la Repubblica, 16 luglio 2025
“Mi innamoro se trovo lealtà e calma. La tv? Sono diffidente”
Una vera signora, d’estate, non dovrebbe indossare camicioni di lino e prendere l’ombra a Forte dei Marmi? «Ho incontrato poche signore al Forte, posto molto allegro, fruito da non signore. Da gente ricca, sì. Capita che le vere signore lavorino». Drusilla Foer gira l’Italia conParla con Dru; in autunno l’aspetta ilFrida opera musical,una nuova produzione di MIC International Company, dedicato alla pittrice Frida Kahlo.
Anteprima al Teatro Carlo Gesualdo di Avellino il 21 e 22 ottobre, quindi in tour fino al 7 dicembre a Milano (Teatro Arcimboldi), Firenze (Verdi), Roma (Brancaccio) e Torino (Alfieri). Nello spettacolo – regia di Andrea Ortis, autore del testo insieme a Gianmario Pagano, musiche di Vincenzo Incenzo – Drusilla, meraviglioso alter ego artistico dell’attore Gianluca Gori, interpreta la Catrina, protagonista dell’immaginario e della cultura popolare messicana. Simbolo della morte, è una figura elegante e ironica. Nel 2026 torna con Venere nemica insieme a Elena Talenti.
Come va “Parla con Dru”?
«Ho avuto una carriera in tarda età che va un po’ rinfrescata, a 20 anni ci si può permettere di ciondolare.
Mi piace chiacchierare, vengono anche i bambini. Dopo la severità di un anno di prosa vera, mi divertiva un po’ di briglia sciolta per fare il punto della situazione con me».
Cosa ha dedotto?
«Sono andate vie le bucce meno significative, sono rimasti ascolto, fiducia e la disposizione al sorriso».
Nel musical su Frida Kahlo ha il ruolo di Catrina, la signora Morte.
«Non ha niente a che vedere con lanostra idea cattolica della morte. La morte messicana è una signora ottocentesca, elegante, interessata alla vita. Noi donne abbiamo il vantaggio di crearci una reputazione, Catrina è gentile, seducente, diventa l’angelo custode di Frida».
Frida la incuriosisce?
«Viene considerata come un simbolo femminista, è il prodotto di un uomo. Ho letto un testo che le restituisce umanità, non cela il suo dolore. È un’icona come la Gioconda, le Piramidi. Mia nonna, esagerata, sosteneva che se non avesse avuto il monociglio non avrebbe avuto successo. Non è stata la prima pittrice della mia vita, Artemisia Gentileschi, cinque secoli prima di lei, ha fatto la rivoluzione. Sono contenta che acquisti uno sguardo non solo pop, è stato potente conoscere la storia».
“Venere nemica” è una specie di fenomeno: cosa cerca il pubblico?
«Si aspetta Drusilla che chiama Ornella (Vanoni) e dice bischerate. Invece è un testo severo, che trova la sua croccantezza con un ghigno sinistro. Ne sono orgogliosa. Parla di noi, di dubbi, bellezza, fragilità. Abbiamo fatto cento repliche in un momento impegnativo della mia vita, era necessario che ci fossi ed è stato percepito. Si pensa che l’ovvietà sia una garanzia».
Non lo è?
«A volte sì, ma lo stupore è più coinvolgente. Ed è meno noioso. Il pubblico è pronto a coglierlo, mentre l’ovvietà si stratifica, impigrisce e stanca. La cultura in Italia vive una regressione. Hanno amputato stagioni teatrali, come se la cultura non producesse denaro. Si pensa che sia l’ultima ruota del carro e che la tv – con diecimila talent, reality, stessa giuria e dinamiche – sia garanzia di un accoglimento. Non è così».
Drusilla ha grande seguito, sente la responsabilità?
«Come non sentirla? Non per il pubblico ma verso me stessa. Un bambino di sette anni mi ha chiesto: “Quando mi innamorerò, come dovrò comportarmi?”. Puoi non prenderti la responsabilità di questa risposta? Gli ho detto che deve essere gentile, ascoltare e conoscere. Poi è salita sul palco una bambina: “Lei quanti anni ha?”. Ho chiesto: “Dov’è tua madre?”».
Cosa ha significato interpretare Matilde nella serie “Tutto chiede salvezza”?
«Una grande ammissione di fragilità, me ne sono accorta solo rivendendola. Sono tornata in contatto con le perdite che ho avuto, tanto dolore, rancore, rabbia, espressa e inespressa. Anche la mia. Per educazione sono una persona che non ha rapporti con la rabbia, le tolgo valore. Invece mi sono sentita arrabbiata, disperata e addolorata».
Tanti si sono sentiti come lei.
«Si sono ritrovati in quella fragilità, il vetro è resistente ma, se si rompe, va in mille pezzi. Giravamo a Nettuno, trucco alle 5, sul set Francesco Bruni – che fa il cinico livornese ma è una persona di preziosissima umanità – aveva una grande capacità di aggregazione. Il mondo vede le cose belle. Tutti mi dicono: perché non fai televisione?
Ora sono diffidente».
Ha fatto la differenza tre anni fa al Festival di Sanremo: la politica si è interessata a lei?
«Non hanno osato tirarmi dentro, ma ci sono state allusioni. Sono una signora abitata da altri esseri, non l’ideale con questo vento di destra».
Un consiglio non richiesto alla premier Giorgia Meloni?
«Sono molto, molto spesso in disaccordo con ciò che dice, per il modo in cui lo dice e per l’approssimazione. Ma non riesco a farmela stare antipatica. Forse non mi sta antipatica come non mi è antipatica la Cattiva di Biancaneve. Vorrei che dialogasse in modo più serio con i giovani. Ha carisma e mi piacerebbe che stabilisse un confronto, con meno slogan, per suscitare un dibattito. I ragazzi hanno bisogno anche di scontro e di uscire dal torpore. Poi ogni nazione ha il premier che si merita».
Chiede maggiore responsabilità?
«La vorrei da lei perché è una donna attenta alle istituzioni con una prontezza di risposta. La invito al dialogo con i giovani, non cerchi di convincere noi. Lavori su chi ha 50, 70 anni di vita davanti a sé».
Gianluca Gori cosa ha imparato da Drusilla?
«Ha imparato quanto abbia dato per scontate le amicizie».
E Drusilla da Gori?
«Deve tutto a Gianluca».
Cosa la fa innamorare?
«La calma incanta la signora Foer, con la franchezza, la lealtà, la sensibilità. Se queste robe ci sono, alla fine c’è anche l’eleganza».