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 2025  luglio 17 Giovedì calendario

Il Regno Unito abbassa l’età del voto, ma non sono i soli: ecco dove si può votare a 16 anni

Il Regno Unito si prepara a una delle più importanti trasformazioni democratiche degli ultimi cinquant’anni: i cittadini britannici potranno votare a partire dai 16 anni. La proposta, annunciata ufficialmente dal governo guidato da Keir Starmer, era stata uno dei punti centrali del manifesto elettorale laburista, e ora si appresta a diventare legge. La riforma riguarderà tutte le elezioni del Paese, incluse le elezioni generali, e consentirà a circa 1,5 milioni di giovani di partecipare per la prima volta al voto.
«Stiamo abbattendo barriere alla partecipazione democratica», ha dichiarato la vicepremier Angela Rayner, definendo la misura «il più grande cambiamento nella democrazia britannica in una generazione». L’ultima volta che fu modificata l’età del voto nel Regno Unito risale al 1969, quando si passò da 21 a 18 anni.
Fino a oggi, il voto ai sedicenni era già realtà per alcune consultazioni locali in Scozia e Galles, nonché per le elezioni del Senedd e del Parlamento scozzese. Con questa riforma, il diritto di voto verrà uniformato su tutto il territorio nazionale.
Cosa accade nel resto del mondo?
Il voto ai sedicenni è già realtà in diversi Paesi del mondo, con modelli e regole differenti a seconda dei contesti. In Europa, l’Austria è stata la pioniera: dal 2007 i ragazzi possono votare a partire dai 16 anni, una decisione presa da una grande coalizione tra conservatori e socialdemocratici. Malta ha seguito l’esempio nel 2018, diventando il secondo Paese dell’Ue a riconoscere il voto ai sedicenni, anche se per ricoprire cariche pubbliche è comunque necessario essere maggiorenni. Un caso particolare è rappresentato dall’Ungheria, dove si può votare solo al compimento dei 18 anni, ma con un’eccezione: i giovani che si sposano a 16 o 17 anni acquisiscono automaticamente il diritto di voto in quanto considerati legalmente adulti.
Nel Centro e Sud America, il diritto di voto dai 16 anni è riconosciuto in vari Paesi ma su base facoltativa: in Argentina, Brasile ed Ecuador, i cittadini tra i 16 e i 17 anni – così come gli over 70 – possono votare, ma non sono obbligati a farlo, a differenza degli elettori tra i 18 e i 70 anni, per i quali l’astensione può comportare sanzioni. In Cuba e Nicaragua, dove il contesto politico è autoritario, il diritto di voto dai 16 anni è comunque garantito, almeno formalmente.
Anche alcuni territori britannici non indipendenti hanno scelto già da tempo di abbassare l’età del voto: nell’Isola di Man, in Jersey e in Guernsey, i giovani votano a partire dai 16 anni grazie a leggi approvate tra il 2007 e il 2008.
Infine, ci sono nazioni che hanno introdotto il voto ai 16 anni solo per le elezioni locali. In Svizzera, ad esempio, il Cantone di Glarona ha esteso questa possibilità, così come diversi Länder in Germania, a partire dalla Bassa Sassonia nel 1996. In Norvegia l’estensione fu sperimentata nel 2011 in alcune aree del Paese.
E l’Italia? Qui la soglia dei 18 anni resta ancora intoccabile per le elezioni politiche e amministrative, con rare eccezioni simboliche, come la partecipazione a consulte studentesche o giovanili a livello locale.
«Un voto che guarda avanti»
Per il governo Starmer, la scelta rappresenta anche un messaggio politico e culturale: dare fiducia ai giovani e renderli parte attiva nel disegno del futuro del Paese. I sedicenni britannici si sono dimostrati negli ultimi anni sempre più coinvolti nei grandi temi globali, dal cambiamento climatico all’equità sociale, e l’ampliamento del diritto di voto mira a riconoscere il loro ruolo crescente nella sfera pubblica.
Le critiche non mancano, soprattutto dai banchi dell’opposizione conservatrice, secondo cui un sedicenne non avrebbe la maturità per affrontare decisioni di natura politica. Ma per il Labour si tratta di una questione di principio: partecipare significa responsabilizzare, e costruire una democrazia più inclusiva e lungimirante.