La Stampa, 20 luglio 2025
Buio a San Siro
Nella città del cemento e dei grattacieli chiamati vezzosamente torri, il prossimo obiettivo era chiaro: l’affare stadio. E cioè: 98 mila metri quadrati edificabili, per un progetto con un ritorno economico calcolato in 1,3 miliardi di euro, una partita troppo importante per restarne fuori. Luci a San Siro, tantissime nuove luci da accendere nel quartiere. Dieci anni di lavori. E parcheggi, strade, due piazze, negozi accanto al nuovo stadio di Inter e Milan da 71.500 posti. Di questo si parlava fra i soliti noti, prima che l’inchiesta della procura di Milano sulla trasformazione urbanistica della città deflagrasse con un carico di 74 indagati e la richiesta di sei misure cautelari.
«Giovedì... provo informalmente a chiedere all’assessore per capire se mi può anticipare qualcosa, poi ti faccio sapere». È il 15 gennaio 2024 quando Giuseppe Marinoni, presidente della Commissione paesaggio del Comune, rassicura Federico Pella, manager della società di ingegneria J+S. Intende chiedere all’assessore alla rigenerazione urbana Giancarlo Tancredi, per capire meglio come entrare nel progetto per la ristrutturazione di San Siro. A tutti interessa sapere. L’archistar Stefano Boeri scrive direttamente al sindaco Giuseppe Sala: «Settimana prossima se vuoi ti porto proprietari area ex piste allenamento Snai interessati a realizzare stadio». E poi, ancora, un altro messaggio: «So che vedi Scaroni e Furlani. Se ci sentiamo prima ti passo qualche riflessione». L’archistar sa che quello è momento in cui il sindaco sta incontrando i presidenti delle due squadre di calcio, per conto dei due fondi di investimento americani che ne sono proprietari. Secondo la procura di Milano, tutti si fanno avanti per non perdere l’occasione. Quindi Boeri scrive al sindaco, mentre Marinoni chiede all’assessore Tancredi. Annotano gli investigatori: «In questo contesto, in cui impera il conflitto di interessi, il presidente della commissione per il paesaggio Marinoni, sostenuto dall’assessore Tancredi, spinge i suoi obiettivi verso i più contesi e appetibili terreni di conquista a Milano e nell’hinterland». Non è solo lo stadio, ma l’intera zona: «Gli spazi liberi dei parcheggi che lo circondano e le vicine aree verdi».
Lì sono in ballo giganteschi affari per il partito del cemento. Il sindaco Sala intendeva sottoporre la decisione di vendere lo stadio in Consiglio comunale proprio in questi giorni, ma adesso forse rimanderà la votazione. Eppure, persino nel pieno della bufera giudiziaria, era mercoledì, ha incontrato il presidente dell’Inter Giuseppe Marotta rassicurandolo: «Andiamo avanti».
«Io mi auguro, invece, che finalmente si fermino. Spero che l’inchiesta giudiziaria metta fine a questo sistema affaristico, che a Milano conoscevano tutti. Bastava chiedere in giro: il sistema era esclusivamente una questione di affari, dove la politica fungeva da tramite. Dove le mazzette di una volta si chiamano adesso incarichi e consulenze».
È difficile spiegare lo stato d’animo di Luigi Corbani del comitato «Sì Meazza». Insieme a molti altri cittadini da anni sta combattendo una battaglia contro l’abbattimento del vecchio stadio, nell’indifferenza pressoché generale. Oggi dice: «Quella sull’area di San Siro era la summa degli affari. Ma affari per chi? Il sindaco di Milano vorrebbe svendere un patrimonio pubblico alla cifra risibile di 284 milioni, di cui 124 per l’area e 73 per lo stadio, ciò meno di quanto sia stato appena pagato un solo giocatore del Milan dal Manchester City. E quindi il sindaco vorrebbe vendere 280 mila metri quadrati al valore di 441 euro al metro quadrato. Sfido chiunque a trovare un prezzo così vantaggioso in tutta la città di Milano. Affari per i costruttori. Affari per le società di calcio. Ecco di cosa si tratta».
Luigi Corbani è un fiume in piena. Come chi finalmente vede riconosciuto ciò che sosteneva da anni. Quelli del comitato avrebbero voluto una ristrutturazione dello stadio esistente, la salvaguardia delle aree verdi intorno a San Siro. Un progetto pubblico da affidare con bando internazionale. E invece, il piano è l’altro: «Un grande affare per i privati. Del resto, è stato lo stesso Sala a dirlo il 13 ottobre 2023 durante una commissione consigliare: “La politica non può sempre dettare le regole”. Ora sappiamo chi le detta». C’è poi, sempre secondo Corbani, un altro aspetto non trascurabile: «San Siro è il paradigma di tutte le altre vicende urbanistiche. Un bene pubblico, frutto di sacrifici di anni. Sala lo aveva definito così: “Lo stadio più iconico del mondo”. Era il 29 giugno 2019 a Losanna. Ma poi, si capisce, ha cambiato idea». Perché? «Perché, come ha detto lui, le regole qui le dettano i privati. Eppure, San Siro è Milano. San Siro è la sua storia. Ma questi sono stati anni di tremendi. Milano è stata violentata. Non è che lo sberluccicamento dei grattacieli ha reso la città più bella. L’ha fatta più ricca per pochi e più povera per moltissimi altri».