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 2025  luglio 18 Venerdì calendario

Intervista a Cristiana Girelli

Ma è riuscita a dormire un po’?
«No, zero».
Ride Cristiana Girelli, attaccante e capitana dell’Italia femminile, che con una doppietta nella vittoria di mercoledì contro la Norvegia ha permesso alle azzurre di raggiungere la semifinale dell’Europeo, un traguardo che mancava dal 1997 e che ha fatto scattare nel parcheggio dello stadio un karaoke improvvisato: «Siamo arrivate nel nostro ritiro a Weggis alle 5. Era ancora troppo buio, peccato. Avremmo potuto vedere l’alba».
Quanto siete andate avanti con la musica?
«Un bel po’, ci siamo scatenate».
È ancora lei la deejay?
«No, ho lasciato il posto alle giovani. Cantore, Caruso, Piemonte... sono più aggiornate di me».
Dopo il gol del 2-1 il c.t. Soncin l’ha sostituita e le ha detto qualcosa all’orecchio.
«Di non gufarla. Col Portogallo gli dissi che era fatta e prendemmo il gol del pari».
Il suo pregio?
«Vuole capire le persone prima ancora delle professioniste, ha uno spessore umano importante e un animo molto sensibile, cosa che noi donne apprezziamo. Dovessi mai fare l’ allenatrice, vorrei che tutti fossero pronti a buttarsi nel fuoco per me, proprio come noi per lui».
Trenta trofei, 61 gol con la Nazionale. La doppietta alla Norvegia il momento più bello della sua carriera?
«Sì. E fa strano dirlo a 35 anni».
Strano?
«Sto percorrendo l’ultimo chilometro e sono consapevole di dovermelo godere. Però provo un senso di dispiacere all’idea di tagliare il traguardo».
Cosa le dispiace?
«Che smetterò sul più bello, il calcio femminile svolterà definitivamente. La Federazione investirà tantissimo, notti come quelle contro la Norvegia da straordinarie diventeranno ordinarie».
Il primo pensiero a chi va?
«A quelle ragazze che non sono qui ma con cui abbiamo condiviso anni di battaglie. La semifinale fa piacere, certo, ma non l’abbiamo raggiunta per gloria personale».
E per cosa?
«Per condividerla con le nostre compagne di viaggio e per tutte quelle bambine che oggi sognano di vivere ciò che stiamo vivendo noi».
Il messaggio che le ha fatto più piacere ricevere?
«Quello di Stefania Zanoletti, mia ex compagna a Verona e Brescia: “Tutti vedono la vittoria, pochi le ore servite per costruirla”».
E poi?
«I complimenti di Del Piero, immancabili, e quelli di Bonucci, che sa cosa vuol dire vincere un Europeo. Poi un video da casa di papà Mauro che piange».
Che rapporto ha con lui?
«È stato attaccante come me. Sostiene che fosse più veloce, ed è vero, ma anche che fosse più forte di testa, quindi ogni tanto lo sfido. È mio primo tifoso e critico. Prima che partissi per la Svizzera si è raccomandato:  “Regalami qualche soddisfazione”».
Perché non l’ha seguita come sempre?
«Doveva stare accanto a mia mamma che sta soffrendo per una malattia». 
Cristiana si commuove: «So quanto entrambi tenessero a essere qui, ma li sento lo stesso con me. Mi stanno aiutando anche da lontano».
Il primo ricordo di sua madre?
«Ho sei anni, finisco la lezione di catechismo, scendo le scale e me la trovo davanti alla porta dell’oratorio. Non veniva mai a prendermi, casa distava appena 50 metri. “Cavolo, mi sa che ho fatto qualcosa di sbagliato”, mi dico. Lei mi guarda e batte le mani: “Su su veloce, andiamo a prendere il borsone. Fra poco hai la partita”. Era la mia prima uscita ufficiale con la formazione maschile del Nuvolera. I miei gol sono per lei e per Maria Luisa».
Una giovane tifosa alle prese col cancro.
«L’ho conosciuta prima dell’ultimo Mondiale. Mi ha preso il cuore fin da subito, sono da sempre attratta dagli occhi e i suoi emanavano dolcezza e sofferenza. Aveva bisogno di qualcosa a cui aggrapparsi per sopravvivere e si è aggrappata alla mia felicità. Vorrei abbracciarla per darle la forza di cui ha bisogno».

Prima il grande Europeo nel basket, poi nel calcio. È innegabile che ora siate meglio dei colleghi maschi.
«Lo sport va a momenti, è importante come reagisci a quelli negativi».
E perché voi reagite meglio?
«Non abbiamo dimenticato ciò che di brutto abbiamo vissuto e in noi si è creata una voglia perenne di rivincita».
Spalletti troverebbe le PlayStation nel vostro ritiro?
«No, al massimo un mazzo di carte. Godiamo di totale libertà, però ci sentiamo in dovere di essere il più responsabili possibile perché sappiamo che c’è ancora un sogno da inseguire».
Ci sono delle regole?
«Nessuna che limiti per esempio l’uso del cellulare. A tavola non lo tiriamo fuori semplicemente perché stiamo bene fra di noi. Ci sfidiamo a ping pong, a biliardino o nei giochi da tavolo. E poi abbiamo una bellissima area relax. L’hotel è in un luogo incantevole».
Ha una sorella, Nicole...
«Spesso le dico che sono io quella maggiore (sorride). Ogni mattina mi sveglio con almeno cinque chiamate sue. Fra noi c’è sempre stato un bel rapporto. Non ci capisce niente di calcio e a me va bene così».
Ma le sue partite le guarda?
«Alla prima col Belgio era allo stadio, poi con grande tempismo ha prenotato una vacanza in Sicilia dall’8 al 16 luglio. Ieri contro la Norvegia mi ha detto di averla vista spalle alla tv».
Perché?
«Si è convinta che porti sfiga. Ogni volta che segniamo è in bagno o lontana dalla sala. Col Portogallo, invece, era sul divano. Però mi ha regalato due splendidi nipotini, Federica di 9 anni e Alessandro di 2».