Avvenire, 18 luglio 2025
Meloni apre al Patto proposto dalla Cisl «Stop ai conflitti ispirati dal massimalismo»
L’abbraccio fra Giorgia Meloni e la Cisl targata Daniela Fumarola non scalda eccessivamente l’accaldata platea cislina al Palazzo dei congressi, che riserva alla premier applausi abbondanti ma moderati. La presidente del Consiglio è arrivata al palazzone bianco dell’Eur per rendere omaggio al sindacato voluto da Giulio Pastore e confermare l’adesione al «grande Patto per la responsabilità» rilanciato dalla segretaria in carica mercoledì, all’apertura del XX congresso. «Voglio dire a tutti voi che il governo accoglie questa sfida. Siamo pronti a fare la nostra parte», sono le parole della Giorgia nazionale, la quale precisa anche che l’accordo «non potrà prescindere dal tema sicurezza sul lavoro» che «non è un costo, ma un investimento e un diritto di ogni lavoratore che dobbiamo saper proteggere». E la Fumarola ha subito incassato la disponibilità: «Siamo molto soddisfatti dell’apertura», ha detto la leader della sigla di via Po in un punto stampa, lanciando poi due messaggi. Il primo all’esecutivo stesso, per passare all’azione, precisando che «subito dopo questo congresso c’è urgenza di mettersi intorno a un tavolo». Il secondo agli altri sindacati, in particolare alla Cgil di Maurizio Landini: «Andremo avanti con chi ci sta, esattamente come successo nel 1984», ha specificato riferendosi al patto di San Valentino per la regolazione della cosiddetta scala mobile, «bisogna che ognuno metta da parte i propri punti di vista, probabilmente ideologici». Parole, queste, che hanno fatto da eco a quanto detto prima, dal palco, dalla premier: «Rispetto la dinamica del conflitto, ma non quando la logica è antagonista e massimalisti per principio. È una logica che nuoce alle persone, ai lavoratori, alla democrazia, perché non offre risultati». Logica ispirata dalla «distruttiva visione conflitdia tuale tra lavoratori e datori». Chiari riferimenti a quella Cgil che il capo del governo si è guardata bene dal nominare nei 27 minuti di discorso (fatti tenendo sul palco un’agenda verde in tinta con la scenografia) In prima fila Luigi Sbarra (anche per lui un applauso lungo, ma non particolarmente generoso), che a febbraio scorso aveva accolto Meloni all’assemblea nazionale cislina, la sua ultima in veste di segretario prima di lasciare il testimone a Fumarola, e che da un mese la premier è «fiera di annoverare» nella sua squadra di governo, come sottosegretario al Sud. In platea c’erano anche il presidente del Senato, Ignazio La Russa, la ministra del Lavoro, Elvira Calderone, e il leader di Noi moderati, Maurizio Lupi.
Sui primi mille giorni a Palazzo Chigi i giudizi dei delegati in me- non erano molto lusinghieri, alimentati forse dal timore che la Cisl si sposti troppo verso il governo. Fumarola ha assicurato: no, non scivoliamo a destra. La leader di FdI ha rivendicato invece «il dato che più mi rende orgogliosa: in media in ognuno di questi giorni sono stati creati più di mille posti di lavoro nuovi e a tempo indeterminato, per un totale di oltre un milione». Altro orgoglio è appunto l’aver rimesso «al centro» il dialogo con le parti sociali di cui il governo si reputa «interlocutore naturale, abbiamo riaperto le porte della Sala verde» (dove storicamente si svolgono gli incontri). In questi mesi se ne sono tenuti anche sui dazi. Su di essi la premier non ha aggiunto molto. Una guerra commerciale con gli Usa «impatterebbe soprattutto sui lavoratori», ha annotato sottolineando poi che nonostante un «contesto impossibile», i dati macroeconomici «ci restituiscono un quadro incoraggiante».
Meloni ha promesso poi strumenti per favorire il rinnovo dei contratti privati, auspicando «a breve» quello dei metalmeccanici e assicurando di voler «semplificare la detassazione delle componenti premiali della retribuzione». La nota dolente è sempre per la produttività del lavoro, «da troppi anni stagnante», e questo è un problema perché «aumenti salariali e produttività sono due facce della stessa medaglia», per questo occorre selezionare gli investimenti per invertire la rotta. Infine Meloni ha garantito i fondi per applicare la legge sulla partecipazione dei lavoratori alla gestione dell’impresa, nata su iniziativa proprio della Cisl.
Per Confindustria c’era il vicepresidente Maurizio Marchesini: ha ribadito il no al salario minimo e il sì alla «valorizzazione dei veri contratti», confermando che entro fine luglio ci sarà un nuovo incontro con i sindacati.