cripto-attività sono in generale inadatte a svolgere le tre funzioni della moneta: mezzo di pagamento, riserva di valore e unità di conto.
Penso che non tutti coloro che investono in cripto-attività ne siano consapevoli, chissà che ne avrebbe detto John Kenneth Galbraith.