La Stampa, 21 luglio 2025
Il suk delle università telematiche
Pensavamo che in Italia la più grande università (per numero di iscritti) fosse la Sapienza e invece ne esiste una che ne conta più del doppio. È la più grande e diffusa Università online ramificata in 11 atenei. Le lezioni da remoto sono seguite da quasi 294mila studenti. Per alcuni sono la nuova frontiera, il futuro dell’istruzione accademica. Per altri sono una gigantesca fabbrica di lauree facili. Capire dove stia la verità non è facile. E certamente dipende dai casi. Quel che è certo è che il dibattito sulle università telematiche è ripartito. L’ultimo, in ordine di tempo, a chiedere una stretta alla ministra dell’Università Anna Maria Bernini è stato il presidente di Confindustria Emanuele Orsini. Una presa di posizione inaspettata. Il leader degli industriali mette in discussione la qualità dell’insegnamento e la sproporzione tra numero di studenti e docenti. Senza sconti. «Farò una grande lotta affinché vengano limitate e regolate. Laddove c’è un rapporto di un docente ogni 385 studenti formati da un video, non si tiene in considerazione l’aspetto umano». Nelle università tradizionali, il rapporto medio è di 1 a 35. O al massimo 1 a 40. A far da sponda a Confindustria ci ha pensato la Cgil, dando vita a un’alleanza inedita tra imprenditori e rappresentanti dei lavoratori contro gli atenei online: «Siamo d’accordo. Da anni segnaliamo la degenerazione che hanno portato nel sistema universitario italiano». Puntuale, ecco la risposta «sgomenta» di United, l’associazione che rappresenta le Università telematiche italiane: «In un Paese penultimo in Europa per numero di laureati, intercettano le esigenze di oltre 250mila studenti, il 13% del totale. Non si può ignorare che oltre il 70% dei nostri studenti è composto da lavoratrici e lavoratori che non avrebbero alcuna possibilità di accedere all’università tradizionale».
Per districarsi all’interno di questo braccio di ferro, conviene ripartire dai numeri. E che numeri. Le immatricolazioni delle università digitali sono in forte crescita. Questa la mappa: le statali in Italia sono 61, le private 20 (tra queste, alcune eccellenze assolute), le telematiche 11. Gli iscritti delle online sono passati da 144.858 del 2019-20 a 293.687 del 2023-24: il trend di crescita è del 20-30 per cento l’anno. Nello stesso periodo, gli atenei statali sono cresciuti al ritmo del 3. Va da sé che l’incremento più robusto si sia registrato negli anni del Covid, una vera “febbre da laurea” online: tra il 2019 e il 2022 gli iscritti sono schizzati da 144.858 a 225.824. Ma, finito il Covid, la febbre da laurea digitale è rimasta, tanto che in molti se ne preoccupano. Le rette oscillano dai tre ai 10 mila euro.
Il laurea-gate negli ultimi giorni ha fatto registare anche la condanna in primo grado a cinque anni dell’ex ministro Vincenzo Scotti, fondatore della Link Campus insieme ai vertici dell’ateneo. «Una truffa sistemica», sostengono gli inquirenti. «Le accuse sono sideralmente distanti dalla verità storica» ha detto Scotti. L’indagine avrebbe svelato «una rete di esami fantasma, verbali falsi e titoli regalati soprattutto a poliziotti iscritti tramite il Siulp». Emergerebbe «un sistema fraudolento con facilitazioni e scorciatoie per arrivare in poco tempo alla laurea». Stessa Università, un altro scandalo, quello della “laurea della domenica” della ministra del Lavoro Marina Calderone rivelata dal Fatto. Raccontò, libretto alla mano, di una laurea facile; del marito della ministra che sedeva nel cda; di esami fatti nello stesso giorno, spesso di domenica. Sul caso la Procura di Roma ha aperto un’indagine, senza indagati, dopo l’esposto del professore Saverio Regasto.
E qui torniamo alla domanda di partenza: le università telematiche sono un “laureificio” fuori controllo o un’opportunità per allargare concretamente la platea dei dottori italiani? La polemica non si placa. E tornano gli interrogativi sulla vigilanza del ministero. «I controlli si fanno ma sono superficiali o strettamente formali, non entrano nel merito della didattica», sottolinea un docente abruzzese di Pedagogia che per 5 anni ha lavorato per Pegaso. Ora insegna in un liceo, chiede l’anonimato. «So che il colosso Pegaso trema in vista dell’ispezione Anvur, sono terrorizzati: sta cercando di mettere a posto le carte ma dovremmo interrogarci su cosa si ottiene studiando i vari bignami delle discipline che noi prof registriamo e gli studenti ascoltano». E l’esame di laurea? «Una farsa, viene fatto su un questionario blindato». Anvur, l’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca, ente vigilato dal Mur nel 2023-2024 ha visitato 20 atenei: 4 privati e 6 telematici. Cusano, E-Campus, Leonardo da Vinci sono nel limbo. Il verdetto? «Condizionato». Significa che hanno superato la valutazione ma con riserve. Avranno due anni per svolgere i compiti assegnati da Anvur, poi l’ispezione torna. A luglio la visita è toccata a “Universitas Mercatorum” e alla “Giustino Fortunato”. A settembre è programmata la trasferta dei tecnici Anvur alla Pegaso e nel primo semestre del 2026 si recheranno alla “Guglielmo Marconi”. Tra chi scorge vantaggi sulla formazione a distanza c’è Sergio Talamo, responsabile della Comunicazione del Formez e docente dell’Università Pontificia Antonianum. «È una grande opportunità: consente un’interazione in tempo reale e un risparmio enorme di costi e di tempi. A patto che si stabiliscano delle policy che rendano effettiva e verificabile la fruizione delle lezioni e le modalità attive e interattive». Si spinge oltre. «Anche a scuola sarebbe auspicabile superare la lezione frontale che resiste imperturbabile ai cambiamenti della tecnologia e alla legittima domanda di cambiamento che proviene dagli studenti nativi digitali». Uno dei nodi resta il valore del “pezzo di carta”. «Il medesimo titolo di laurea non garantisce una formazione comparabile» sottolinea Claudia Sunna docente del Pensiero Economico dell’UniSalento. «L’esperienza in presenza prevede laboratori, seminari, didattica integrativa. Non possono essere acquisite tramite la didattica da remoto. No, proprio no». Dunque, in che territorio ci muoviamo: nel discount delle lauree o nella versione due punto zero dell’accademia? Il dibattito è aperto.