corriere.it, 16 luglio 2025
Intervista a Raf
Oltre quarant’anni di carriera, quattordici album pubblicati in studio, più di venti milioni di dischi venduti nel mondo. Raf, all’anagrafe Raffaele Riefoli, festeggerà i quarant’anni della sua «Self control», sabato sera (19 luglio), in concerto al Lazzaretto. Il cantautore ripercorrerà la sua storia artistica cantando i brani più apprezzati del suo repertorio, tra cui «Sei la più bella del mondo», «Il battito animale», «Cosa resterà degli anni ‘80», «Ti pretendo».
Raf, «Self control» è stato uno dei primi successi dell’italo disco. Come è nato?
«Stavo attraversando un periodo di cambiamenti. Venivo dal rock, dalla new wave degli anni ’80. Ero a Londra. E avevo fatto una sorta di promessa a Giancarlo Bigazzi, produttore di Firenze, che aveva visto in me chi potesse fornirgli nuovi stimoli. Il brano partiva da un riff rock per poi essere trasformato in un pezzo dance, che il produttore avrebbe proposto ad altri cantanti. Ma mi sono ritrovato a cantarlo io, perché la Cgd, la casa discografica che poi sarebbe diventata la Sugar di Caterina Caselli, mi chiese una versione originale, mentre Laura Branigan avrebbe fatto la cover».
Dove si trovava allora?
«Ero in una caserma di Sulmona. Presi la licenza per venire a registrare a Milano, mentre Celso Valli aveva curato gli arrangiamenti. Quando il brano uscì non ero più militare. Quattro mesi dopo fu pubblicata la cover di Laura che spopolò negli Stati Uniti. Per la prima volta la stessa canzone, nella versione originale e come cover, scalava le classifiche mondiali».
Lei è originario di Margherita di Savoia, in Puglia, suo padre lavorava nelle saline. La sua vena artistica come era vista in casa?
«I miei genitori, finché sono andato bene a scuola, non dicevano nulla se nel tempo libero suonavo: avevo una band, eravamo i cappelloni, quelli strani, alternativi. Ma, a 17 anni, me ne sono andato da casa. Ero al terzo anno di istituto d’arte, che finii a Firenze, e mi iscrissi ad Architettura. Non è che papà avesse tutti i torti. Non credeva potessi fare questo mestiere finché ha capito che, in fondo, non ero lo sbandato che pensavano».
E quando se ne rese conto?
«Il primo choc lo provarono quando partecipai a “Pronto, Raffaella?”, il quiz condotto dalla Carrà che andava in onda a mezzogiorno su Rai Uno e in cui il telespettatore doveva indovinare il numero di fagioli contenuti in un’ampolla: Raffaella mi presentò come la nuova star del momento. E la mia famiglia capì che avevo successo».
La vena artistica l’ha ereditata da sua madre?
«La famiglia di mamma era composta da tre fratelli e tre sorelle: quasi tutti facevano avanspettacolo. Uno zio suonava, un altro era una sorta di Fiorello del passato, mamma cantava. Non c’era la tv, si ritrovavano e intrattenevano amici e parenti».
Si è poi laureato in Architettura?
«No, però ho dato un po’ di esami in tre anni. Quando “Self control” è partita ero sempre in giro, sballottato per il mondo, talvolta senza sapere dove fossi. Capitava che mi svegliassi a Parigi e pensavo di essere a Monaco. Non ero preparato alla popolarità. E il fatto di venire dal rock e dal punk e fare pop e dance mi faceva sentire in imbarazzo».
A proposito degli esordi punk rock a Firenze, erano stati con i Cafè Caracas insieme a Ghigo Renzulli che poi ha fondato i Litfiba con Piero Pelù. In che rapporti siete?
«Ottimi, tranne all’inizio quando ci eravamo divisi. Ma è durato poco. Ora siamo buoni amici».
Nel 1989 è uscito «Cosa resterà degli anni ‘80». È rimasta la nostalgia?
«Non direi, perché la nostalgia rimanda alla tristezza. Semmai resta l’esigenza di voler riascoltare brani al passo con i tempi. Una parte delle canzoni di quegli anni ha un sapore moderno. Oggi, la musica si consuma in modo frettoloso, come sottofondo ai reel su TikTok: un motivo ti colpisce e dopo tre giorni passi a un altro».
Lei è sposato dal 1996 con Gabriella Labate, ex showgirl. Qual è il segreto della vostra unione?
«Una grande intesa. L’esserci trovati è stata una fortuna. Le cose che ci uniscono sono più forti di quelle che potrebbero dividerci».
I vostri figli Bianca, nata nel 1996, e Samuele, del 2000, seguono le vostre orme?
«Non sono mai stati attratti dalla popolarità. Samuele ha pubblicato brani di sua iniziativa e ora sta finendo la scuola di regia e sceneggiatura; Bianca vive in America e fa la social media manager. Sono creativi senza la smania di stare sotto i riflettori».