L’Adige, 20 luglio 2025
I prof del Prati rispondono alla Francesca Gerosa
Tutte le scuole sono imperfette: appartengono a questo mondo. Oltretutto oggi occorrerebbe che la politica e noi tutti ci chiedessimo, in modo radicale e profondo, quale possa essere il compito della scuola nelle società attuali. Del Prati si è voluta rappresentare un’immagine non imperfetta, ma orrenda, che non corrisponde alla realtà, esibendo nella piazza mediatica i risultati di un’ispezione ignoti all’istituto e alla sua dirigente, anzi la cui stessa esistenza è stata negata, sostenendo che si è trattato di una semplice “visita di valutazione”. Non sappiamo nemmeno se quello che l’assessora Gerosa ha voluto divulgare rifletta in tutto e per tutto i risultati dell’indagine svolta. In ogni caso ciò che viene raccontato non corrisponde ai dati in nostro possesso sul liceo Prati. Del resto una scuola è fatta di tante persone e, com’è vero per i singoli individui, si tratta di una realtà con tante sfumature, a cui non si addice una visione in bianco e nero. Veniamo quindi ai dati, per vedere se il ritratto delineato a mezzo stampa sia attendibile. Un elementare esame comparativo dimostra che i numeri del nostro liceo sono analoghi a quelli di altri istituti superiori. È stato affermato che al Prati uno studente su quattro non giunge alla maturità. Ciò è doppiamente falso, perché una parte di questo 20-25% porta a termine il percorso nello stesso liceo, sia pure con un anno in più, che forse per questi studenti era necessario. Gli altri passano ad altre scuole e non sono affatto perduti, perché è tipico dell’adolescenza cercare la strada e mettersi alla prova: compito della scuola superiore è aiutare gli adolescenti a individuare il percorso per loro migliore. Si dice che al Prati troppi studenti vengano bocciati. Il tasso di ripetenza è inferiore al 3%, mentre in provincia in media è tre volte tanto (8, 6%, ultimo dato disponibile). In quest’ultimo anno ci sono stati 7 non promossi alla fine del primo anno: l’assessora se ne è scandalizzata, ma si tratta di uno o due alunni per classe. Che cosa si dovrebbe allora dire di un altro istituto superiore della provincia, preso a caso, in cui vi sono stati 8 non promossi in una sola classe? Si aggiunga il fatto che dei sette bocciati, quattro hanno deciso di reiscriversi presso il nostro liceo: davvero una scuola da cui si vorrebbe solo scappare? E cosa succede alla fine del percorso? Quest’anno al Prati, su 73 diplomati, si sono avuti sette 100 (9, 6% rispetto al 6, 9% provinciale e al 5, 3% cittadino) e una lode (1, 4% rispetto all’1, 6% provinciale e cittadino). I dati parlano. Se gli studenti non scappano dal Prati, forse emigra il personale scolastico? In realtà il tasso di precarietà del personale non docente, in proporzione alle dimensioni dell’istituto, è del tutto fisiologico. Molti insegnanti vorrebbero venire al Prati, ma – guarda caso – nessuno se ne vuole andare per lasciare loro il posto. Si dice che l’ambiente del Prati per gli alunni sia poco inclusivo e fonte di sofferenza. Per quanto riguarda gli studenti con difficoltà certificate, facciamo fronte con le risorse che abbiamo. I limiti che noi stessi possiamo rilevare riguardano il modo, simile in tutte le scuole, con cui è affrontato il problema, ma la soluzione dipende dalla politica, non dalla buona volontà degli insegnanti. Molte delle ansie e delle piccole o grandi difficoltà che gli studenti vivono nella nostra scuola sono comuni ai loro coetanei, sempre più fragili e disorientati in un mondo veloce, confuso e caotico, sempre più privi di punti di riferimento. Noi proviamo a sostenerli, non abbassando gli ostacoli ma aiutandoli a saltare più in alto. Non sempre ci riusciamo; del resto, non si può fare della scuola un capro espiatorio del disagio giovanile, che ha ben più profonde radici. Per frequentare il Prati e conseguire la maturità classica occorre certamente avere attitudini sufficienti per affrontare le materie d’indirizzo, come avviene per qualunque altro percorso formativo. La nostra scuola non pretende affatto che i ragazzi sacrifichino la propria vita sociale o altri interessi, e che quindi si sottopongano a un regime di privazioni. Servono soltanto impegno e volontà di organizzare il proprio tempo, e pazienza, perché il percorso formativo del liceo classico (come tale, non solo al Prati) conduce verso grandi soddisfazioni a patto di un lungo allenamento – proprio come nella pratica di qualsiasi sport o della musica. Sembra che l’assessora Gerosa e la “valutazione” della nostra scuola, sulla quale afferma di basarsi, non abbiano preso in considerazione le voci di tanti studenti, famiglie ed ex studenti che hanno ben compreso le caratteristiche e la qualità del liceo classico e del Prati in particolare, valorizzando esclusivamente le voci critiche, talvolta fondate, talaltra forse solo soggettive. Nemmeno si può né si deve valutare una scuola sulla base del mero numero dei promossi o di coloro che superano l’esame conclusivo, dipingendo un quadro in bianco e nero – dove il Prati sarebbe il nero. Occorre guardare a fondo, saper cogliere l’essenziale e avere anche sensibilità per le sfumature. A meno che un’intenzione ideologica non presieda a tutto questo: fare del Prati un modello negativo rispetto a una scuola concepita come agenzia sociale d’intrattenimento, quasi un parcheggio dei minori, come si è iniziato a fare con la scuola dell’infanzia. Forse allo scopo di ottenere non persone pensanti e sensibili, ma meri esecutori di compiti e consumatori di prodotti, incapaci di senso critico nei confronti della realtà e delle sue trasformazioni. A meno che tutto questo non tradisca soltanto il desiderio di apparire sulla scena mediatica.Andrea Brocchieri, Giovanni Ceschi, Daniele Lutterotti, Carla Nicolodi, Ivan Sodini, Matteo Taufer – docenti del liceo Prati